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A Pavia importante convegno
su Giuseppe Dessì a 40 anni dalla pubblicazione di “Paese
d’ombre”
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A Pavia, nel pomeriggio di
sabato 17 novembre, il Circolo culturale sardo “Logudoro”
ha organizzato un convegno per la commemorazione del grande scrittore
sardo Giuseppe Dessì (Cagliari 1909 - Roma 1977), a 40 anni dall’
uscita del suo romanzo più famoso “Paese d’ombre”
che nello stesso anno di pubblicazione (1972) ottenne il prestigioso Premio
“Strega”. È stata l’occasione per rivisitare
non solo questo suo lavoro magistrale ma anche altre sue due opere: una
anch’essa ben conosciuta, “Il disertore” (1961), anche
perché nel 1983 Giuliana Berlinguer ne trasse un film per Rai Due
con Irene Papas nel ruolo di Mariangela, la madre protagonista; l’altra
“Storia del principe Lui” (1949), sicuramente uno dei suoi
testi narrativi meno noti.
Dopo i saluti di Gesuino Piga, presidente del “Logudoro”,
Francesco De Nicola (docente di Letteratura Italiana Contemporanea nell’Università
di Genova; autore di numerosi saggi di critica letteraria) ha proposto
una lettura critica di “Paese d’Ombre”. Il romanzo –
ha notato De Nicola – « fu recensito con favore dalla più
accreditata critica militante e con non minore favore accolto dai lettori,
tanto che già nel luglio del 1972 Mondadori ne pubblicava la quarta
ristampa; fu tradotto subito in inglese, spagnolo e polacco, quindi in
altre cinque lingue e nel 1991 in Francia, dove su “Le Monde”
l’entusiasta recensore René de Ceccatty definì Dessì
il terzo grande scrittore sardo dopo Grazia Deledda e Salvatore Satta».
Il romanzo racconta la vita di Angelo Uras, nato a Norbio (denominazione
di fantasia per Villacidro, paese alle pendici del monte Linas a circa
50 chilometri da Cagliari, al quale Giuseppe Dessì – che
in esso trascorse infanzia e adolescenza – rimase affettivamente
legato come se fosse stato il luogo natale). Il racconto delle vicende
personali del protagonista – dall’infanzia alla vecchiaia
– si intreccia con alcuni importanti avvenimenti della Sardegna
della seconda metà dell’Ottocento e dei primi anni del Novecento:
l’unificazione del regno d’Italia con la conseguente “piemontesizzazione”
dei quadri burocratici trasferiti nell’isola; lo sfruttamento indiscriminato
dei boschi sardi attuato da parte degli speculatori continentali; le lotte
dei minatori di Buggerru soffocate col piombo dei fucili dei soldati (1904).
Per De Nicola “Paese d’ombre” ha la struttura di un
riuscito romanzo ottocentesco non solo perché i fatti narrati sono
riferiti all’Ottocento, ma anche e soprattutto per le sue qualità
di maturità stilistica (un «periodare accurato») e
per il fatto di essere imperniato sulle vicende di un unico protagonista-eroe
(«Di fatto “Paese d’ombre”, secondo lo schema
narrativo proprio del romanzo ottocentesco, segue la vita del protagonista
in sequenza storica dalla giovinezza sino alla morte attraverso i suoi
numerosi e movimentati momenti che talora s’intrecciano con quelli
della sua gente»).
L’orfano Angelo Uras riceve ancora giovane una grande eredità;
conosce la gioia del matrimonio ma anche il dolore per la morte della
moglie per parto; si impegna nel sociale e viene eletto sindaco; realizza
opere pubbliche utili per la sua comunità (tra l’altro, un
lavatoio per le donne e un abbeveratoio per le bestie); difende i boschi
dall’attacco di imprenditori senza scrupoli; ecologo ante litteram,
fa rimboschire con pini i contrafforti del monte Linas per evitare disastri
geologici; si schiera a difesa dei poveri facendo riavere al comune i
pascoli e i boschi che erano stati privatizzati a seguito della legge
sulle chiudende (1920).
Come si vede, il romanzo ha una cifra storico- sociale di impronta realistica
in cui non c’è posto per l’oleografico folklorismo.
