a mia
madre
Non credevo,
in un venerdì di gennaio,
di dover assistere alla composizione
delle tue ultime mortali parole,
ritirare la foto che ci ritraeva insieme,
incidere sul marmo il sangue del ricordo.
E poi,
poco dopo,
navigare su un tetto di nuvole,
salire su una scala ramponata
a osservare le tegole,
a volte lese,
che provano,
fiammanti o consunte,
a proteggere le nostre misere
e splendide esistenze,
calde di focolari,
di comignoli fumanti,
vive di vita,
vere.