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Sergio Di Giacomo e
Rosalma Salina Borello ci dicono tutto
su Salvatore Quasimodo e la Sardegna
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Avevo
chiuso il mio intervento (ospitato in questo Sito) dal titolo “Interpretazione
di alcuni versi di 'Sardegna' (1934) di Vincenzo Cardarelli” con
queste parole: “Siliqua, sito ricco di storia, ma anche luogo caro
ai poeti: oltre che a Cardarelli anche a Salvatore Quasimodo. Ma di lui
parleremo in una prossima puntata”. Eccoci dunque al tema “Salvatore
Quasimodo e la Sardegna”. Riguardo al quale l'aiuto di Internet
e di qualche biblioteca civica dal ricco patrimonio (in questo caso quella
di Stradella, in provincia di Pavia) “obbligano” chi scrive
a limitarsi a far conoscere dei testi che esauriscono praticamente l'argomento.
Senza Internet sarebbe stato impossibile recuperare il fondamentale, informatissimo
articolo di Sergio Di Giacomo (che qui di seguito si pubblica) in quanto
uscito sulle pagine locali di Palermo del quotidiano “La Repubblica”.
I commenti di Rosalma Salina Borello alle poesie di Quasimodo “Sardegna”
e “Spiaggia a Sant'Antioco”, reperibili in un ormai introvabile
Oscar Mondadori del 1973 intitolato “Per conoscere Quasimodo. Antologia
delle opere”, danno un'acuta interpretazione dei versi favorendone
la comprensione anche da parte del lettore non “addetto ai lavori”.
Il giornalista Di Giacomo e la studiosa di letteratura Salina Borello,
entrambi non sardi, meritano il plauso dei sardi residenti ed emigrati
che hanno interesse per le testimonianze letterarie lasciateci sulla Sardegna
da autori che l'hanno conosciuta da “forestieri” (da istranzos,
come diciamo noi in limba).
Nota. Aggiungiamo solo che Gian Gavino Irde, nato a Scano Montiferro nel
1936, insegnante di matematica e fisica in diversi licei, ha tradotto
tutte le poesie di Salvatore Quasimodo in sardo logudorese-scanese. L'opera,
uscita col titolo "Edd est subitu sero, tottu sas poesias",
è stata pubblicata dalle edizioni Aipsa di Cagliari nel 2007.
Paolo Pulina
Quell'esilio
sardo di Quasimodo per un amore tabù
di Sergio Di Giacomo
“La Repubblica”, 24 giugno 2008, pagina 10, sezione: PALERMO
All' inizio degli Anni Trenta,
Salvatore Quasimodo (Modica 1901 – Napoli 1968) lasciava gli amati
amici della brigata messinese della gioventù per trasferirsi in
Liguria, tra Imperia e Sanremo, lavorando come impiegato del Genio civile.
Il poeta di Modica trovava l' occasione di inserirsi nel mondo letterario
animato da colleghi come Camillo Sbarbaro, Angelo Barile, Adriano Grande,
pubblicando per le edizioni della rivista "Circoli" la silloge
"Oboe sommerso" che gli darà celebrità. Ma, avendo
intrapreso una scandalosa liason amorosa con la vicina, moglie di un direttore
d' orchestra locale, l' impetuoso poeta viene costretto ad andare a Cagliari,
dove svolge l' attività di funzionario del Genio civile dal marzo
1933 alla fine del 1934.
Un periodo di apparente isolamento dal circuito letterario nazionale:
«La Sardegna per me è un esilio» scriveva all' amico
ligure Angelo Taglietto in una lettera del 25 luglio 1934 conservata negli
archivi del Casinò di Sanremo e pubblicata da Renato Minore sul
quotidiano "Il Messaggero" del 9 settembre 2004. In realtà,
sebbene poco valorizzato nelle biografie, il periodo cagliaritano di Salvatore
Quasimodo lasciò delle tracce significative nella vita del poeta,
tanto che a Cagliari il futuro premio Nobel troverà occasioni di
scambio culturale e di suggestione poetica. Un ruolo significativo l'
ebbe l' amicizia intrapresa con il giornalista e poeta di Sant' Antioco
Giuseppe Susini, autore di sillogi edite da Guanda quali "Dono mattutino"
(1933) e "Ragionamenti sulla poesia" (1942), oltre della raccolta
"L' amore e gli affetti" (Nicolodi, 2002), insieme a studi sulla
poesia sarda e francese. Il carteggio, che comprende 42 lettere del periodo
che va dal 1934 al 1950, è stato pubblicato nel 2003 da Nicolodi
di Rovereto in un elegante cofanetto curato dalla studiosa Giovanna Musolino
diviso in due volumi: "I poeti devono soffrire", che contiene
le lettere di Quasimodo, e "Vorrei finalmente uscire da questo buio",
con le missive del poeta sardo.
