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Presentazione a Ploaghe
del libro di Paolo Pulina “Su Ploaghe”
e del 1° volume del carteggio di Giovanni Spano curato da Luciano
Carta
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A Ploaghe (SS), nella serata di lunedì 27 giugno, presso la
sala convegni del funzionalmente ristrutturato ex Convento dei Cappuccini,
per iniziativa del Comune, nell'ambito della manifestazione “Làmpadas
in Piaghe” (Giugno a Ploaghe), sono stati presentati due volumi:
“Giovanni Spano e i suoi corrispondenti, 1832-1842”, a cura
di
Luciano Carta, primo volume dell'Epistolario di Giovanni Spano; e “Su
Ploaghe” di Paolo Pulina.
Dopo i saluti del sindaco Francesco Baule, Tore Patatu ha coordinato lo
svolgimento dei lavori. Salvatore Tola ha schematicamente illustrato la
struttura di ciascuna delle due opere. Hanno preso quindi la parola Carta
e Pulina. Le conclusioni sono state affidate al prof. Manlio Brigaglia,
amico e “maestro” di entrambi gli autori. Folto il pubblico
dei ploaghesi e significativa la partecipazione di studiosi di Sassari
e di altri paesi limitrofi.
Primo volume del carteggio
Spano. Luciano Carta ha sottolineato il fatto che il libro da lui curato
(pubblicato nella prestigiosa collana “Bibliotheca Sarda”
della casa editrice nuorese Ilisso, nella Sezione Grandi Opere) è
solo la prima parte (di ben 752 pagine) di un'opera monumentale (sono
previsti in totale sei ponderosi volumi) che intende raccogliere le circa
3000 lettere – scritte da 450 diversi corrispondenti – ricevute
e diligentemente conservate dal canonico Giovanni Spano (Ploaghe 1803-
Cagliari 1878), iniziatore nell'Ottocento degli studi applicati alla Sardegna
in campo archeologico (fu fondatore del “Bullettino Archeologico
Sardo”) e linguistico (tuttora celebre è il suo “Vocabolario
italiano-sardo-italiano”).
Per Carta, le 233 lettere di 52 corrispondenti (italiani e stranieri)
di questo primo volume dimostrano l'ampiezza, la profondità e la
continuità dei rapporti dello studioso ploaghese con le menti umanistiche
più illuminate del continente italiano ed europeo del suo tempo.
Secondo Carta, autore di un lungo (100 pagine) saggio introduttivo, le
lettere del Carteggio Spano rappresentano «un “giacimento
culturale per la storia della Sardegna” che consente, tra l'altro,
di verificare come la lontana “periferia” di cui l'Isola faceva
parte non abbia solo passivamente recepito i moti progressivi ottocenteschi
ma abbia dato un contributo originale al progresso scientifico europeo».
Carta ha messo in evidenza come «la figura dello Spano, “vero
maestro di sardità”, tratteggiata con stile sempre arguto
e spesso divertente nell'inedita autobiografia per la prima volta pubblicata
in questo volume, si delinea con l'imponenza di chi è riuscito
a dialogare alla pari con i dotti di tutta Europa».
Le lettere di questo primo volume dell'epistolario di Giovanni Spano (che
riporta anche una presentazione di Aldo Accardo, presidente della Fondazione
Istituto Storico “Giuseppe Siotto” di Cagliari, che ha contribuito
significativamente dal punto di vista economico alla concretizzazione
della impegnativa operazione editoriale) sono riferite al periodo 1832-1842;
i corrispondenti dello Spano scrivono dalle più importanti città
italiane: Torino, Roma, Milano, Firenze, Venezia, Genova.
“Su Ploaghe”: ecco quanto ho detto al riguardo. So che, quando
viene presentato un libro, l'autore deve limitare all'essenziale il proprio
intervento, lasciando il giusto spazio ai relatori incaricati del compito
di dare una valutazione come “commissari esterni” (in questo
caso: Brigaglia, Tola, ma anche Baule, Carta e Patatu). D'altra parte,
proprio una traccia dei temi degli ultimi esami di maturità ha
fatto riflettere sul famoso aforisma di Andy Warhol “Nel futuro
ognuno sarà famoso al mondo per quindici minuti”, che io
voglio adattare al presente, per dirvi in un quarto d'ora alcune cose.
1) Francesco Baule ha sempre trovato il modo di far sì che le mie
pubblicazioni su Ploaghe avessero un sostegno da parte del Comune, anche
quando era impegnato in responsabilità al di sopra di quelle comunali.
