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Le pagine su Gramsci
scritte e disegnate da Luca Paulesu nel libro “Nino mi chiamo”
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Sta riscuotendo grande successo
in questi ultimi mesi l’opera del genere graphic novel intitolata
– con efficace, tipico stilema della lingua sarda – “Nino
mi chiamo: fantabiografia del piccolo Antonio Gramsci” (Feltrinelli
2012, pagine 287), scritta e disegnata da Luca Paulesu, di professione
avvocato (esercita a Firenze), di passione vignettista, che in questa
veste ha già al suo attivo il libro a fumetti “Sotto il Nuraghe”
(Artigianarte, 2003), la cura del catalogo della mostra voluta dalla FASI
“Fratelli d’Italia. 150° Anniversario dell’Unità
celebrato per immagini” (Giunti 2011), l’illustrazione del
libro di Ugo Mattei “L’acqua e i beni comuni” (Manifestolibri
2011).
Luca Paulesu, nipote di nonna Teresina Gramsci, sorella prediletta di
Antonio, e di nonno Paolo Paulesu (che ebbero quattro figli: Franco, la
compianta Mimma sposata con Elio Quercioli, Diddi e Marco; Luca è
figlio di Marco), nato a Firenze nel 1968, ha solo pochi mesi quando arriva
a casa di nonna Teresina a Ghilarza, paese dove trascorre l’infanzia.
È proprio dalla nonna che apprende le tormentate vicissitudini
della famiglia, oggi ben note anche al grande pubblico in virtù
dell’eccezionale rilievo intellettuale e politico assunto dalla
figura di Antonio Gramsci a livello nazionale, europeo e internazionale.
Luca ha fatto tesoro dei ricordi appresi dalla nonna ma anche della lettura
approfondita di tutte le opere di Gramsci, come si può verificare
dalle citazioni dei testi che compaiono a pie’ di pagina a intervallare
il sintetico racconto storico e biografico e la sequenza nutritissima
di vignette, che vedono protagonista un Gramsci che ha le fattezze di
un bambino. Ma, attenzione, ci dice Paulesu: “Nino l’ho disegnato
per primo ed è venuto identico a come lo avevo immaginato. Ma quando
gli ho dato la parola, ragionava da adulto: utilizzava le categorie concettuali
della sua maturità, e nell’esposizione seguiva il ritmo frammentario
dello stile delle note dei Quaderni del carcere. Vita e politica, amore
e pensiero risultavano inscindibili. I suoi scritti si imponevano definitivamente
alla memoria”. Le parole-chiave del lessico di Gramsci e i concetti
più noti espressi nei suoi scritti teorici e politici danno lo
spunto per l’elaborazione e il disegno delle vignette, che di Gramsci
non prendono in considerazione solo parole d’ordine della lotta
politica e della battaglia delle idee ma anche le vicende amorose.
Il volume scritto e disegnato da Paulesu è venuto alla luce in
un periodo in cui in Italia si è avuta una vastissima fioritura
di articoli relativi a Gramsci sui maggiori quotidiani e sulle riviste
culturali più diffuse in particolare a seguito dell’uscita
del libro “I due carceri di Gramsci. La prigione fascista e il labirinto
comunista” di Franco Lo Piparo, che non poteva non attizzare polemiche
fin dal titolo e che in più ipotizza addirittura la “sparizione”
di uno dei “Quaderni del carcere”: le tesi che si sono confrontate
su questi due temi sono difficili da seguire per un (sia pure modesto)
“addetto ai lavori” come me che si è appassionato alle
problematiche gramsciane fin dall’uscita (presso Laterza nel 1966)
della benemerita “Vita di Antonio Gramsci” di Giuseppe Fiori;
figuriamoci per un lettore comune.
