Stadera
di Cristoforo Puddu
A volte, infinito penso
irrequieto
ai miei giorni già decenni.
Al tempo generazione
che sfugge come il vento mattutino
e s’assottiglia di luce all’orizzonte
mentre scandaglio l’eco
di un silenzio meditato.
Alla stadera dei Cinquanta
i miei versi naufraghi
saldano i conti alla deriva
o s’infrangono impetuosi su scogli –
riuscire a sorprendersi
come nelle dimentiche e lontane
prime volte che s’afferra la vita
non riesce neanche ai poeti.
Eppure rincorro parole di fiducia
e un equilibrio di linguaggio;
coltivo i segni dell’esperienza
e attingo da un delirio di vita
il sostegno per accarezzare il domani.
A volte, raramente
mi fa paura scrutare oltre
e cerco dentro la mia storia
il finale sfuggente alla ragione
che incede con passo inascoltato
come in una poesia di Settembre
pur sapendo con certezza
di essere nato ad Aprile.
Sulla bilancia poso il cuore
-lievito intatto di un senso perfetto-
per altri giorni sconosciuti e mai appartenuti
dove il futuro è solo un’intuizione
del desiderio misterioso che irrora l’animo.