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Simona Atzori, pittrice, danzatrice
e adesso anche scrittrice.
Recensione della sua autobiografia “Cosa ti manca per essere felice?”
presentata a Sedriano (MI)
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Ho
conosciuto Simona Atzori nel novembre 2009 a Pavia in occasione di un
incontro organizzato da una associazione operante in collegamento con
il settore servizi sociali di quel Comune.
Sapendo dei meriti umani e artistici di Simona (provetta ballerina e pittrice
di talento nonostante l’handicap di essere nata senza braccia) scrissi
subito dopo un articolo, per i giornali della provincia di Pavia e soprattutto
per i periodici e i siti Internet che danno conto delle attività
dei Circoli degli emigrati sardi aggregati dalla Federazione delle Associazioni
Sarde in Italia (FASI), lamentando la sordità della Sardegna nei
confronti della sarda Simona e dichiarando che era incomprensibile che
pochi paesi dell’isola avessero fino ad allora invitato Simona a
testimoniare la sua eccezionale esperienza di donna e artista che, pur
nata a Milano nel 1974, è orgogliosa di aver imparato la lingua
sarda insegnatale dai genitori, originari della regione della Trexenta
(il padre Vitalino è di Serramanna, la mamma Antonina Matza è
di Suelli).
Quel mio scritto qualche risultato lo produsse se è vero che, quando
Simona ritornò a Pavia nel marzo del 2010 per una iniziativa della
serie “Quattro chiacchiere con...”, presso l'Auditorium del
Liceo scientifico “Copernico”, era presente non solo il sottoscritto
ma tutti i componenti del direttivo e diversi soci del Circolo culturale
sardo “Logudoro” di Pavia, i quali peraltro fecero anche a
gara nel comprare il libro di Candidò Cannavò “E li
chiamano disabili” (Rizzoli, 2005 e 2009), che racconta, tra le
altre, anche le vicende di Simona e che reca in copertina una splendida
immagine di lei che danza in un “volo senza ali” .
Anche (ne ho certezza) sulla base del mio articolo i circoli della FASI
hanno voluto come ospite speciale Simona (vedi Vercelli) o hanno partecipato
all’incontro con lei promosso da associazioni della città
in cui operano (vedi Vigevano). Con la presenza di Simona a Sedriano a
seguito dell’invito rivoltole dal Circolo sardo “Amedeo Nazzari”
di Bareggio-Cornaredo (presieduto dall’infaticabile Franco Saddi),
mi sento di affermare che la FASI sta valorizzando adeguatamente la figura
e le figure artistiche (passi di danza e quadri d’autore) di Simona.
Naturalmente ci auguriamo che anche le città e i paesi della Sardegna
prendano esempio dalle determinazioni dei circoli degli emigrati sardi
e che prevedano l’inclusione delle performances di Simona quando
programmano le loro iniziative, che pure sono frequenti, tese a dare un
riconoscimento non solo morale ai sardi che si fanno onore fuori dell’isola:
Simona ha tutte le carte in regola per essere annoverata tra i più
efficaci testimonial/ambasciatori nel mondo sia della Sardegna sia della
sardità.
Con questo libro autobiografico “Cosa ti manca per essere felice?”
(Mondadori, 2011) Simona certifica la sua competenza come scrittrice.
Sappiamo benissimo che oggi un instant book ai personaggi televisivi diventati
popolari magari solo attraverso qualche apparizione al “Grande Fratello”
non lo negano neanche le case editrici di tradizione culturale. Ebbene,
in mezzo a tanta spazzatura, il libro firmato da Simona si distingue e
risalta con lo stesso nitore con cui risplende il suo vestito da danzatrice
che compare in copertina.
Con la sicura “leggerezza” dei movimenti del corpo, evidenziata
in questa fotografia, Simona sembra voler trasmettere l’idea che
lei è in possesso della capacità di staccarsi dalla pesante
materia terrena e di librarsi (liberarsi) verso il cielo. Dall’alto
della sua eccezionale esperienza credo che Simona potrebbe permettersi
questo atteggiamento di superiorità non solo fisica ma anche morale
rispetto a noi persone comuni. Ma in realtà, scrivendo il libro,
Simona ha voluto liberare la sua mente, far librare i suoi pensieri, alleggerirsi
del peso dei ricordi ma non ha voluto “sorvolare” sulla “pesantezza”
delle domande che la vita a lei ha posto in maniera grave e gravosa e
alle quali lei ha dovuto rispondere facendo ricorso a tutte le sue forze
interne.
La “leggerezza” dei movimenti di Simona danzatrice e di Simona
pittrice trova ancora riscontro naturalmente nello stile della Simona
scrittrice ma nel libro si coniuga con lo spessore (quella che prima ho
chiamato la “pesantezza”) dei contenuti dettati dall’anima,
che sono straordinari non solo per l’eccezionalità della
figura di Simona ma anche per la profondità della riflessione che
la sua personalità matura è in grado di mettere in campo,
per iscritto, sia riguardo a sé sia nei confronti degli altri.
Da anni – è detto nell’aletta di copertina del libro
– “Simona conduce incontri motivazionali presso aziende, scuole
e associazioni”. In questo libro Simona non ha messo in pagina solo
i suoi ricordi, le sue vicissitudini, i suoi sentimenti ma anche l’essenza
delle lezioni date e ricevute nel contesto di questi incontri. Esso è
quindi di una doppia utilità: ci fa conoscere le pieghe dell’anima
di Simona ma è anche un libro di “filosofia”, di meditazione
sulla vita. Alla domanda del titolo è facile capire la risposta
che ci dà Simona: “Non puoi pensare che ti manchi qualcosa
per essere felice! Ti racconto la mia storia e capisci che non sarei mai
arrivata dove sono arrivata se io e la mia famiglia avessimo fatto tragedie
per quello che a me realmente manca, cioè, come ha scritto Candido
Cannavò, le mie braccia rimaste in cielo”.
C’è un aggettivo che mi sembra il più adatto a definire
questo libro ed è l’aggettivo “salutare”, che
deriva dal latino “salus-salutis”.
Il dizionario ci dice che esso significa 1) “che dà salute,
che è di giovamento alla salute” (cura, medicina salutare);
2) “che aiuta, che salva da eventuali pericoli” (ammonimento,
consiglio salutare); “che è giovevole” (ha ricevuto
una lezione salutare).
Questo è un libro salutare in tutti i significati dell’aggettivo
qualificativo: dà salute, è di giovamento alla salute (specialmente
mentale); aiuta, salva da eventuali pericoli (derivanti, per esempio,
dal farsi bloccare in maniera sempre più pervasiva da limitazioni
che si credono insormontabili ma che in realtà possono essere superate);
è giovevole (sicuramente dà a noi tutti persone comuni una
lezione che non si può dimenticare).
“A volte la felicità è una benedizione, ma generalmente
è una conquista”. “La felicità è qualcosa
che si moltiplica quando viene condivisa”. Simona Atzori conferma
la verità di questi due aforismi dello scrittore e poeta brasiliano
Paul Coelho. (07-12-2011)
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