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Anche in Sardegna, che
venera da secoli il Santo, interesse
per il libro sul discusso “Sant’Agostino” di Caravaggio
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Il
cardinale teologo Gianfranco Ravasi si è recentemente occupato
(sul domenicale de “Il Sole 24 0re”; in un articolo dal titolo
“Sant’Agostino era una star”, 7 agosto 2011) di un libro
di 614 pagine dedicato all’ “iconografia agostiniana dalle
origini al XIV secolo”, di cui sono autori Alessandro Cosma, Valerio
Da Gai e Gianni Pittiglio. La documentazione proposta in questo ponderoso
volume (prima “pietra” di una “costruzione” monumentale)
parte dalle prime, ormai sbiadite, raffigurazioni del padre della Chiesa
e giunge sino «ai mosaici, agli affreschi sulle pareti delle chiese,
alle sculture dei capitelli, alle tavole e così via fino alla famosa
Arca marmorea che è collocata nella chiesa pavese di San Pietro
in Ciel d’Oro, dove riposano le spoglie mortali di Agostino, qui
traslate dalla Sardegna per iniziativa del re longobardo Liutprando tra
il 723 e il 725».
L’Arca marmorea è presente nella rassegna in quanto è
ben noto che essa fu costruita in fasi successive tra il 1362 ed il 1402
(si veda il catalogo 2009 della mostra “Sant’Agostino. Si
conosce solo ciò che si ama”).
In tema di iconografia agostiniana l’attenzione in questo periodo
è rivolta all' uscita di un volume “Caravaggio e i suoi seguaci
a Roma” (titolo in francese “Caravaggio et les peintres caravagesques
à Rome”, 314 pagine edite dalla National Gallery of Canada
come catalogo della grandiosa mostra omonima ospitata in quell'importante
centro espositivo) in cui gli autori Sebastian Schutz, professore all'Università
di Vienna, e David Franklin, direttore del museo di Cleveland, hanno accolto
un “Sant’Agostino” che per loro è sicuramente
opera di Caravaggio (1571-1610) e che è riconducibile a uno dei
più importanti mecenati del pittore a Roma, Vincenzo Giustiniani.
Schutz ha detto: «È un quadro mai pubblicato. Quello che
sembrava un anonimo lavoro del diciassettesimo secolo ha rivelato le sue
qualità dopo il restauro», mentre per Franklin il “Sant'Agostino”
«mostra un Caravaggio molto più conservatore del solito».
Anche per la studiosa Silvia Danesi Squarzina (che ha dedicato all’argomento
un ampio articolo sul domenicale del “Il Sole 24 Ore” del
12 giugno 2011) non ci sono dubbi sull’attribuzione a Caravaggio
del “Sant’agostino”: « Si tratta dell'opera di
Caravaggio descritta negli inventari redatti personalmente da Vincenzo
Giustiniani e trascritti dal notaio nel 1638: “Un quadro d'una mezza
figura di Sant'Agostino depinto in tela alta palmi 5. e 1/2 e larga 4.
1/2 incirca di mano di Michelangelo da Caravaggio con sua cornice negra”
».
Siamo sicuri che anche in Sardegna, isola in cui la venerazione di sant'Agostino
è molto antica (se ne trova traccia anche negli autori del Cinquecento)
e nella quale diverse città e paesi hanno celebrato sant’Agostino
a fine agosto (il 28 agosto è la solennità del santo in
quanto ricorda la data della morte, avvenuta nel 430) con ricchi programmi
liturgici e culturali, si seguiranno con attenzione gli sviluppi di questa
attribuzione caravaggesca, che peraltro qualche storico dell’arte
non accetta con la stessa sicurezza che è stata manifestata dai
due specialisti inglesi. (15-09-2011)
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