Sarà Quasimodo a presentare il giovane Susini – con cui si
incontrava quotidianamente alimentando un' amicizia che era divenuta «addirittura
fraterna» – a Nello Quilici, direttore del "Corriere
Padano", facendogli iniziare l' attività giornalistica e letteraria
proseguita con le collaborazioni a riviste e giornali quali "Letteratura",
"Nuova Antologia", "Il Mattino", "Il Resto del
Carlino", "L' Unione Sarda" (di cui sarà anche direttore)
e "Quadrivio", dove recensirà "Erato" e "Apòllion"
(«Il prodigio della lirica quasimodiana sta nel giungere essa ad
una intensità di sensi e di significati»).
Viceversa, la spinta di Susini sarà decisiva per la pubblicazione
su "Occidente" del titubante Quasimodo di un testo poetico sui
martiri della rivoluzione fascista. Nelle lettere sono presenti confidenze
e notizie sulla sua vita sentimentale e familiare, ma anche annotazioni
sulla sua attività letteraria e sulle tante polemiche del tempo,
condite da riflessioni nostalgiche per la terra natia e sulla passione
per la traduzione dei classici greci, che costituirà uno dei punti
rilevanti della sua arte poetica. Non a caso, metteva in evidenza come
il greco aveva «pochi segreti», aggiungendo come «tanto
può l' amore della poesia verso una lingua difficile e così
tormentata dalle ricerche filologiche» (19 aprile 1939).
Non mancavano riferimenti anche relativi a fattori pratici: basti pensare
alla lettera del 12 febbraio 1936 in cui il poeta siciliano invita Susini
a portare il reclamo all' esattoria comunale di Cagliari in quanto non
era stato ancora certificato il cambio di residenza. Il 7 marzo 1950 il
futuro premio Nobel si augura di poter ritornare presto in Sardegna: «Sarebbe
per me una vacanza; e un altissimo piacere rivedere la tua isola dopo
tanti anni», scriveva facendo intuire un legame affettivo con l'
isola adottiva più positivo di quanto si possa pensare dalle parole
iniziali. Il poeta di "Ed è subito sera" si inseriva
nella vita culturale di Cagliari, frequentando diversi ritrovi che –
sul modello del celebre Ritrovo Irrera di piazza Cairoli della Messina
della giovinezza – costituivano luoghi di incontro e di dibattito
culturale come il Caffè Genovese di piazza Costituzione e i locali
sotto i portici di via Roma alla Marina. Qui incontrava letterati sardi
con cui manterrà nel tempo dei rapporti intensi: il poeta Montanaru
(Antioco Casula), uno dei massimi esponenti della poesia in lingua sarda,
il giornalista e critico Salvatore Cambosu, "il mistico" italianista
Francesco Zedda.
Il suo legame con la Sardegna continuerà anche a Milano, dove conosce
due dei massimi artisti sardi del Novecento, Costantino Nivola, che studiò
a Monza prima di andare negli Stati Uniti e di cui Quasimodo fu testimone
di nozze, e Aligi Sassu, che nel 1960 dipinse un simpatico acquarello
dal titolo "Salvatore con le sue ammiratrici di Mosca", e per
cui nel 1966 il poeta scriverà la prefazione al catalogo alla mostra
palermitana. Non dimentichiamo anche come la passione "sarda"
aveva coinvolto anche il celebre cognato Elio Vittorini, che nel 1932
aveva vinto il premio bandito da "L' Italia letteraria" –
che aveva in giuria Grazia Deledda – con l' opera "Viaggio
in Sardegna", che verrà pubblicata col titolo di "Sardegna
come infanzia". La Sardegna – con i suoi echi ancestrali e
magici – sarà anche luogo di evocazione poetica per Quasimodo.
