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SALVATORE CAMBOSU:
SCRITTORE SENSIBILE E ORIGINALE DEL NEOREALISMO SARDO
AUTORE DELLA COMPOSITA OPERA ANTOLOGICA “MIELE AMARO”
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Salvatore Cambosu
(Orotelli, 5 gennaio 1895 – Nuoro, 21 novembre 1962), è stato
valutato uno scrittore di intensa sensibilità ed autenticità
nel rappresentare -con intelligenza e partecipazione unica- sia le tradizioni
che le problematiche più recenti dell’Isola. Annoverato tra
gli esponenti della corrente “neorealista” sarda, da acuto
e profondo osservatore della vita e del lavoro del mondo contadino tradizionale,
“leggeva”, nel pieno dell’evoluzione degli anni Cinquanta,
e descriveva con un linguaggio letterario moderno ed incisivo le crescenti
speranze di rinascita e riscatto economico-sociale per la Sardegna. Nel
primo ventennio dopo la scomparsa lo scrittore orotellese, che con le
sue opere aveva dato spesso voce alle esperienze collettive di storia
e cultura sarda, sembrava essere stato inspiegabilmente dimenticato e
trascurato nella ristampa dei suoi libri. Solo dagli inizi anni Ottanta,
grazie ai suoi compaesani, all’Amministrazione comunale di Orotelli
e Regione autonoma della Sardegna, c’è stato un rinnovato
interesse su Cambosu con l’organizzazione di concorsi poetici e
letterari, pubblicazione di scritti inediti, giornate di studio (a Cagliari
e Orotelli) ed infine la nascita della Fondazione, a cui è seguita
la mostra multimediale su “I luoghi di Salvatore Cambosu”
(con istallazione artistica di Maria Lai), e un complessivo progetto per
il “Parco Letterario Multimediale Salvatore Cambosu”.
Salvatore Cambosu è figlio di Gavino (fratello della madre della
Nobel Grazia Deledda: sarebbe interessante la pubblicazione completa della
preziosa corrispondenza letteraria intercorsa tra i due cugini di primo
grado!) e Grazia Nieddu; cresce in una famiglia numerosa di estrazione
agropastorale e dopo le prime classi elementari ad Orotelli prosegue gli
studi a Nuoro, dove consegue il diploma di maturità classica e
di maestro elementare. Segue una parentesi universitaria a Padova e a
Roma, senza raggiungere la laurea, dove intensifica però l’attività
di scrittura e la frequentazione di ambienti culturalmente ricchi di stimolo
creativo. Il primo romanzo, titolato “Lo zufolo”, è
pubblicato a Bologna nel 1932. Rientrato in Sardegna, insegna in diversi
centri del nuorese, ed infine si stabilisce nel capoluogo sardo, iniziando
una proficua ed intensa attività pubblicistica con riviste e giornali
(Il Messaggero, Corriere d’Italia, Il Popolo Romano, L’Unione
Sarda). Nel dopoguerra si aggiungeranno le collaborazioni al quotidiano
sassarese La Nuova Sardegna, Il Tempo, L’Avvenire d’Italia,
Il Giornale d’Italia, Il Politecnico di Elio Vittorini, Il Mondo,
Nord e Sud (nota rivista meridionalistica), Ichnusa, Omnibus, Quadrivio,
Il Ponte, L’Illustrazione Italiana, La Chimera. Ma è la pubblicazione
nel 1954 di “Miele amaro” (prima edizione Vallecchi, Firenze)
-composita opera antologica che raccoglie materiale storico, etnologico
e letterario (leggende, poesie, filastrocche, indovinelli) sulla Sardegna-
a fargli tributare una incredibile unanimità di consensi e qualificati
giudizi estremamente positivi. Ricordiamo alcune definizioni: Gonario
Pinna nel lavoro del Cambosu individua “un bastimento carico di
spezie e di fiabe, di essenze di storia, d’immagini preziose e di
racconti, di miele e di poesia”; Bachisio Zizi “una grande
enciclopedia” e “un labirinto di segni”; Giuseppe Petronio
“un breviario di tutto ciò che un sardo può conoscere
e amare della sua isola”; Antonio Pigliaru “il fatto più
rilevante della cronaca letteraria sarda degli ultimi decenni” ed
infine il penetrante giudizio espresso da Michelangelo Pira “dolente
mosaico della vita della Sardegna intera”, con la rafforzata convinzione
che “nessuno, neppure la Deledda, neppure Satta, aveva tradotto
in lingua con tanta sapienza, con tanto amore e con tanta umiltà,
il patrimonio culturale della civiltà sarda che chiamiamo autentica”.
Sempre nel 1954 partecipa al premio Grazia Deledda con il romanzo “Una
stagione a Orolai”, incentrato sulla condizione del pastore; l’inedito,
che ha un rappresentativo personaggio bambino, è segnalato da una
giuria composta tra gli altri da Marino Moretti e Mario Ciusa Romagna
e verrà pubblicato solo nel 1957, a Milano, dall’Istituto
Propaganda Libraria. Nel 1955 pubblica “Reportage Supramonte di
Orgosolo”, inchiesta giornalistica sul banditismo e la società
agropastorale barbaricina. Tra gli inediti postumi, editi nel 1992 rispettivamente
da Il Maestrale di Nuoro e da Marietti di Genova, ricordiamo “Lo
sposo pentito” e “Due stagioni in Sardegna” a cura di
Bruno Rombi. Il lascito ideale del “miele amaro” di Salvatore
Cambosu è per tutti i sardi e, come ha avuto modo di scrivere Francesco
Casula, significa “difesa e valorizzazione dell’identità
e apertura all’innovazione”.
(24-05-2012)
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