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Raffaele Pinna, di Giave
(Sassari), vicebrigadiere dei Carabinieri decorato con Medaglia d’argento
al Valor Militare alla memoria
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Nel
secondo volume de “L’antifascimo in Sardegna”, a cura
di Manlio Brigaglia, Francesco Manconi, Antonello Mattone e Guido Melis
(Della Torre, 1986), alle pagine 247-248, è pubblicata la motivazione
per la quale è stata concessa a Raffaele Pinna, vicebrigadiere,
nato a Giave (Sassari) il 1° febbraio 1911, la Medaglia d’argento
al Valore Militare alla memoria: «Per non servire il nemico, dopo
l’armistizio dell’8 settembre 1943 si allontanava dal reparto
dei Carabinieri a cui era in forza partecipando attivamente alla impari
lotta e portando a termine varie rischiose azioni di sabotaggio e di guerriglia.
Nel corso di un duro scontro contro soverchianti forze avversarie, mentre
con ardita determinazione si batteva per mantenere il possesso di una
importante posizione, rimaneva gravemente ferito. Catturato, veniva passato
per le armi sul posto, cadendo così generosamente per la causa
della Libertà. Val d’Arda, 15 maggio 1944 – Morfasso
(Piacenza), 7 gennaio 1945».
Ho potuto integrare queste informazioni ufficiali a seguito della conoscenza
delle indagini svolte dalla ricercatrice storica Rosalba Mezzorani, che
da anni si dedica al recupero della documentazione relativa in particolare
alle vicende dei Carabinieri patrioti, cioè dei militi dell’Arma
che, dopo l’8 settembre 1943, rifiutarono di arruolarsi nelle file
della Repubblica mussoliniana di Salò. (Come si sa, fu il tenente
dei carabinieri Fausto Cossu [nato a Tempio Pausania nel 1915, morto a
Piacenza il 16 aprile 2005] ad organizzare nel febbraio 1944 la diserzione
in massa dei carabinieri delle stazioni delle valli Trebbia e Tidone e
a formare quindi la compagnia dei “Carabinieri patrioti”).
L’occasione dell’incontro è stato il convegno tenutosi
a Santa Giuletta (nell’Oltrepò pavese), agli inizi del mese
di febbraio, per ricordare due Carabinieri patrioti legati al paese oltrepadano:
Alessandro Conte (nativo di Pulsano, TA, in forza alla caserma di Santa
Giuletta, aderì a una formazione partigiana ma fu catturato e fucilato
dalla Sichereits ai primi del 1945, come documentato dai libri scritti
dal nipote per parte di madre Aldo Pasquale Menna) e Giuseppe Messineo
(inviato in un campo di lavoro della Germania, internato militare dal
dicembre 1944 al settembre 1945, come documentato dalle ricerche del figlio
Pierpaolo).
Rosalba Mezzorani ha pubblicato un’ampia relazione sull’eroismo
dei carabinieri (compreso il vicebrigadiere sardo Raffaele Pinna) che
cercarono di opporsi a Morfasso (provincia di Piacenza) al terribile rastrellamento
operato dalle truppe mongole al servizio dei nazifascisti nell’inverno
1944-1945.
Gli avvenimenti generali sono tristemente noti. Alla fine del 1944, all’arrivo
della neve, i nazifascisti scatenarono nelle montagne del Piacentino e
dell’Oltrepò pavese un terribile rastrellamento ad opera
dei mongoli, chirghisi e calmucchi della 162a Divisione Turkestan allo
scopo di snidare e annientare i “ribelli” e di infierire sulle
popolazioni (e in particolare sulle donne) che li appoggiavano.
Tra le zone partigiane attaccate nel Piacentino figurava anche quella
di Morfasso, roccaforte del Comando della Divisione “Val d’Arda”
del tenente Giuseppe Prati, con un forte nucleo di polizia divisionale
formato per la gran parte dai carabinieri al comando del vicebrigadiere
Giuseppe Trivelli a cui erano affidati i compiti in precedenza svolti
dalle stazioni dell’Arma.
