//////////////////////// GLI ANTICHI DOCUMENTI
IN VOLGARE SARDO E I CONDAGHI //////////////////////////
Il documento in limba
sarda più antico risale all’XI secolo ed è un atto
di donazione di ville e di diritti sulla servitù artigiana (i liberus
de paniliu), a favore dell’arcivescovo di Cagliari da parte del
giudice Torchitorio nel periodo giudicale 1070-80. Immediatamente successivo
è invece il documento del Giudicato di Torres, scritto in volgare
logudorese tra il 1080 e il 1085, e conosciuto come Privilegio logudorese
in quanto tratta delle concessioni del giudice Mariano di Laconi a dei
cittadini pisani. Gli scritti in volgare sardo hanno provenienza principale
dagli ordini monastici o sono fonti redatte dai funzionari degli uffici
del Giudicato. E appunto i condaghi (condaghes, condaxi, fundaghe, kondake),
termine derivato dal sostantivo greco kontàkion che significa registro,
rappresentano i documenti su cui i monaci delle abbazie sarde annotano
attività e atti giuridici per documentare così i diversi
aspetti della vita sociale, di quella giuridica (sentenze, contratti,
lasciti, compere, vendite, etc…) e storico-ecclesiastica. Oltre
ai condaghi sono significativi gli scritti degli statuti cittadini (Sassari,
Castelsardo) e il Liber Judicum Turritanorum (Libro dei giudici turritani)
-opera pubblicata da Enrico Besta nel 1906 a Palermo e ripresa per studi
successivi da Antonio Sanna (Libellus Judicum Turritanorum, Sassari, S’Ischiglia,
1957)- che riporta la cronaca di “qualche secolo di storia costituendo
quindi una fonte importante per il Medioevo sardo” e tendente a
dimostrare “i diritti della Chiesa sul Giudicato di Torres”
con la morte dell’ultima “giudicessa” Adelasia. La ricchezza
e compiutezza linguistica (non ancora di valenza letteraria) verrà
raggiunta con la Carta de Logu di Arborea. I condaghes monastici pervenuti
integralmente sono quattro: quelli di San Pietro di Silki, di San Michele
di Salvenor, di San Nicola di Trullas, di Santa Maria di Bonarcado. Si
registra anche un condaghe laico, quello di Barisone II o dell’ospedale
di San Leonardo di Bosove, che documenta l’atto di donazione a favore
del lebbrosario, e altri condaghes di fondazione (San Gavino, Santa Maria
di Tergu, SS. Trinità di Saccargia e San Pietro di Bosa). Tutti
i manoscritti risultano redatti su pergamena e rappresentano fonte inesauribile
per inquadrare e capire la civiltà giudicale e l’unica vera
stagione sarda di libertà e indipendenza. I condaghi segnano l’impiego
e la validità del volgare sardo scritto e significano i primi passi
di legittimazione linguistica identitaria. Una sfida al dominante latino,
pur nella consapevole “distinzione di sfere d’uso tra le due
lingue”. |