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Lucio Dalla è
stato per la Sicilia testimonial non nativo d’eccezione
esattamente come Fabrizio De Andrè per la Sardegna
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Milo è un piccolo paese
alle pendici dell’Etna in provincia di Catania (poco più
di 1000 abitanti: è il centro meno popoloso di tutta la provincia)
molto noto per i suoi vini ma anche perché nel suo territorio da
tempo ha stabilito una sua residenza, in un’ampia fattoria attrezzata
per tutte le necessità tecniche del raffinato artista, il cantautore
siciliano Franco Battiato e perché, proprio su suo suggerimento,
nella stessa zona, in anni più recenti, in una più ridotta
casa di campagna da frequentare in maniera non continuativa, aveva fissato
uno dei suoi domicilii il compagno d’arte Lucio Dalla.
Milo confina con il comune di Sant’Alfio (fu costituito nel 1955
staccandosi proprio da quest’ultimo), a sua volta noto per il Castagno
dei Cento Cavalli, plurimillenario monumento arboreo che viene considerato
il più antico e il più grande d’Europa (il quotidiano
“La Stampa” di Torino il 19 luglio scorso gli ha dedicato
un ampio articolo a firma di Tiziano Fratus) e che da secoli è
diventato la location di una particolare leggenda che spiega l’origine
del nome (sotto le sue enormi fronde avrebbe trovato riparo, durante una
terribile tempesta, la regina Giovanna II d’Angiò e il suo
seguito di cento cavalieri).
Dalla, dopo aver preso le prime confidenze con il Castagno, accompagnato
in varie circostanze dal sindaco Leonardo Patti e dai gestori (Pippo e
Angela e i loro figli Rosario e Fabio) del chiosco che vicino ad esso
funge da punto di ritrovo e di ristoro per i nativi, per i villeggianti
e per i turisti in visita all’albero monumentale, se ne era innamorato
al punto di prefigurare iniziative musicali e culturali di alto livello
che animassero lo spazio incantevole attorno all’albero e che avessero
come sfondo naturale la mole fronzuta dei lunghi rami del Castagno: come
ricorda lo stesso Patti, «sono state numerose le occasioni di coinvolgimento
nella qualità di testimonial del territorio, a cui Lucio Dalla
si è sempre prestato con generosità e senza alcun compenso,
fino a proporre lui stesso un grande progetto per il territorio dal titolo
“ETNERA” (Notte, l’estate e una montagna di fuoco) da
ripetersi ogni anno la sera del 21 giugno, data del solstizio d’estate:
si trattava di un grande evento musicale che doveva aver luogo a Sant’Alfio,
luogo magico dell’immenso Castagno dei Cento Cavalli, terra di confine
dove il verde della macchia mediterranea si trasforma nel nero deserto
di lava; sullo sfondo dell’Etna incendiato dal sole con un’
unica scenografia metafisica di dodici sculture».
Il progetto scritto e proposto da Dalla venne respinto dal Parco dell'Etna,
ma lui non si diede per vinto e, davanti a una folla di centinaia di uditori
estasiati, la notte del 3 agosto 2011, dietro un semplice tavolino posto
davanti al Castagno tenne quella che Patti giudica «una vera e propria
lectio magistralis» sul tema del mito e delle leggende della Sicilia,
accompagnata dalle letture di brani di scrittori siciliani affidata a
Marco Alemanno.
La sera del 19 agosto scorso, in ricordo di Lucio, nello spazio aperto
accanto al Castagno, lo stesso Patti e Angelo Scandurra, d’intesa
con il Comune di Sant’Alfio, hanno organizzato la manifestazione
“La morte è solo l’inizio del secondo tempo”
(secondo un’affermazione di Dalla). Marco Alemanno con la band di
Gionata Colaprisca e con il gruppo di tre artiste “Le Mandragole”
ha riproposto davanti a più di trecento spettatori le più
belle canzoni di Lucio; Alemanno ha anche letto un brano intitolato “Carmelo”
dal romanzo “Bella Lavita” (Rizzoli 2004) di Dalla in cui
sono citati tutti i luoghi a lui più cari della Sicilia, isola
del mito, di cui si sentiva parte integrante.
Si leggeva la commozione negli occhi dei siciliani presenti all’evento
memoriale: traspariva l’orgoglio di essere stati amati e valorizzati
da un testimonial, non nativo, eccezionale come è stato l’artista
poliedrico di nome Lucio (per loro, come per un amico, non c’è
bisogno di riferirsi anche al cognome). Come sardo mi è tornato
in mente – devo confessare: con commozione – il destino crudele
che ha tolto alla Sardegna a soli 59 anni il testimonial sardo non nativo
che noi possiamo considerare il nostro “Dalla”: parlo di Fabrizio
De Andrè ovviamente. Sì, Dalla è morto a 69 anni
(dieci anni in più di Faber) ma uno non può fare a meno
di accomunare questi due straordinari artisti in un ragionamento: era
inevitabile che la loro generosità venisse così beffardamente
irrisa da sorella Morte? Faber e Lucio se ne sarebbero potuti rimanere
nei paradisi dorati, nei torrioni isolati che potevano essere concessi
al rango economico conquistato con i guadagni derivanti dai successi musicali.
E invece no: Faber aveva fissato la sua dimora nella terra dei nuraghi
(anche dopo il vergognoso sequestro inflitto da nativi doc alla sua persona
e alla sua compagna), mescolandosi alla gente comune, dichiarando gratuitamente
il suo amore gratuito e viscerale per la Sardegna; Lucio girava per Milo
e per Sant’Alfio fermandosi a chiacchierare con i siciliani comuni
che frequentano i bar dei paesi etnei.
Dall’11 gennaio 1999 il genovese Faber, innamorato della Sardegna,
non c’è più. Dal 1º marzo 2012 il bolognese Dalla,
innamorato della Sicilia, non c’è più. Le due isole,
gemelle anche per la perdita da parte di ciascuna di un testimonial non
nativo che difficilmente potrà essere sostituito, avrebbero rimandato
volentieri l’inizio del secondo tempo, ma l’arbitro di queste
(di)partite non è influenzabile neanche da due interi popoli regionali
(compresi gli emigrati).
(25-08-2012) |