In “Sardegna” i suoi sentimenti sono espliciti. [...] Nella
sezione nuove poesie di "Ed è subito sera" troviamo "Spiaggia
a Sant' Antioco" (uscita nell' "Italia Letteraria" del
15 novembre 1936): una poesia che secondo il critico Luciano Anceschi
mostra una concretezza e una fermezza quasi geometrica, ricca di aspetti
spirituali e naturalisti tipici della grandezza lirica di Quasimodo.
Commenti di Rosalma Salina Borello
alle poesie di Quasimodo “Sardegna” e “Spiaggia a Sant'Antioco”
(Da “Per conoscere Quasimodo”, Mondadori, 1973)
SARDEGNA
Nell'ora mattutina a luna accesa,
appena affiori, geme
l'acqua celeste.
Ad altra foce
più dolente sostanza
soffiò di vita l'urlo dei gabbiani.
Mi trovo di stessa nascita;
e l'isolano antico,
ecco, ricerca il solo occhio
sulla sua fronte, infulminato,
e il braccio prova
nel lancio delle rupi maestro.
Graniti sfatti dall'aria,
acque che il sonno grave
matura in sale.
La pietà m'ha perduto;
e qui ritrovo il segno
che allo squallido esilio
s'esprime amoroso;
nei nomi di memoria: Siliqua
dai conci di terra cruda,
negli ossami di pietra
in coni tronchi.
Deserto effimero: in cuore
gioca
il volume dei colli d'erba giovane;
e la fraterna aura conforta
amore.
Salvatore Quasimodo
«Al riaffiorare dall'oscurità della notte della Sardegna
(che rammenta al poeta un'altra terra, più aspra, fatta di “più
dolente sostanza”) il cui segnale è dato dal volo dei gabbiani,
eccolo rinascere insieme alla sua isola (“mi trovo di stessa nascita”),
all'epoca favolosa del gigante Polifemo. Il “segno”, che fa
scattare il meccanismo della memoria, è qui il nome delle contrade,
come Siliqua (comune della Sardegna) e le imponenti rovine, forse di nuraghi
(“ossami di pietra in coni tronchi”). A quella distesa desolata
si sovrappone, allora, il paesaggio dell'infanzia, così com'è
rimasto impresso nel ricordo, con i prati verdi a primavera».
(Rosalma Salina Borello, “Per conoscere Quasimodo”,
Mondadori, 1973).
SPIAGGIA A SANT'ANTIOCO
Nel fiele delle crete,
nel sibilo dei rettili,
il forte buio che sale dalla terra
abitava il tuo cuore.
Tu già dolente al cielo
delle rive
ti crescevi crudele il sangue
d'una razza senza legge.
Qui dove dorme verde l'aria
di questi mari in cancrena,
affiora bianco scheletro marino.
E tu senti una povera vertebra umana
consorte a quella che il flutto
logora e il sale.
Fino a che memoria ti sollevi
a sospirati echi,
dimenticata è morte:
e la candida immagine sull'alghe
segno è dei celesti.
Salvatore Quasimodo
«Ritroviamo il mito decadente dell'appartenenza a un'umanità
primigenia (“ti crescevi crudele il sangue / d'una razza senza legge”),
già presente in “Cavalli di luna e di vulcani” e la
stessa connotazione macabro-funerea del paesaggio marino di “Sardegna”
(là erano “graniti sfatti dall'aria, /acque che il sonno
grave /
matura in sale” qui “mari in cancrena, / affiora bianco scheletro
marino”), insieme alla perpetua ricerca di un “segno”
che ristabilisca i contatti con il passato (funzione assolta, in “Sardegna”,
dai “nomi di memoria” e dalle antichissime rovine, e, nella
poesia in esame, dalla “candida immagine sull'alghe” , forse
quel “bianco scheletro marino” di poco sopra)».
(Rosalma Salina Borello, “Per conoscere Quasimodo”,
Mondadori, 1973).
(03-09-2011)
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