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IL
LIBRO "Arregodos de sa gherra de Russia e de sa vida" non
è solo una auto-biografia, ma un viaggio nella Russia della
seconda guerra mondiale, tra gli stenti, la fame e la solidarietà
dei contadini russi ai soldati italiani in fuga dal fronte del Don.
Appassionata, a volte commovente, la vicenda raccontata da Benigno
Casula, lucido novantenne di Tonara, si snoda lungo un secolo pieno
di avvenimenti e di lampi tempestosi. Il libro è anche una
strada da percorrere per scoprire la Tonara durante il fascismo, e
quella del dopo guerra.
L’AUTORE: Benigno
Casula nasce a Tonara nel 1921 e, ancora oggi, vive nel rione di Arasulè,
dove nacque e visse fino al 1901 Peppino Mereu, uno dei poeti più
popolari della Sardegna.
Scrive in sardo racconti e poesie ripercorrendo i momenti fondamentali
della sua vita.
Nel 1941 è arruolato nell’esercito italiano e dopo un
anno di formazione presso il genio artieri di Bologna e Pavia parte
per la Russia dove assiste a uno dei momenti più disastrosi
della seconda guerra mondiale.
Dei circa duecentosessantamila uomini inviati con le armate della
C.S.I.R e dell’A.R.M.I.R. insieme a lui si salvano solo poche
decine di migliaia di soldati italiani.
Gli altri si disperdono nella steppa russa nell’Ucraina mentre
scappano dai territori della guerra, dal fronte sul Don. Muoiono a
migliaia di fame e di stenti, di freddo a causa del gelo della temperatura
che nell’inverno del 1943 raggiunse anche trenta gradi sotto
zero.
Di quei momenti lui ne racconta alcuni con il sentimento di chi ha
visto con i suoi occhi la disperazione e la tristezza di una guerra
contro l’umanità intera.
Unu libru de Benigno Casula.
Benigno Casula naschit in Tonara in su 1921 e ancora oe bivit in s’iginau
de Arasulè. In custu libru arregollet arregodos de sa gioventude
sua a s’epoca de su fascismu, de sa gherra de Russia e àteros
amentos de sa vida iscritos in sardu tonaresu, in contos e poesias.
In su 1941 partit militare a Bologna e a Pavia e, a pustis in su 1942,
a sa gherra de Russia, inue biet una de is disauras prus mannas de
sa segunna gherra mondiale. De casi dughentos sessantamila òmines
partios a-i cussos logos cun is armadas italianas de su C.S.I.R e
de s’A.R.M.I.R. solu nne torrant, paris a issu, unos otantamila.
Is àteros si ispèrdent in s’istepa russa fuinnosi
dae su fronte de su Don, mortos de fàmene o de su fritu po
su marcòriu de s’ierru de su 1943. De cussos fatos issu
nne contat unos cantos cun su sentidu de chie tanno ddos at bidos
cun is ogos suos e bìvios cun su disisperu e sa tristura chi
tenet s’òmine in calesiat gherra contra s’umanidade. |
Scheda Storia
I CADUTI, DISPERSI E REDUCI DI RUSSIA: 1941-
(Wikipedia) Il Corpo di Spedizione Italiano in Russia, spesso abbreviato
come CSIR, e l'8ª Armata Italiana in Russia, o ARMIR, furono
le formazioni del Regio Esercito sul fronte orientale tra il 1941
e il 1943.
La spedizione italiana in Russia ebbe esito disastroso per le potenze
dell'Asse e si concluse con la perdita di un numero ingente di soldati
da parte di entrambi gli schieramenti. Circa le ragioni strategiche
delle spedizioni, si suppone che, in seguito ai successi tedeschi
nelle prime fasi dell'Operazione Barbarossa, Mussolini, non informato
preventivamente delle intenzioni di Hitler di invadere l'Unione Sovietica,
abbia deciso di inviare comunque forze del Regio Esercito a sostegno
della Wehrmacht, nel timore di arrivare in ritardo alla spartizione
delle risorse di un nemico considerato ormai sconfitto. Secondo altre
versioni che però non godono di suffragio documentale, le spedizioni
sarebbero state volute nella prospettiva di partecipare in qualche
misura alla prevista sconfitta della Russia, nell'ottica di un ipotetico
piano di spartizione con l'Inghilterra, a guerra conclusa.
