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SOS THURPOS E SOS ERITAJOS DI OROTELLI
MASCHERE DEL CARNEVALE SARDO
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Mentre
impazza il carnevale, tantissime originali manifestazioni conquistano
tutti i centri dell’Isola: antiche maschere perpetuano arcaici misteriosi
riti della millenaria cultura agro-pastorale o più attuali “fantocci”,
raffiguranti i tiranni e gli autoritari, vengono condannati festosamente
al rogo come simbolico segno di giustizia popolare verso le arroganze
di ogni potere.
Tanti gli “eccessi” enogastronomici (-con frittelle, dolci
caratteristici, sas beladinas e la tradizionale fae e lardu accompagnata
dai gradevoli binos nieddhos locali-) che precedono le Ceneri e l’inizio
del periodo quaresimale, ma sono soprattutto le manifestazioni folcloristiche
e le variopinte sfilate dei carri allegorici ad animare indistintamente
le città ed i centri minori. Il Sistema Turistico Locale, con le
sue promoter, sarà presente attivamente in 37 comuni e in diverse
fiere europee; sotto l’egida della Regione Sardegna prosegue la
campagna istituzionale di promozione integrata di tradizioni e storia
dell’Isola.
Tempio si caratterizza per la figura di re Giorgio, comunemente conosciuto
in Gallura come Jogliu Puntogliu; Oristano per la spericolata giostra
equestre della Sartiglia; Mamoiada per gli arcinoti, in assoluto, Mamuthones
e Issohadores ed Ottana per Boes e Merdules.
A queste ultime originali ed antiche maschere si aggiunge quella singolare
de Sos Thurpos di Orotelli, riscoperta e segnalata dall’insegnante
Giovanna Pala Sirca nel 1978. Della “ritrovata” maschera s’interessarono
immediatamente l’etnologo Raffaelo Marchi, la prof.ssa Dolores Turchi
e il Gruppo Ricerche Folcloristiche Salvatore Cambosu, che nel 1979, con
la collaborazione dell’Istituto Superiore Etnografico, la propone
in anteprima nel Carnevale Orotellese. La maschera -forse legata originariamente
a ritualità propiziatorie di feste dionisiache- è rappresentata
da buoi aggiogati, tenuti e guidati dal thurpu-boarzu che tiene le redini.
I thurpos, viso dipinto di nero, trascinano un aratro e mimano le varie
fasi del lavoro contadino e sono abbigliati da un gabbanu nero d’orbace
con cappuccio, scarponi con gambales e campanacci che agitano durante
tutto il loro percorso. Nella sfilata carnevalesca i thurpos cercano sa
tenta (la cattura), con le funi, di qualche spettatore a cui far offrire
da bere nel più vicino dei zilleri. I thurpos, per simboleggiare
la buona annata di raccolto, offriranno abbondanti libagioni solo nell’ultimo
giorno di carnevale.
Sempre ad Orotelli, grazie alle documentate ricerche del poeta e scrittore
Larentu Pusceddu, è riapparsa anche la maschera de Sos Eritajos,
presumibilmente scomparsa dalle manifestazioni carnevalesche nel decennio
anteriore l’Unità d’Italia. Sos eritajos, scrive Pusceddu,
“erano il terrore delle donne in quanto quelle che si avventuravano
per strada i giorni di carnevale, venivano rincorse per essere abbracciate
e punte sul seno con gli aculei delle pelli conciate di riccio. Questa
la sua descrizione: Saio bianco; collana di tappi di sughero, ricoperti
di pelle conciata di riccio; maschera rossa”. La maschera, presentata
ufficialmente nel Carnevale Orotellese del 1993 e che figura da diversi
anni tra le tipicità del mondo contadino sardo esposte al Museo
Etnografico di Nuoro, è da collegarsi ad antichi riti di iniziazione
e propiziatori di fecondità. (26-01-2011)
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