DISTANZA

Per quante notti
leggerò ancora la malinconia
tra le tristi righe di interminabili distanze.
La sconfinata danza di limitati paesaggi
arresta la speranza
di un castano riflesso,
di una verticale cascata a piombo sul cuore
e dalla sua sommità,
il vertiginoso tuffo di una lacrima
inonda le vele della lunga nostalgia.

La mancanza del mio spazio
mortifica lo sguardo,
e il buio di palazzi estranei
orchestra il piacere del vedere confuso.
Pallida stanchezza
di un continuo vagabondare
nelle gelide ore di lontana assenza,
qual è il fiore che nasconde il tuo profumo?
Tra quali petali devo abbandonare il mio viso,
perché sfiori il tuo rosso ritratto?

Tra le mura della mia prigione
inseguo il ricordo dell’ultimo dolce bacio,
dell’ultimo amaro addio
del futuro sospirato abbraccio.
Non divorerò le sculture del passato
per riempire i vuoti di un presente solitario,
e chiedo alle esili chiome dei venti
di avvolgermi l’anima
che fluttuante verserà il suo nettare nei tuoi sogni
liberandoli, così che in me rinascano.

Si potrebbe regalare un momento d’ombra
a questo verde assoluto,
per brevi istanti,
un passo dopo l’altro
piegando fili d’erba sotto i nostri piedi
troppo leggeri per ferire quest’ordine esatto
questo tappeto di seta.
Si potrebbe stare fuori
e rubare un po’ di sole a questa terra
che complice non ne farebbe parola.
Si potrebbe saziare la pelle
della grazia di questi raggi
magari negli angoli rimasti liberi
dai nostri baci
attimi di freschezza
attimi che non sono mai abbastanza.

Yuri Deriu