DICEVA San’Agostino:
“chi canta bene, lavora e prega due volte”. Le parole del
santo sono il motto di vita di Gilberto La Scala, 75 anni, arrivato
a Roma nel 52. “Ero il sesto di dieci fratelli, tutti nati a Candidoni,
vicino Reggio Calabria. Mamma Gaetana era analfabeta, ma con la fede
e quattro pezzi di legno, lavorava il telaio, e quando è mancaro
mio padre, nel ‘48, ha dato la forza a tutti noi figli”
Qual era la forza di Gilberto che arriva a Roma? “Ago, filo e
forbice per fare il sarto, una voce per cantare
nei locali di Trastevere, e una grande fede. A 6 anni facevo già
i sopra mani, i punti lenti, e le ribattute nelle sartorie del paese.
A 20 ho incontrato il maestro Barandoni: io gli confezionavo gli abiti
importanti, il frak, lo smoking, il tight, e lui mi insegnava gratis
le canzoni napoletane”. Nel suo laboratorio di Borgo Vittorio,
appesa al muro c’è una locandina ingiallita di uno spettacolo
musicale, vicino a un ritratto di Giovanni XXIII.
Le sue due vite. “Legga con chi cantavo: Claudio Villa, Aura D’Angelo,
il Quartetto Cetra: e mi volevano anche in Sud America. Ma poi conosco
Maria, una ragazza romana che diventerà mia moglie nel ‘58.
E oltre lei incontro Marcellino, il direttore del coro di Sant’Anna.
Il bivio era: cantare ancora nei teatri o da Meo Potacca, o fare
il marito, diventare tenore solista di chiesa?”. Scelse la famiglia,
e il parroco di San Pietro, Monsignor Ruffini, la fece diventare l’interprete
dell’Ave Maria della basilica. “Ho cantato in tutte le cappelle
vaticane: da quella del Coro a quella di Santa Marta. Un mio sostenitore
era il vescovo Van Lierde". E le forbici? Quando arriva la sua
nomina, anche se non ufficiale, a sarto del Valicano? “Da 7 anni
niente figli, allora io e Maria accettammo l’invito di Monsignor
Nadalin che ci fa ricevere da Giovanni XXIII. Lui ci parlò con
tenerezza, disse che seguiva la mi bottega di sarto, e che i figli sarebbero
arrivati.
Una vera profezia. Da quel giorno, qui in Borgo Vittorio, aumentò
la processione di alti prelati e semplici preti, per mettere a posto
abiti ecclesiastici. Lavoravo anche per le altre sartorie del Borgo.
E soprattutto, nel giro di 10 anni, sono arrivati quattro figli meravigliosi”:
Un piccolo miracolo, lo ammette? “Anni da sogno: cantavo in Basilica
per sposi importanti, come per il matrimonio della nipote del Vescovo
Van Lierde, e vestivo il Cardinale Gunter Mayer, il giornalista Kracht,
direttore dell’edizione tedesca dell’Osservatore Romano”:
A quale Papa ha detto grazie per la profezia di Giovanni XXIII? “A
Paolo VI, che ci ricevette in udienza con i nostri angeli”: Perché
s’è rattristato improvvisamente? “Perché la
quarta figlia, Sara, è morta nel 1994, in un incidente stradale
qui a Roma. Continuavo a pregare cantando in Basilica, e dietro gli
occhiali neri nascondevo le lacrime”. L‘ultima sua fatica,
da sarto e da cantante? “Con le forbici tanti lavori per i poliziotti
della Città Leonina, quelli che difendono il Papa ogni giorno.
Come cantante, ho inciso da nonno, con i miei tre nipoti, Riccardo,
Francesco ed Emanuele ‘L’uomo più amato’, un
cd per Giovanni Paolo II. Lo ha ascoltato poco prima che morisse: è
come se avessi venduto un milione di copie e conquistato il Sud America.
(dal
Messaggero 24-9-2007)