Il presidio della polizia partigiana comandato dal vicebrigadiere Raffaele
Pinna controllava l’accesso a Morfasso nella zona Rusteghini e nei
suoi ranghi erano schierati altri sottufficiali e militari dell’Arma.
Quando, il 7 gennaio 1945, due divisioni nazifasciste, rinforzate da truppe
mongole, provenienti da Prato Barbieri dilagarono verso Rocchetta in Val
d’Arda, per contrastare il nemico il reparto si appostò nei
pressi del cimitero ma, dopo aver subìto le prime perdite, ebbe
l’ ordine di ripiegare. Trivelli e Pinna, con pochi altri coraggiosi,
attestandosi nella zona di Rocca di Pédina, tentarono di ritardare
l’avanzata dei mongoli, in modo da coprire i movimenti dei compagni
ma furono tutti ben presto accerchiati.
A quel punto solo Trivelli e Pinna non si dispersero e non abbandonarono
le armi e con esse cercarono di raggiungere il resto della formazione.
Pinna, anche se ferito nel recente scontro, e il compagno, per non esporre
degli innocenti a sicura rappresaglia, evitarono di riparare in qualche
cascinale della zona. Raggiunti dai mongoli, si difesero con le armi in
pugno uccidendo qualche soldato nemico ma furono presto sopraffatti e
crivellati di colpi. I loro corpi, massacrati e spoliati, furono abbandonati
sulla neve e solo il giorno dopo furono sepolti a Pédina.
Rosalba Mezzorani ha pubblicato il seguente testo (fornitole dall’Ufficio
storico dell’Arma dei Carabinieri di Roma) come motivazione della
concessione al vicebrigadiere Raffaele Pinna della Medaglia d’argento
al Valor Militare alla memoria:
«Quando nel febbraio 1944 gli fu chiesto di prestare giuramento
di fedeltà alla Repubblica Sociale Italiana di Mussolini si allontanò
dal reparto di Genova Sampierdarena dove prestava servizio, per unirsi
alla formazione partigiana della Val d’Arda (in provincia di Piacenza).
Si distinse subito per coraggio e ardimento partecipando ed organizzando
vari colpi di mano in particolare l’attacco alla stazione ferroviaria
di Pontenure.
Nell’agosto 1944, soppressa definitivamente l’Arma con l’ultima
deportazione di massa nei lager nazisti, a fronte dell’accresciuta
necessità di avere organi di polizia che sostituissero le Stazioni
dei carabinieri, rimase in servizio collaborando con le formazioni clandestine
per fronteggiare la criminalità. Fu nominato comandante di distaccamento
della polizia partigiana di Rustigazzo, dipendente dalla 38a brigata della
“Val d’Arda”. In tali delicate e difficili mansioni
emersero le sue brillanti qualità di soldato. Nel rastrellamento
del gennaio 1945 decise con il suo distaccamento di difendere al oltranza
Morfasso e, rimasto con pochi uomini, si spostò nella vicina frazione
di Cornolo dove riuscì a battere le truppe mongole, e, benché
ferito, si portò in montagna ma, raggiunto da una pattuglia di
mongoli, fu trucidato».
Nota finale. Il 25 marzo 2006 il quotidiano di Sassari “La Nuova
Sardegna” diede notizia del raggiungimento del traguardo dei cento
anni da parte della giavese Maria Leonarda Pinna, nata a Giave il tre
marzo 1906, giustappunto sorella di Raffaele. “Zia” Leonarda
si dichiarò orgogliosa del fatto che l’amministrazione comunale
intendeva intitolare la nuova caserma dei carabinieri all’eroico
fratello.
“Zia” Leonarda purtroppo è scomparsa senza poter avere
la soddisfazione di assistere a questa inaugurazione-intitolazione alla
quale comunque sappiamo che il Comune di Giave intende dare attuazione
in tempi brevi.
Speriamo che questa commemorazione del valoroso Raffaele (o Raffaelico,
come riportato dalla lapide della tomba presente nel cimitero del paese
natale) possa accelerare i tempi dell’intitolazione della nuova
caserma di Giave.
(06-02-2012)
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