IL
CONDAGHE DI SAN MICHELE DI SALVENNOR
Per la storia della
Sardegna medioevale rivestono una importanza straordinaria i cosiddetti
condaghes (dal bizant. kontákion). Sono questi altrettanti «registri»
scritti in lingua sarda, i quali riportano gli atti riguardanti negozi
giuridici, decisioni giudiziali, donazioni, permute, ecc. di altrettanti
monasteri sardi. I principali sono: Condaghe di San Pietro di Silki (Sassari),
Condaghe di San Nicola di Trullas (Semestene), Condaghe di Santa Maria
di Bonarcado (Bonarcado).
Tutti sono importanti, dato che offrono un quadro minuto e particolareggiato
delle leggi e delle usanze che vigevano in Sardegna in epoca medioevale.
Ma sono anche molto importanti per il fatto che, scritti in lingua sarda,
offrono una preziosissima testimonianza delle condizioni lessicali e grammaticali
della nostra lingua in quell’epoca. Su questo particolare piano
siamo in grado di affermare che la lingua sarda ha la fortuna di avere
le più ampie ed antiche testimonianze scritte fra tutte le lingue
neolatine o romanze, ossia fra quelle derivate dal latino. Sia sufficiente
dire che le più antiche schede dei condaghi di San Pietro di Silki
e di San Nicola di Trullas risalgono alle seconda metà del secolo
XI.
Esiste anche un condaghe atipico, il «Condaghe di San Michele di
Salvennor» (Ploaghe), il quale nella sua prima stesura era anch’esso
scritto in lingua sarda, ma alla fine del Cinquecento fu tradotto in lingua
castigliana o spagnola e noi attualmente lo conosciamo solamente in questa
versione. Però di recente e precisamente qualche decennio fa, sono
state ritrovate in Spagna nell´«Archivo Histórico de
la Nobleza», quattro carte di questo condaghe, le quali risultano
scritte in sardo e che hanno riaperto la discussione su questo condaghe
atipico, consentendo di affrontare una serie di importanti questioni.
Di grande interesse è la discussione sui caratteri della lingua
dell´esemplare sardo che andò perduto dopo la sua traduzione
in spagnolo. Queste carte in sardo presentano, infatti, diverse incongruenze
di carattere fonetico e grafico che sono inconciliabili sia con la datazione
del 1221, riportata nella prima scheda, sia col contenuto delle schede
più antiche che risalgono alla prima parte del XII secolo.
Partendo da queste constatazioni, il prof. Mauro Maxia noto ed autorevole
specialista di lingua sarda e di lingua corsa-gallurese, oltre che studioso
di storia medioevale della Sardegna settentrionale, e ha di recente pubblicato,
per i tipi della casa editrice Condaghes di Cagliari, in bella veste tipografica,
la vasta e importante opera dal titolo «Il Condaghe di San Michele
di Salvennor – Edizione e commento linguistico» (pagg. 496
con illustrazioni; euro 35,00).
In questa sua opera Mauro Maxia ha proceduto alla ritrascrizione e alla
verifica delle oltre trecento schede scritte in spagnolo, ha analizzato
le singole carte scritte in sardo, confrontandole con le corrispondenti
schede in spagnolo e ne ha offerto la traduzione in italiano.
Quest’opera del Maxia costituisce il massimo di quanto si può
richiedere da una edizione critica di un documento antico, sia dal punto
di vista storico, sia da quello filologico e linguistico. In proposito
sia sufficiente elencare le parti o capitoli che l’Autore ha dedicato
ai differenti argomenti: Introduzione; Commento linguistico; Carte sarde
tradotte in spagnolo; Nota al testo; Le carte in sardo; Il condaghe di
San Michele di Salvennor, Glossario delle voci sarde; Glossario delle
voci spagnole; Carte dell’Archivo Histórico de la Nobleza;
Carte dell’Archivio di Stato di Cagliari; Indice dei luoghi; Indice
dei nomi di persona; Fonti e Bibliografia.
In termini di critica storica e filologico-linguistica il Condaghe di
San Michele di Salvennor in effetti era stato un documento notevolmente
fortunato, dato che al suo studio si erano dedicati storici e filologi
di valore, cioè Raffaele di Tucci, Virgilio Tetti, Paolo Maninchedda
e Antonello Murtas. Ma perfino un profano è in grado di constatare
che l’opera di Mauro Maxia si lascia dietro e di parecchio tutte
le edizioni precedenti del prezioso documento, rispetto alle quali il
Maxia ha proceduto a correggere numerose sviste ed errori di interpretazione;
e ciò egli ha fatto in maniera precisa e puntuale ma anche del
tutto e sempre pacata.
E qui mi permetto di intervenire su una questione interpretativa non risolta
da Maninchedda e Murtas e sulla quale lo stesso Maxia propone una diversa
soluzione. Nella carta sarda 3s.2 la voce misteriosa coticlaminus propongo
di emendarla in de ciclaminos, derivando l’appellativo dal lat.
ciclaminum (Plinio, Nat. Hist. 21.51 etc.), a sua volta prestito dal greco
kycláminos (Teofrasto, Dioscoride). Pertanto traduco il passo pro
ss’anima de sa mama et pro se su buchellu <d’> Usuna
de ciclaminos «per l’anima della madre e per sé il
quarto (del salto) d’Usuna dei ciclamini». A questa mia interpretazione
non si oppone per nulla il fatto che non risulta che l’appellativo
lat. ciclaminum sia rimasto nel lessico popolare della lingua sarda, perché
questa situazione siamo in grado di constatarla anche per altri appellativi
latini, come ho dimostrato nella mia recente opera «I toponimi della
Sardegna – significato e origine», vol. 2, Sardegna Centrale
(Sassari 2011, EDES).
A proposito di questo condaghe è ben vero che non possiamo non
avere il grande rammarico che sia andato perduto il testo originale scritto
in lingua sarda e questo rammarico è particolarmente forte per
un linguista; ma per uno storico propriamente detto questo rammarico viene
in gran parte meno, dato che il condaghe è pur sempre un importante
documento che registra ed espone ancora le leggi e le usanze dei Sardi
nell’epoca medioevale, le loro condizioni sociali ed economiche,
le loro credenze e costumanze religiose. Inoltre è un fatto che
l’antico traduttore spagnolo abbia proceduto a tradurre anche molti
degli originali toponimi sardi, ma altri li abbia lasciati nella loro
esatta veste sarda. E da questo fatto noi linguisti siamo in grado di
dedurre importanti prove per i nostri studi sul significato e sull’origine
dei nomi di villaggi odierni.
Personalmente pertanto non posso fare a meno di esprimere i miei più
vivi rallegramenti all’Autore di questa importante pubblicazione
e pure al coraggioso e intelligente Editore che l’ha pubblicata.
Massimo Pittau www.pittau.it
Accademia
Sarda (02-05-2012)
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