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Enrico Berlinguer: ricordiamo come lo giudicava Indro Montanelli
all'amministrazione comunale di San Martino Siccomario (Pavia)
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In
questo periodo, a dieci anni dalla morte (avvenuta il 22 luglio 2001)
mi è capitato di riprendere in mano alcuni scritti di Indro Montanelli
sulla Sardegna, isola alla quale era rimasto sempre affettivamente legato.
Proveniente dalla nativa Toscana (il mitico “Cilindro” era
nato a Fucecchio, in provincia di Firenze, il 22 aprile 1909) vi trascorse
un periodo della fanciullezza, al seguito del padre Sestilio, che nel
1920 era stato inviato a fare il preside nella Scuola Normale di Nuoro,
che corrispondeva all'odierno liceo delle scienze umane (già istituto
magistrale) intitolato a Sebastiano Satta. A Nuoro i Montanelli vissero
per cinque anni, durante i quali Indro frequentò gli ultimi due
anni delle scuole elementari e i primi tre del Ginnasio.
Nei suoi libri e articoli Montanelli non si è occupato nostalgicamente
solo delle falde del nuorese monte Ortobene (dove “in piena libertà
scavallava alla ricerca di nidi di merli”) ma anche di qualche personaggio
importante che ha dato lustro alla Sardegna.
Nel 1994, a dieci anni dalla morte di Enrico Berlinguer (Sassari, 1922-Padova,
1984), scrisse un pezzo memorabile, “Ci manca un Berlinguer”:
«Non giocò mai al personaggio, mai cercò la passerella
e il flash, che anzi lo imbarazzavano. Ma appunto per questo ci manca.
Ora che una politica ridotta a kermesse di figuranti accresce in noi la
nostalgia di qualche uomo vero. Anche se come avversario, quale per noi
tuttora sarebbe. Enrico Berlinguer sarebbe stato il primo a mostrarsi
infastidito dalla magniloquenza che, or sono dieci anni, lo accompagnò
nel suo ultimo viaggio, perché portava le insegne del potere più
come una croce che come un blasone».
Ecco altri giudizi di Montanelli su Berlinguer.
1980: “Berlinguer è uno dei pochissimi dirigenti comunisti,
e forse l’unico in tutto il mondo, che sembra incarnare l’antitesi
della sfrontatezza e del cinismo”.
Nel settembre del 1998, festeggiato a Santa Margherita Ligure, Montanelli,
raccontando del suo incontro con Berlinguer, lo definì con queste
parole: “Un uomo introverso e malinconico, di immacolata onestà
e sempre alle prese con una coscienza esigente, solitario, di abitudini
spontanee, più turbato che allettato dalla prospettiva del potere,
e in perfetta buona fede di cui ci resta un programma sociale, politico,
economico, etico e morale non scritto basilare per il futuro democratico
e di progresso del nostro Paese”.
Dunque, per la Storia, secondo Montanelli, Berlinguer “portava le
insegne del potere più come una croce che come un blasone”.
Per la cronaca, invece, a San Martino Siccomario (in provincia di Pavia),
l'amministrazione comunale dichiara che porta l'insegna della via finora
dedicata a Berlinguer più come una croce che come un blasone. Per
carità, per cortesia, si liberi subito di questo peso: Berlinguer,
Montanelli e il modesto sottoscritto (e, credo, molti altri) le saranno
riconoscenti, per sempre, “für ewig”, come scriveva quell'altro
insignificante sardo chiamato Antonio Gramsci. Ho citato l'intestatario
di un'altra insegna toponomastica che a San Martino potrebbe pesare come
una croce. Attenzione, però, perché, di ostracismo in ostracismo,
l'intitolazione toponomastica più diffusa, in accordo con l'orientamento
storico-politico dell'attuale amministrazione, a San Martino potrebbe
essere questa: “Piazza Pulita (Dei Defunti Rivali Politici)”.
I numeri (civici) già ci sono e per definizione sono infiniti.
(07-08-2011)
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