Meglio
questa agonia
Meravigliosamente
avvinti
in archi
e gratitudini
noi
ci leviamo
sincroni
in palpiti ed ascese
quasi dimenticando
ore
sangue
segreti
medaglie alla memoria
d'assenze sempre lievi
le mani già s'elevano alla
notturna diaspora
senza trovar ragione di questo innato esserci
Ancora
siamo isole
senza più latitudine
ancora
vortice
d'albe
cornice d'ambra
e sogno
e cocci avvelenati
delle promesse
infrante
al ciglio
d'una storia
e gl'occhi si trattengono da tutte
le emozioni
quasi preventivando ancora un altro ritrarsi
Meglio
quest'agonia
che il gioco
della fine
meglio
lievi tristezze
che un inseguirsi
d'albe
senza destinazioni
risvegli
o solitudini
e pelle
sempre gelida
gli affanni si susseguono fra concitati
spasimi,
Andrea Chessa
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