Il (C.S.I.R.) Corpo di Spedizione Italiano in Russia:
inviato sul fronte russo nel luglio del 1941, era così composto:
Divisione autotrasportabile Pasubio, gen. di divisione Vittorio Giovanelli,
79º Reggimento di fanteria, 80º Reggimento di fanteria,
8º Reggimento di artiglieria, Divisione Torino, gen. di divisione
Luigi Manzi, Divisione Celere Principe Amedeo duca d'Aosta, gen. di
brigata Mario Marazzani, Legione Camicie Nere Tagliamento, console
Niccolò Nicchiarelli, 30º Raggrupp. artiglieria di corpo
d'armata, gen. di brigata Mario Tirelli.
Nel complesso 2.900 ufficiali, 58.800 uomini, 960 pezzi di artiglieria
da campagna, 423 pezzi anticarro e 250 contraerei, 83 aerei, 5.500
automezzi, 4.600 quadrupedi. Comandante di questa forza, sulla carta,
era il generale di corpo d'armata Giovanni Messe, ma in realtà
il CSIR, fin dal suo arrivo in zona di operazioni, fu posto alle dipendenze
del generale Eugen Knight von Schobert e, in agosto, alcune divisioni
passarono agli ordini del Gruppo corazzato di von Kleist, mentre la
Divisione Pasubio fu aggregata al IIIº Corpo d'armata tedesco.
Da gennaio a marzo del 1942 il CSIR fu potenziato con nuove unità
giunte dall'Italia: Battaglione alpini sciatori Monte Cervino, 6°
Reggimento bersaglieri, 120º Reggimento artiglieria. Il 4 giugno
1942 il CSIR passò alle dipendenze della 17ª Armata tedesca;
dal 9 luglio, infine, il CSIR entrò a far parte dell'ARMIR
con la denominazione di XXXV Corpo d'armata.
Armata Italiana in Russia
L’ARMIR- L'Armata
Italiana in Russia
L'Armata Italiana in Russia,
la denominazione ufficiale del Corpo di spedizione inviato sul Fronte
Orientale, nel luglio 1942 comprendeva l'8ª Armata su tre corpi
d'armata: il XXIVº Corpo d'armata (l'ex CSIR) comandato dal generale
di corpo d'armata Giovanni Messe, il IIº Corpo d'armata (divisioni
Ravenna, Cosseria, Sforzesca) comandato dal generale di corpo d'armata
Giovanni Zanghieri ed il Corpo d'armata alpino (divisioni Tridentina,
Julia e Cuneense) comandato dal generale di corpo d'armata Gabriele
Nasci. Schierata lungo il bacino del Don l'ARMIR fu costretta a sostenere
difficili battaglie difensive. Il 19 novembre 1942 l'Armata Rossa
scatenò l'offensiva sul fronte del Don travolgendo alle ali
ungheresi, rumeni e le divisioni di fanteria italiane.
A metà dicembre la Divisione Julia ancora schierata sulla linea
del fiume Don fu prelevata dai rifugi, sostituita dalla Divisione
Vicenza, e spedita ad arrestare e respingere lo sfondamento russo
a sud, a fianco della Cuneense. Fedeli al motto "Di qui non si
passa", in effetti vi riuscirono per un mese intero, dentro buche
scavate in mezzo alla steppa gelata e con un rapporto di inferiorità
di 1:13. Il settore di Novo Kalitva dove operò la Divisione
Julia fu l'unico a nord di Stalingrado dove i russi non riuscirono
a sfondare. Nel dicembre del 1942 la grande offensiva sovietica (Operazione
Saturno) con una manovra a tenaglia contrastata duramente dagli alpini,
procedendo in profondità ai lati delle due divisioni, aggirò
alle spalle il Corpo d'armata alpino chiudendolo in una enorme sacca.