Dessì, definito giustamente dai critici più autorevoli come
«scrittore della memoria» secondo il modello di Proust, si
conferma sapiente “descrittore” dell’anima, della psicologia
di Angelo Uras e degli altri personaggi, e ci dà anche pagine intimiste
di intenso lirismo, che riguardano non solo la relazione del protagonista
con le altre persone ma anche con gli animali (per esempio, il cavallo
Zurito, la cagnetta Carignosa).
Dal canto suo Lina Aresu – studiosa di filosofia e antropologia
culturale; autrice di numerose opere, alcune anche sul bandito ogliastrino
Samuele Stochino – ha illustrato “Storia del principe Lui”.
Ha notato la relatrice: «L’operetta di polemica politica,
scritta nel 1946, in occasione del referendum istituzionale fra Monarchia
e Repubblica, nell’intento di dare un contributo all’idea
repubblicana, fu pubblicata da Mondadori solo nel 1949. Dessì segue
con fedeltà retorica il genere inconsueto della “fiaba”
evitando il neorealismo imperante. In essa la prosa di Dessì appare
depurata sia di colore locale sia di sciovinismo isolano. Dessì
– insieme con Silone, Brancati e Rèpaci – appartiene
alla narrativa meridionale: questi scrittori oppongono un salutare rifiuto
a ogni tradizione arcadica, folcloristica e bozzettistica, e ad ogni italica
accademia perché a loro interessa mettere in luce delle plebi meridionali
non solo la cruda realtà ma anche la cultura arcaica e l’umile
vitalità. Il senso profondo della “fiaba” “Storia
del principe Lui” sta in questo detto sapienziale che si ritrova
nella seconda edizione (1965) de “I passeri”: “Si può
vivere solo in mezzo agli altri e con gli altri. Si deve fare a meno dei
grilli legati a uno spago”».
Marcello Vaglio – a lungo docente di materie letterarie negli Istituti
Medi Superiori –ha approfondito l’opera “Il disertore”
ripercorrendone innanzitutto la trama. Mariangela Eca, madre di due soldati
che hanno combattuto nella Grande Guerra (Saverio, disperso; Giovanni,
caduto), offre – lei donna di modesta condizione economica –
tutti i propri risparmi per l’erigendo monumento ai caduti. Soltanto
don Pietro Coi, il viceparroco di Cuadu, conosce le motivazioni profonde
di Mariangela: Saverio, il figlio maggiore (“il disertore”
del titolo) è morto non sul fronte ma in Sardegna, dove è
ritornato in incognito dopo avere ucciso il proprio capitano e aver disertato.
Vaglio, una volta chiariti i valori primari che sottendono il romanzo
(pacifismo, antimilitarismo, ripudio della mala retorica), ha voluto aggiungere
«una considerazione strutturale alla trama, e strutturante, in prospettiva,
di tutto il libro: nel tema delle preziose lire versata dalla povera madre
per l’erigendo monumento ai caduti, non si può non vedere
l’analogia con il celebre episodio, nel Vangelo di Marco, dell’obolo
della povera vedova per il tempio di Gerusalemme».
Nel convegno pavese, organizzato, come si è detto, a 40 anni dalla
pubblicazione di “Paese d’ombre”, si sono ricordate
le ormai consolidate traduzioni di “Paese d’ombre” nelle
lingue più importanti ma, a conferma del fatto che, dopo Grazia
Deledda, Dessì è lo scrittore non solo più conosciuto
in Italia ma anche più tradotto all’estero, si è data
notizia del fatto che “Il disertore” sarà reso presto
disponibile in lingua spagnola e in lituano mentre “San Silvano”
è stato recentemente tradotto in svedese e in ucraino e che, anche
Oltreoceano, in Brasile si sono mostrate intenzioni editoriali per le
opere dello scrittore sardo. In Italia è imminente la pubblicazione,
presso l’editore Bulzoni, di “Dessì tra traduzioni
e edizioni”: un volume collettaneo che, grazie al lavoro sinergico
di numerosi studiosi, traccia un quadro della diffusione dell’opera
dessiana nei diversi paesi del Vecchio Continente.
(20-11-2012) |