Per lui e per il suo gruppo la ricerca dell'identità culturale
di Ploaghe non è mai stata una mera petizione di principio ma una
pratica costante in campo amministrativo. All'opposto, in provincia di
Pavia – dove vivo e lavoro –, la mia “Guida letteraria
della provincia di Pavia” ha dovuto farsi strada da sé perché
l'Associazione culturale che figura come promotrice del libro in realtà
non ha onorato la parola data. L'ampiezza dei temi lì trattati
(non circoscritti alla storia di un singolo paese) mi ha permesso di fare
la presentazione in una ventina di Comuni (per fortuna in totale lì
sono 190) e recuperare così – attraverso le vendite dirette
– almeno le spese di stampa. Un libro su Ploaghe si può al
massimo presentare in due sedi: il prato superiore (su padru 'e supra)
e quello inferiore (su padru 'e josso): già a Codrongianus e a
Osilo non credo che esistano molti appassionati alla storia di Ploaghe...
2) Per quanto mi riguarda, il mio ruolo – relativamente alle vicende
di Ploaghe – è quello del ricercatore che si è autoassegnato
il compito “storico” di far conoscere ai ploaghesi tutto ciò
che è stato scritto sul nostro paese. In questo lavoro mi è
di stimolo il fatto che dal 1967 non vivo più a Ploaghe e quindi
l'interesse pro sa 'idda mia è accentuato dalla distanza: così
come si parla di telenazionalismo (non c'entra la televisione, ma, appunto,
la lontananza) per le comunità non autoctone che si sono stabilite,
per esempio, negli USA e che non vogliono recidere le proprie radici con
la patria di origine, allo stesso modo credo che per un emigrato sardo
e per un emigrato ploaghese si può legittimamente parlare di teleregionalismo
e di telemunicipalismo.
3) E poi c'è l'apporto benefico della professione. L'ammirazione
che un poeta come Pablo Neruda manifestava per il tranquillo lavoro del
muratore si accresce in tutti noi quando si constata come quel mestiere
consente a quel lavoratore di andare ben oltre su fraigu de sos muros
(come vorrebbe il termine in limba, fraigamuru) nella costruzione delle
altrui case e soprattutto nell'edificazione delle propria. Allo stesso
modo, per uno che si occupa professionalmente, da quasi quarant'anni,
di biblioteche e di pubblicazioni, è naturale far diventare oggetto
particolarmente caro della propria ricerca bibliografica le notizie sul
proprio, lontano paese. Diventa gratificante anche provare a raccogliere
queste notizie in un volume di pronta consultazione che faccia conoscere,
anche ai non addetti ai lavori, testi che “hanno fatto la storia”
relativamente a una determinata comunità che ha scelto per la propria
esistenza un territorio ben individuato, uno spazio geografico ben delimitato.
4) Fin dalla metà degli anni Novanta avevo fatto circolare –
come supplemento a uno dei miei libri (con articoli, come i precedenti
e i seguenti, su Ploaghe) – le fotocopie dei testi che oggi –
in una ben più curata e leggibile veste – costituiscono l'ossatura
di questo libro (allora non conoscevo l'imponente, meritorio lavoro di
Cicciu Scanu Uleri, del quale ho voluto dare almeno un saggio). Naturalmente
in questi ultimi 15 anni non sono mancate le acquisizioni successive (qualche
volta anche frutto della serendipity, cioè del ritrovamento casuale)
e miei ulteriori interventi sul tema generale “Ploaghe e i ploaghesi”
: ho inserito nel volume anche questi nuovi contributi.
5) In chiusura mi sono preso la colpa (negligentia in vigilando) di alcuni,
pochi, curiosi errori di stampa (argomento che appassionava anche il Sigmund
Freud di “Psicopatologia della vita quotidiana”) presenti
nel mio libro e ho colto l'occasione per stigmatizzare la falsità
di un titolo posticcio come quello che è stato dato nel 2005 al
volume “I falsi uomini illustri della Sardegna”. Si è
voluto riprendere l'insieme delle brevi schede biografiche scritte dal
canonico Spano per il suo “Abbecedario storico degli uomini illustri
sardi ...”, in cui compaiono certamente personaggi esistiti solo
nella fantasia di chi ha compilato le false Carte d'Arborea (che ingannarono
anche Spano) ma una cosa sono Arnosio, Arrio, Francesco De Castro, Sarra
(nomi di personaggi non esistiti che meriterebbero di essere eliminati
dalla toponomastica ploaghese, come invano richiesto dal compianto storico
Gavino Spanedda, di recente scomparso; personalmente ripropongo l'appello
dell'illustre compaesano al rispetto delle certezze storiche), un'altra
cosa sono personalità veramente vissute e ancora ben vive nella
memoria di Ploaghe. Ne cito uno per tutti, tra quelli che sono registrati
tra i cosiddetti “falsi uomini illustri della Sardegna”: il
chiaramontese Sebastiano Cossu, che fu rettore di Ploaghe per 41 anni
(1827-1868), e che fu molto caro a Giovanni Spano. Il rettore Cossu, sì,
merita il ricordo che la comunità ploaghese gli ha riservato intestandogli
una strada.
6) Non ritengo ovviamente chiusa la mia ricerca su Ploaghe e le sue storie.
Per questo, arrivederci alla prossima puntata.
(30-06-2011) |