Gli alpini riuscirono a sfondare verso sud del settore tenuto dall'ARMIR.
Nel durissimo inverno 1942-43 il Corpo d'armata alpino si trovò
così a dover ripiegare in condizioni di inadeguatezza di mezzi,
armi e vestiario attraverso 25 battaglie di sfondamento e retroguardia,
fino alla battaglia di sfondamento definitivo a Nikolajewka il 26
gennaio 1943.
Comandanti:
Generale di corpo d'armata Francesco Zingales (10 luglio 1941 - 14
luglio 1941)
Generale di corpo d'armata Giovanni Messe (14 luglio 1941 - 10 luglio
1942)
Generale d'armata Italo Gariboldi (10 luglio 1942 - aprile 1943)
1941:
10 luglio: da Verona, a mezzanotte, parte il primo convoglio del CSIR:
2.900 ufficiali, 58.800 uomini di truppa, 4.600 tra cavalli e muli,
5.500 automezzi suddivisi in tre divisioni: Pasubio, Torino e Celere,
più 83 aerei da osservazione e caccia.
5 agosto: a scaglioni, i soldati italiani arrivano nella Moldavia
romena, a nord-ovest di Jassy.
11 agosto: primo scontro con l'Armata Rossa. Il battesimo del fuoco
tocca alla divisione Pasubio.
27 agosto: anche i reparti aerei sono impegnati in combattimento.
22 settembre: nella battaglia di Petrikova è impegnato l'intero
CSIR. In 8 giorni di combattimenti gli italiani hanno 87 morti e 190
feriti.
2-5 ottobre: la Celere valica il fiume Dniepr, seguita dalla Pasubio
e poi dalla Torino.
11 ottobre: le truppe italiane sono a Pavlograd, poi iniziano l'avanzata
verso Stalino.
17 ottobre: l'Armata Rossa si ritira; entra in azione la cavalleria
italiana con i battaglioni Savoia e Lancieri Novara della divisione
Celere.
23 ottobre: battaglia di Gorlokova e di Rikovo; la cavalleria effettua
diverse cariche; la Pasubio il 2 novembre conquista Gorlokova.
5 novembre: conquista di Nikitovka; il contrattacco sovietico dopo
6 giorni costringe gli italiani a ripiegare con centinaia di morti
e feriti.
5 dicembre: tutto il CSIR all'attacco nella vittoriosa battaglia di
Chazepetovka. I morti sono 135, 523 feriti, 884 congelati e 10 dispersi.
25 dicembre: l'Armata Rossa attacca all'alba; gli italiani ripiegano,
poi il 27 dicembre riconquistano le posizioni e il giorno dopo passano
al contrattacco. La lotta si conclude il 30 dicembre: le perdite italiane
sono state di 168 morti, 715 feriti, 305 congelati e 207 dispersi.
1942:
15 febbraio: dall'Italia arrivano il 6° Reggimento bersaglieri
ed il 120° Artiglieria motorizzato. Sei giorni dopo arriva anche
il battaglione sciatori Monte Cervino. Nei mesi successivi vari combattimenti
nella zona di Izium.
4 giugno: prima azione di guerra della flottiglia italiana nel mar
Nero, composta da sommergibili e MAS. Dopo alcuni promettenti successi,
a metà novembre, il formarsi dei ghiacci costringe la flottiglia
a rientrare in Crimea ed a cedere gli armamenti alla Marina tedesca.
9 giugno: Italo Gariboldi è il nuovo comandante delle forze
italiane in Unione Sovietica. Scompare il CSIR e nasce l'ARMIR, formato
dall'8. Armata italiana.
