LA LINGUA DEI SARDI
DI MARIO LIGIA
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IPOTESI FILOLOGICHE NELL’AMBITO
DELLA LINGUA GRECA ANTICA
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La lingua sarda è unanimemente considerata “romanza”
o “neolatina”, per il diffuso fondamentale predominio derivato
dalla lingua “colonializzatrice” dell’antico impero
romano. Il sardo, come lingua originata principalmente dall’identità
latina, è accomunato all’italiano, francese, spagnolo, portoghese,
catalano, occitano, franco-provenzale, corso, ladino, friulano e all’ormai
estinto linguaggio dalmatico. Antonio Sanna, esimio ed autorevole linguista
bonorvese, amava sostenere che “la fisionomia linguistica è
il risultato di una serie di vicende storiche”; dunque, nel caso
specifico sardo, fisionomia determinata dalle tracce degli antichi abitatori
dell’Isola e dai diversi ed interminabili avvicendamenti di dominatori
che hanno impresso nuovi significativi segni linguistici. Lo stesso vocabolarista
e linguista illoraese Mario Puddu -Istoria de sa Limba Sarda (Ediz. Domus
de Janas)- sostiene lo schema semplificativo della “Limba Sarda”,
ripartito tra “unu primu fundhu chi benit de su sardu antigu, su
chi sos glotòlogos naran “sostrato”, sa mazore parte
chi benit de su latinu e chi distinghet sa limba sarda coment’e
romanza o neo-latina, àteras annuntas, su chi sos glotòlogos
naran “superstrati”, chi benin de s’italianu medievale
e modernu, de su catalanu e de s’ispagnolu. Pro esser prus pertzisos
tocat de annungher carchi cosa fintzas de su grecu-bizantinu,…”.
E proprio su quest’ultima “ipotesi filologica” si è
sviluppato il lavoro di Mario Ligia, titolato LA LINGUA DEI SARDI (Iskra
Edizioni), pubblicato alcuni anni fa con il proposito “di dimostrare
che le origini della lingua sarda sono da ricercare nell’ambito
della lingua greca antica”. Mario Ligia (Genova 12 Agosto 1919 –
Sassari 7 Ottobre 2003) vissuto principalmente a Macomer, nell’analisi
di toponomi e lemmi sardi presi in esame -anche impiegando il metodo “combinatorio
o induttivo” e scomponendo i vocaboli per lo studio delle radici-
ha trovato dei precisi riscontri e legami con il greco antico. L’appassionato
ricercatore, per il cauto e giudizioso studio di carattere autenticamente
etimologico, attinge termini nel ricco patrimonio di ben centoquaranta
Comuni isolani; da Abbasanta a Zeddiani risulterebbero evidenti gli elementi
del linguaggio di origine protogreca, riscontrabili soprattutto nell’ottanta
per cento dei toponimi sardi. Del monosillabo nur (nuraghe, nurache, nuraxi),
dopo ampia disamina sui nomi di svariati nuraghi (Nurabbas di Bosa, Nuraccioni
di Isili, Nuradèo di Sindia, Nuragadèna di Olbia, Nuragiàna
di Palmas Arborea, Nurdòle di Benetutti, Nurta di Loceri, Nussiu
di Abbasanta, Nugaris di Cuglieri, Nugràstula di Borore, etc…)
e citazioni varie, propone l’ipotesi che significhi “donna”
e che il nome antico nurac, dei singolari simboli monumentali della Sardegna,
equivalga almeno nella fase originaria, al “sacro luogo dove avvenivano
tutte quelle manifestazioni culturali inerenti l’istituto del matriarcato”;
dunque il nuraghe come Tempio della Dea Madre. Ligia dedica particolare
attenzione e analisi anche al monosillabo sar, radice della parola Sardegna,
con la convinzione che significhi “terra”. O ancora ai termini
con base ur, al quale conferma il significato di “acqua” o
“sorgente”. LA LINGUA DEI SARDI, in duecentocinquantasei intense
pagine, offre un percorso di suggestive ipotesi filologiche, una miriade
di riferimenti storici, fantasiose leggende e gradevoli curiosità
di un sincero amante dell’antichità della Sardegna.
Cristoforo Puddu
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