Michele Filippini, che aggiorna la “Bibliografia gramsciana”
semestre per semestre per l’International Gramsci Society –
sezione italiana, ha schedato per il solo primo semestre 2012: n. 9 libri
e fascicoli di rivista monografici su Gramsci (compreso il libro di Luca
Paulesu); n. 5 libri con capitoli o riferimenti a Gramsci; n. 3 testi
su Gramsci in opere di Gramsci; n. 13 saggi apparsi in libri e riviste;
n. 43 recensioni di opere su Gramsci; n. 85 commenti, interventi, interviste,
articoli di cronaca (quotidiani).
Ma l’interesse per Gramsci non rimane alto solo in Italia; ormai
non conosce confini, cresce in tutto il mondo. Faccio simbolicamente riferimento
a un solo Paese, la Francia, perché mi sono laureato nell’Università
Statale di Milano con una tesi su “La ricezione del pensiero e delle
opere di Antonio Gramsci in Francia” (relatore il compianto prof.
Franco Fergnani; citata anche nel libro curato da Eric J. Hobsbawn, “Gramsci
in Europa e nel mondo”, Laterza 1995). Ho continuato a documentarmi
sull’argomento anche per gli anni successivi al periodo che io avevo
preso in considerazione (fino a metà degli anni Settanta del Novecento).
Dopo la “Gramsci-Renaissance” in Francia degli anni 1965-1975,
nel 1987 (cinquantesimo anniversario della morte di Gramsci) André
Tosel, uno degli studiosi francesi più impegnati nel ripercorrere
l’itinerario della difficile penetrazione del pensiero gramsciano
in Francia e a riproporre l’attualità della lezione gram¬sciana,
dovette prendere atto della realtà e dichiarò: «Oggi,
in Francia, la figura di Gramsci sembra cancellata»; eppure concluse
il suo intervento al convegno di Cagliari dell’ot¬tobre 1987
con queste parole di speranza: «Non è da escludere che un
giorno in Francia Gramsci venga ripreso. Verrà forse ripreso non
come depositario della strategia giusta, ma come immenso contenitore di
problemi, come fonte di un pen¬siero rivoluzionario inedito».
Tosel aveva visto giusto. Lo studioso francese Jean-Yves Fretigné
(specialista anche di Giorgio Asproni), con il lungo saggio “La
réception et l’influence de Gramsci chez les intellectuels
français de 1945 à nos jours”, pubblicato in “La
Rassegna storica del Risorgimento”, aprile-giugno 2003, pp. 293-324,
ha sottolineato un rilancio degli studi gramsciani in Francia avvenuto
agli inizi del 2000. E oggi è il caso di segnalare per la Francia
il nome di Razmig Keucheyan, professore di sociologia all’Università
Paris-Sorbonne (Paris-IV), curatore dell’antologia di testi di Gramsci
“Guerre de mouvement et guerre de position”, Parigi, La Fabrique,
2012, e autore di uno splendido articolo uscito su “Le Monde diplomatique”
di luglio 2012 con un titolo di eccezionale efficacia “Gramsci,
une pensée devenue monde” (“Un pensiero divenuto mondo”;
pubblicato in traduzione italiana in “Le Monde diplomatique”-“Il
manifesto”, luglio 2012).
L’articolo di Keucheyan, oltre che ammirevole per la completezza
della documentazione (vi ho ritrovato anche i riferimenti al “gramscismo
di destra”, di cui mi ero a suo tempo anch’io occupato) risulta
un modello per la capacità di dare una sintesi dell’argomento:
“Dalla Francia, dall’Europa all’India, [ai Paesi Arabi,]
passando per l’America latina, gli scritti di Gramsci circolano
e arricchiscono il pensiero critico”.
Nella grande messe di libri recenti su Gramsci almeno il libro di Luca
Paulesu “Nino mi chiamo: fantabiografia del piccolo Antonio Gramsci”
non dovrebbe mancare nella biblioteca dei sardi che, seguendo il noto
principio gramsciano, “odiano gli indifferenti”.
(06-11-2012) |