NELLE
FALESIE DELL'ANIMA Prefazione di Luca Foddai Una nuova raccolta di poesie di Gavino Puggioni è sempre una sorpresa. I temi che si rincorrono appaiono a prima vista gli stessi delle sillogi precedenti: tanti nella quantità, certo, eppure molto “alti” nella qualità. Andando a scandagliare tra gli interstizi dei suoi versi, il lettore può rendersi conto, ad un esame più approfondito, che Gavino Puggioni non si ripete per niente. Così il manifesto poetico della silloge, “Il bambino con la chiave”, ci riporta alle tematiche che più stanno a cuore all’autore: l’infanzia, i bambini che osservano con stupore e delusione gli adulti, ma anche un passato che non c’è più e l’incredulità per il mondo che scivola verso l’abisso. “Nel silenzio dei rumori” e “Le nuvole non hanno lacrime” sono stati i due titoli che hanno preceduto “Nelle falesie dell’anima”. E allora la chiave apre la porta per il mondo rubato, per la speranza sottratta al futuro. Perché “la Terra è nostra vogliamo viverla”. Ma i versi di Gavino Puggioni hanno anche un’altra caratteristica, legata ad un sapiente uso della punteggiatura, assente per sottolineare lo sgomento per una realtà amara. La poesia diventa allora una lama sottile che taglia la cute dell’anima, la fa a pezzi per ricomporla in un secondo momento, sotto le stelle e il cielo della vita. «Una compagnia di cani randagi ulula la sua fame con la paura», ma gli umani sono più disperati, perché la loro miseria è interiore e non può trovare nutrimento. Ma la natura viene in soccorso, con un fiore, che però nasconde un bambino, che, ecco il risvolto negato in agguato, è piegato, spezzato dalle intemperie. «Oggi, vento di tramontana, non l’ho visto», ammette il poeta. Perché la natura stessa è spesso crudele. Disegna colori e pregevoli dipinti ma poi li spazza via. «E il cielo sopra, azzurro e cupo». Ma c’è la luna, che ridona speranza, nel buio della notte, con i suoi occhi, gli occhi di un bambino. “Nelle falesie dell’anima” è un passo in avanti. Anche il titolo si fa meno negativo. Perché stavolta c’è il suono, materialmente palpabile. Nessun silenzio ossimorico dei rumori, nessuna nuvola senz’acqua o lacrima. E la speranza è lì, a vincere sull’angoscia quotidiana dell’uomo.
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