22 giugno: a Sortanhlati, sul Lago Ladoga, arrivano quattro MAS della
Regia Marina.
24 agosto: il reggimento Savoia Cavalleria va alla carica presso Isbscensky,
nel bacino del Don.
19 novembre: i sovietici rompono il fronte della 3a Armata romena
e della 4a Armata tedesca.
10 dicembre: l'8a Armata italiana, composta da 220.000 uomini e 7.000
ufficiali, è schierata: la densità in linea è
di un soldato ogni sette metri.
11 dicembre: l'Armata Rossa inizia la battaglia di logoramento contro
il II Corpo d'armata italiano (Operazione Saturno).
16 dicembre: inizia la battaglia di rottura. Entrano in campo i carri
armati e l'aviazione sovietica per una manovra a largo raggio. La
difesa dell'ARMIR vacilla.
19 dicembre: punte corazzate sovietiche raggiungono con una manovra
aggirante le retrovie italiane. Il 20 e il 21 i sovietici completano
l'attacco. Inizia la ritirata italiana con due colonne, la prima formata
dalle divisioni Ravenna, Pasubio, Torino; la seconda da aliquote della
Pasubio, dalla Celere, e dalla Sforzesca.
24 dicembre: la prima colonna italiana, chiusa nella conca di Arbusovka,
rompe l'accerchiamento ma parte della Pasubio e della Torino restano
accerchiate a Certcovo. Nella notte del 28 dicembre anche la seconda
colonna italiana raggiunge le linee tedesche a Skassisrkaia. Il Corpo
d'armata alpino (divisioni Cuneense, Julia e Tridentina) è
ancora schierato sul fronte del Don.
1943:
15 gennaio: una ventina di carri armati sovietici irrompe su Rossosch,
sede del comando del Corpo d'armata alpino, che è costretto
a muovere a est, verso Podgornoje.
17 gennaio: all'alba il Corpo d'armata alpino è praticamente
accerchiato. Alle 10.00 riceve l'ordine di ripiegare dal generale
Gariboldi. Inizia una ritirata a trenta gradi sotto zero.
18 gennaio: la situazione si aggrava ulteriormente; uomini sfiniti
ripiegano disordinatamente, mentre molti muoiono di congelamento.
La marcia continua fino al 25 gennaio mentre la Julia e la Cuneense
si sacrificano nella difesa.
26 gennaio: alle 12.00 comincia la battaglia di Nikolajewka. Un'enorme
massa di sbandati si rovescia sul villaggio, guidata dalla Tridentina,
l'unica delle divisioni italiane ancora in grado di combattere, poi
riesce a proseguire.
31 gennaio: i primi uomini della Tridentina raggiungono gli avamposti
tedeschi. A Scebekino gli alpini sfilano di fronte al generale Gariboldi:
circa 20.000 uomini sono usciti dalla sacca. La Tridentina prosegue
ancora per 700 chilometri per raggiungere Slobon.
aprile-maggio: l'ARMIR rimpatria. Anche le divisioni Ravenna e Cosseria,
che erano rimaste a Gomel arrivano in Italia a maggio.
Epilogo
Le cifre ufficiali parlano di 26.115 morti, 43.166 feriti e 63.684
dispersi; i soldati impiegati al fronte sono stati circa 220.000.
A guerra conclusa, nel 1946 l'Unione Sovietica consentì il
rimpatrio di circa 10.000 prigionieri di guerra italiani.
A seguito di una lunga campagna promossa dai reduci per la restituzione
delle salme dei caduti, solo nel 1989 fu possibile la restituzione
dei primi resti. In seguito fu consentito dalle autorità russe
l'accesso a 72 dei molti cimiteri di guerra italiani in quel territorio
e sono state iniziate le operazioni di rimpatrio di circa 4.000 salme.
Ai caduti della "guerra di Russia" è dedicato un
tempio a Cargnacco, presso Udine, ove sono raccolti anche gli ignoti. |