I poeti che non
hanno molta voce
di Vincenzo Pisanu
I poeti non hanno molta
voce
in quest'Italia fetida che spira.
I poeti modulano alla sera
con le voci barocche versi in coro.
I poeti coltivano l'alloro
negli orti silenziosi dei padroni,
i poeti che non sanno di forconi,
di gole rauche da fiamme di fuoco
elevate come falci di canto.
I poeti che hanno smarrito il conto
scritto dai padri a lettere di sangue.
I poeti dal fisico pingue
voci virili che spaccano il granito,
i poeti che ostentano appettito.
I poeti hanno palle di carta
sospese a fili annodati nel nulla.
I poeti che piangono la culla
genuflessi sfogliando crisantemi
posti ai piedi dell'ultima parola
telediffusa al c.d. del potere.
I poeti che hano tante bandiere
appese al balconcino della mente,
i poeti che hanno un sogno importante
riposto sul cuscino del divano,
i poeti che allungano la mano
e il verso, col sorriso alla buona.
I poeti che crescono in poltrona
si ispirano a pantofole firmate,
lisciano i peli al gatto componendo.
I poeti che mangiano dormendo
ruttano aromi di birra alla luna.
I poeti che filano la lana
fanno le fusa ai piedi del padrone,
i poeti che non sanno del pane,
del grano, della farina dei mugnai.
I poeti che non sapranno mai.
I poeti non hanno molta voce
in quest'Italia fetida che spira.