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Costantino Bussu, poeta
bonese-pavese, 90 anni, è morto a Pavia
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Il quotidiano di Pavia,
“La Provincia Pavese”, nell’edizione del 2 aprile 2013
ha pubblicato la notizia della morte accidentale in casa del poeta 90enne
Costantino Bussu: «Tragico incidente in un appartamento di via Tasso.
Costantino Bussu, un pensionato che aveva 90 anni ed era originario della
provincia di Sassari, è caduto da una scaletta appoggiata al muro.
L’uomo stava sistemando la tapparella di una porta finestra. Gli
amici lo hanno trovato il giorno dopo steso sul pavimento e sopra la scaletta.
Il corpo è stato trasportato all’obitorio dell’ospedale
San Matteo per l’autopsia. L’incidente è probabilmente
avvenuto nella mattina di venerdì 29 marzo».
Anche in questo sito mi è capitato di parlare di Bussu e delle
sue opere (ciascuna di testi poetici, in massima parte, ma anche di scritti
in prosa) e mi sembra giusto completarne qui il ritratto post-mortem.
Costantino Bussu, che era nato a Bono (Sassari) il 4 febbraio 1923, rimasto
orfano del padre all’età di cinque anni, anche nel periodo
in cui frequentava le scuole elementari, e soprattutto dopo, aveva dato
una mano in famiglia (dove c’erano altri quattro fratelli) con lavoretti
come pastorello o come “bogadore de pedra” (cavatore di pietra).
Nel 1950, seguendo la strada aperta da altri suoi compaesani, emigrò
in Germania, dove restò per undici anni acquisendo le competenze
di saldatore. Rientrò in Italia stabilendosi a Pavia come operaio
presso la Snia Viscosa, fabbrica dove operavano molti altri sardi e numerosi
bonesi. Lì lavorò fino alla pensione, arrivata dopo alcuni
anni di cassa integrazione. Queste notizie le appresi nel corso della
lunga (40 minuti) videointervista in limba che gli feci il 26 giugno 2009
per il progetto dell’Assessorato alla Pubblica Istruzione della
Regione Autonoma della Sardegna e della FASI (Federazione delle Associazioni
Sarde in Italia) denominato “Mannigos de memoria in limbas dae su
disterru” (Cibi di memoria nelle varianti della lingua sarda dall’emigrazione).
Bussu, tra i soci fondatori nel 1982 del Circolo culturale sardo “Logudoro”
di Pavia, aveva al suo attivo diversi libri di poesie e racconti: “Ricordi
del passato” (1994; alcune poesie sono in sardo); “Sa Sardigna
càntada” (1995; tutti i testi sono in sardo); “L’editore
inetto” (del 2001; lo strano titolo di questo volume, con testi
di poesia e prosa, nasce dalla polemica col tipografo che aveva stampato
con molti errori il suo primo libro; alcune parti sono in lingua sarda).
Nella quarta pubblicazione poetica, intitolata “Giovanni Maria Angioy,
vittima di patriottismo” (2005), Bussu ricostruisce, tra l’altro,
in quasi cento ottave in limba le imprese dell’illustre compaesano
Giovanni Maria Angioy (Bono, 1751 – Parigi,1808), eroe popolare
della rivolta antipiemontese del triennio rivoluzionario sardo (1794-1796).
Qualche mese fa, volendo celebrare i propri 90 anni, Bussu aveva mandato
alle stampe un quinto libro intitolato “Saluti da Pavia”.
Anche in questo recentissimo volume, così come in “L’editore
inetto”, Bussu ha pubblicato foto e documenti relativi all’apostolato
laico, come direttore didattico e come animatore sociale, svolto nel periodo
1940-1942, a Bono e nella zona del Goceano, da padre Carlo Carretto (Alessandria
1910- eremo di San Girolamo a Spello, PG, 1988), noto in tutta Italia
come religioso della congregazione cattolica dei Piccoli Fratelli del
Vangelo, maestro di umiltà, che, sulle orme di Charles de Foucauld,
scelse alla fine del 1954 di vivere 10 anni nel deserto del Sahara per
imparare a pregare e a ricercare, nella totale solitudine, l’intimità
con Dio.
Bussu aveva partecipato a molti concorsi letterari e dava conto sistematico
– nei suoi libri, compreso l’ultimo – dei riconoscimenti
assegnatigli.
Bussu, aiutato dalla salute fino alla tragica fatale caduta in casa, era
perfettamente autosufficiente e sicuramente molti pavesi avranno in mente
l’immagine di una inconfondibile (anche per le spesse lenti degli
occhiali) persona anziana che girava in bicicletta per le strade della
città. Nella borsa della sua bici l’operaio-poeta teneva
sempre una copia dei suoi libri più recenti, a testimonianza del
fatto che era come se avesse deciso di “sposare” la poesia
e la letteratura. Viveva la sua produzione poetica e letteraria come una
forma di riscatto dalla non elevata condizione economica e formazione
culturale da cui era partito in Sardegna. Mostrava con orgoglio, a Pavia
e nel suo paese natale, i frutti del suo culto per la parola artistica,
affinato attraverso un continuo impegno da autodidatta sul fronte della
cultura.
Bussu, spirito religioso e contemplativo, amava la solitudine ed era geloso
della sua autonomia. Al fondo aveva mantenuto qualche traccia dello spirito
ribelle che lo aveva portato da giovane a cercare fortuna lontano dal
luogo natìo. Quando al circolo “Logudoro” ho illustrato
i suoi libri era stato difficile convincerlo ad adeguarsi agli schemi
classici della presentazione canonica. I soci del circolo hanno comunque
sempre rispettato questi atteggiamenti di indipendenza di “tiu Costantinu”
(zio Costantino) e hanno sempre apprezzato la sua cultura e la sua irriducibile
passione poetica e letteraria.
(03-04-2013)
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