La
Notizia/////////////////// |
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Il regista Fiorenzo
Serra (Porto Torres, 1921 – Sassari, 2005) -agli inizi degli anni
’60 realizzò il lungometraggio “L’ultimo pugno
di terra”, opera di valenza antropologica premiata nel 1965 al Festival
dei Popoli- è certamente da ricordare come una delle principali
figure intellettuali che hanno meglio saputo raccontare, con documentata
e partecipata passione, le aspettative e la realtà dell’Isola
del dopoguerra. Fiorenzo Serra si era appassionato alla cinematografia
durante il periodo di studi a Firenze, dove frequenta Scienze Naturali
e collabora ai Cineguf (club cinematografici nati in Italia nel 1935,
per iniziativa del ministro della Cultura popolare Galeazzo Ciano, con
l’obbiettivo di radicare nei giovani la pratica e la cultura del
cinema). Terminati gli studi, abbandona la promettente carriera all’Università
di Pisa e avvia una casa di produzione con il fratello Elio. Nel 1945
rientra in Sardegna per intraprendere l’attività di cineasta.
Si dedica alla realizzazione di opere documentaristiche, che evidenziano
le diverse problematiche sociali e i processi di sviluppo legati alle
trasformazioni in atto nell’Isola; racconta, con attenta analisi,
la storia, la cultura, le tradizioni ma principalmente la quotidianità
e l’universo di umanità e lavoro. Negli anni ’50, avvalendosi
anche delle importanti collaborazioni dell’antropologo Luca Pinna
e del geniale compositore sardo Ennio Porrino, realizza una eccellente
ed ampia produzione filmica per enti pubblici e società private.
Il lungometraggio “L’ultimo pugno di terra”, considerato
oggi “il migliore documentario sulla Sardegna girato da un autore
sardo”, fu commissionato a Serra dalla Regione Sardegna per celebrare
il varo del Piano di Rinascita e l’auspicato rinnovamento delle
strutture produttive isolane. L’intenzione politica, che era quella
di poter disporre di un valido materiale di propaganda da supporto alle
nuove strategie economiche d’industrializzazione, venne però
delusa: il regista realizza la sua opera attraverso una profonda e meticolosa
indagine economica, umana e sociale della Sardegna anni ’60. Il
documentario, malgrado l’evidente e rappresentativo quadro di reale
autenticità e sintonia con tanti prestigiosi intellettuali sardi
e la consulenza artistica di Cesare Zavattini, fu criticato per la “troppa
obiettività”. Alla realizzazione del documentario, ora restaurato
dalla Società Umanitaria – Cineteca Sarda, contribuirono,
tra gli altri, lo storico Manlio Brigaglia, Giuseppe Pisanu (allora giovane
politico DC, futuro componente della segreteria politica democristiana
guidata da Zaccagnini, e ministro di centro-destra con il premier Berlusconi),
Antonio Pigliaru, Michelangelo Pira ed impiegati testi letterari di Salvatore
Cambosu, Ignazio Delogu, Giuseppe Fiori, Benvenuto Lobina ed Emilio Lussu.
Da segnalare, inoltre, le esecuzioni delle musiche popolari di Pasquale
Loi, Gonario Licheri, Emiliano Farina, Giuseppe Munari, Nazarino Patteri
e dell’artista goceanino Francesco Bande. La raccolta antologica
con i filmati più rappresentativi della Sardegna degli anni Cinquanta
e Sessanta, selezionati dallo stesso Serra negli ultimi anni di vita,
fanno ora parte dell’opera “La mia terra è un’isola”
(Ilisso Edizioni). Otto DVD racchiudono i filmati restaurati, uno spaccato
appassionante e realistico dell’Isola del dopoguerra, ed un volume
impreziosisce l’opera con gli apparati critici di M. Brigaglia,
G. Olla, A. Floris, G. Angioni, A. Sanna, G. Spanu e S. Novellu. |