Giommaria
Pulina “Ranzolu” di Ploaghe, geniale e abile tessitore
di versi
il valore originario della parola, nel canto degli abili aedi, corre
verso una fonte misteriosa di sensibilità e percezione istintiva
che, con ricchezza di fantasia e senso di pura profonda emotività,
schiude le porte all'animo degli uditori. La grande esperienza lirica
estemporanea sarda ha esplorato il linguaggio e l'anima nel tracciato,
ideale e identitario, che intercorre tra il pensiero e la parola polisemica
nell'esaltazione della valenza ed essenza di significati.
E se un “cantadore” di grande stile, con vena genuina
e tradizionale come Giommaria Pulina (Ploaghe 14 settembre 1885 –
6 febbraio 1972), è stato definito “unu poeta nuràgicu”,
dai suoi stessi colleghi, a significare il “modo di poetare
rispettosissimo dell'identità della lingua e di una maniera
arcaica di porgere verso e argomento”, ci fa pensare che la
parola/canto, coltivata in tutta la Sardegna, abbia unito un popolo
alla sua radice più profonda; per la parola poetica non esiste
neutralità o indifferenza, proprio per la capacità di
vivacizzare in emozioni e sentimenti l'animo, con senso di armonia
e musicalità timbrica e ritmica del verso, che il poeta rivela
nella creatività della gara, cantando l'impossibile per sorprendere,
in una manifestazione da considerare come il massimo rappresentare
del teatro popolare sardo.
Di Giommaria Pulina, noto con il particolare istivinzu di “Ranzolu”
per caratterizzarlo tra i tanti nuclei familiari dei Pulina presenti
a Ploaghe, si può ricostruire la biografia attraverso la sua
breve composizione in quartine “Autobiografia” ed attingendo
alla pubblicazione curata da Salvatore Patatu (Giommaria Pulina: unu
ranzolu piaghesu bonu tessidore de rimas, Il Torchietto, 2002); alle
diverse opere su Ploaghe di Paolo Pulina, edite dalla Nuova Tipografia
Popolare di Pavia, e alla “storica” intervista che da
giovane liceale intraprese, nell'estate del 1966, con il noto e disponibile
poeta. La conversazione conflui nel saggio, pubblicato a Pavia nel
1982 col titolo La poesia dialettale in Sardegna negli anni 1963-1965,
a cui la prestigiosa giuria del Premio Ozieri, nell'edizione 1966
e per la Sezione Saggistica, aveva riconosciuto un attestato di “Segnalazione
Speciale.
Giommaria Pulina è uno dei grandi estemporanei che hanno alimentato
e nobilitato l'arte delle gare, con le indimenticabili disputas con
Cubeddu, Pirastru, Testoni, Farina, Moretti, il compaesano Busellu
ed altri della prima generazione, fino ai successivi grandi della
seconda e terza generazione poetica rappresentata, tra gli altri,
da Sassu, Tuccone, Piras, Seu. In cinquant'anni di attività,
debuttò sul palco al rientro dalla prima guerra mondiale e
concluse con una gara ad Ittiri nel 1968, si caratterizzò per
la sonorità musicale e decisa di “una 'oghe metallica
e sonora chi tinniat che campana de brunzu”, dal tratto ammaliante,
simpatico, gradito al pubblico e di grande empatia verso gli avversari
poetici; capace di sviluppare qualsiasi tema ma caratterialmente predisposto
a cantare quelli giocosi e gioiosi, quasi per voler esorcizzare ciò
che la sua vita di dolori e lutti familiari gli aveva propinato.
(C.P.)
|