Norbello
!
Geniale piccolissimo paesello
scrigno di povertà e alacrità
germogliato tra i campi e le vallate
sulla cresta del ripido pendìo
che guarda la minuscola borgata
graziosa “Domusnovas Canales”
onor dell’arte del “pane pintau”.
Le finestre
dell’umile casetta
dei miei nonni di stirpe contadina
si affacciavan sui dirupi scoscesi
di “Puzzu a Josso”e “Corrighinu Mannu”
che in inverno mostravan lo splendore
dei mandorli in fiore biancheggianti
e in primavera spandevano al vento
aromi di “limbuda” ed “ambularza”,
ciclamini, narcisi ed asfodeli,
margheritine e papaveri rossi.
Le campagne
ondulate e verdeggianti
ospitano oggi i lecci e le querce
che un dì facevan ombra al mare d’oro
delle spighe di grano biondeggiante
e suscitano nel cuore il bel ricordo
di quando il pane si faceva in casa
e i chicchi macinati nel mulino
profumato candor della farina
nelle “manos de oro” delle donne
divenivano “pane ammodigàu”
e alla mensa dei poveri “chivarzu”.
L’erba
verde gran dono di natura
alimentata da ricche sorgenti
allietava i giovani pastori
saziando le pazienti pecorelle
destinate a terminare in brodo
nel paiolo da “pecora in cappotto”,
mentre gli incolpevoli agnellini
finivano abbronzati nello spiedo.
Ritornando
dai pascoli al villaggio
ammiravi le case a piano terra
che nei cantoni levigati e neri
mostravano la gloria e la fatica
degli uomini che amavan l’armonia
delle rocciose perle di basalto.
Nella piccola
chiesa parrocchiale
dedicata a “San Quirico e Giulitta”
brillava sempre una candela accesa
luce di fede di mamme e bambini
ardenti come il cuor del “buon pastore”.
Scoprivi
alla facciata della chiesa
l’armonia delle pietre di basalto
e la graziosa cupola a cipolla
or fiancheggiata da Santa Lucia.
L’arco d’ingresso alla chiesetta antica
dedicata a “Maria della Mercede”
svelava la cappella un po’nascosta
con l’aria di una buia catacomba
olezzante di arte e di preghiera.
Questo è il borgo natio di “mio nonno”
umile e laborioso contadino
ch’io non conobbi ma so ch’era poeta,
del quale un figlio, che era mio padre,
scrisse in versi con umile orgoglio:
“Ho visto mio padre raspare
la terra cercando il tesoro
che Dio dona solo al lavoro”.
La sua sposa di Aidomaggiore
devota a “Santa Maria ‘e Prama”
con i figli nell’umil casolare
lo attendeva intenta alla cucina
per accoglierlo al desco familiare.
Questa era
la terra di “mio padre”
che da bambino conobbe la vanga
e accompagnò le pecore all’ovile,
poi assetato d’arte e di poesia
leggendo i libri di giorno nel campo
ed alla sera al lume di candela
e anche al chiaror del grande caminetto
saziava la sua fame di cultura.
Lui nel
cammino fino a San Lussorio
alla ricerca di pascoli ubertosi
attraversava Ghilarza e Abbasanta
contemplando il ridente “Barrigadu”
al di là del grande fiume “Tirso”
dov’era nato il nuovo grande lago
che irriga ancora i campi assolati.
Ma un bel giorno volle cimentarsi
nella maturità classica al “Dettori”
superando la prova con prontezza:
spiantato andò alla “Città del Fiore”
ed ottenne “l’alloro letterario”
unito all’alloro del poeta.
Norghiddo
!
La vita scorre lieta nel silenzio …
pastori, agricoltori e vignaioli
si recano ai campi come un tempo,
gli artigiani orme d’antica gloria
di giorno in giorno stanno scomparendo
pochi lavorano il legno ed il ferro,
lo scalpellino plasma rare pietre,
i muratori restauran le case,
dei sarti non c’è nemmeno l’ombra,
i vestiti li rammendan le nonne
che al telaio creavano i tappeti.
E a Pasqua in un’arte il borgo eccelle
è la “decorazione delle palme” !
Il paese
ogni tanto si ravviva
nei giorni delle feste variopinte
la via maggiore ampia ed elegante
adornata di fiori e bandierine
vede lo scalpitare dei cavalli
e i cavalier che tengono la briglia
abili in corsa come alla Sartiglia.
E quand’è
il giorno della “festa grande”
gli ospiti sono presi da stupore
al vedere i ragazzi e le ragazze
con sgargianti costumi di Sardegna
sfilare in corteo con un sorriso
che illumina i volti affascinanti.
C’è
un nuovo sport che fa onore al villaggio
il “ping-pong” con le sue campionesse
e i campioni che son primi in Sardegna
gareggiano in Italia ed in Europa
ed oggi il mondo parla di Norbello.
I riti antichi
stanno tramontando …
“S’arzola” è soltanto una locanda,
non c’è più “sa innenna a s’antiga”,
“su tusorzu” non è come una volta,
simpatico resiste ancora il “palio”
dei ragazzi in sella agli “asinelli”.
Rito nuovo è “sa sagra de s’antunna”
e all’imbrunire puoi sentir le grida
dei giovani infiammati dalla “morra”.
Questa è
l’umile storia di una terra
di gente buona, povera e accogliente
che custodisce il dono della fede
arde d’amore nelle sue famiglie
aspira alla concordia ed alla pace.
ottobre
2020