Le Recensioni di Giacomo Murrighili

Turres de ruinzu
di Franco Piga

 

L’amos totu pro naschida s’impignu
de difendere paghe e libertade,
pretendere rispetu e dignidade
s’est onestu e pretzisu ogni dissignu.

Non mudan cun su tempus sos doveres
ne niunu balanzat su diritu
pro fagher de suore anzenu impitu
chi debadas li diat sos averes.

Da-e comintzu s’omine s’est bidu
lende da-e sa terra su sustentu,
patinde de su tempus s’andamentu
e sempre cumandadu e avilidu.

Su jù, su carru, fin poberas cosas,
e poberas, ladinas sas cussentzias,
cun connotas e bias suferentzias
in biddas e domitas fumigosas.

Fabricas nd’an pesadu, cun promissa
de recreu, de creschida e mezoru,
ma juale amos postu cun su loru,
perdinde, iscuros nois, s’iscummissa.

Cadone b’at e tancas de fenalzu
ue ingraniat bundante laore,
tulas ue curriat su suore
e tinnian alvadas de atalzu.

E si pesan sas turres de ruinzu
che poddigales de manos istranzas,
oramai padronas e cumpanzas,
signales de abbandonu e aurtinzu.

Fuidos chentz’amore e onestade
cussos chi da-e custa terra an sutu,
e fatu, su trabagliu si l’an giutu,
lassende ismarrimentu e povertade.

E torra, che si-mai si nd’at bidu,
da-e fundu an messadu in sos diritos;
grassadores, dugones e cuscritos
su bene nostru, paris s’an partidu.

E tra nois, brighende pro su nudda,
non cumparit s’alenu ’e s’unidade,
ne fortza e sentimentu ’e amistade
chi atesu ispingat sa maltzida rudda.

E pianghen familias intreas:
babbos, mamas, sa gioventude tota,
puite dolet in dossu s’atzota
e in pes, tropu astringhen sas trobeas.

E s’intedet, che tando, sa mancantzia
de unu giustu otennere e retzire,
sa gana ’e afrontare e non timire
sas dies de su cras, cun isperantzia.

Franco Piga su 7 de lampadas 2010

Turres de ruinzu.

L’analisi critica letteraria di solito si fa per un’Opera d’Arte e particolarmente per un’Opera Aperta mediante l’intervento di un fruitore, anche quando si tratta, come nel nostro caso, di una sola poesia. Il concetto di Opera Aperta, secondo Umberto Eco, è un valore di modello ipotetico, ma la tesi centrale riguarda la parte del fruitore.
Questo dovrebbe scoprire nell’Opera Aperta tutti gli elementi strutturali artistici, anche quelli che non fossero messi, volutamente, dall’autore, perché è proprio col lettore si chiude la ripetuta Opera Aperta.
Ricordo, come attraverso un velo di nebbia, quando cominciai a interessarmi di queste cose, leggendo una poesia che non ricordo, rimasi perplesso per le seguenti due parole: lampide nubi, di primo acchito pensai che si trattasse di un errore di stampa. Il loro suono, però, mi lasciò titubante.
Quell’a la più aperta mi rimase nel cuore, per cui pensai che l’aggettivo lampido un poeta se lo potrebbe anche inventare. Sì, perché le parole, le loro sillabe hanno tutte un colore, sia pure convenzionale, un suono, che è fisico, una durata, che è quantità.
Iniziamo l’analisi della poesia, soffermandoci solo sui tratti più salienti e saltando versi e strofe, se necessario, per ragioni di spazio.
Prima dobbiamo dire che questa è una poesia in rima e ricordare che la stessa non è solo un elemento esornativo, ma anche una funzione strutturale di collegamento, d’accordi melodici e armonici, di ritmo e d’intensità di durata, che è quantità, di tonalità.
In musica un accordo melodico è una sequenza di note melodiche non simultanee, un accordo armonico è un insieme di note armoniche eseguite in sincronia. In poesia gli accordi sono regolati da varie figure metriche, retoriche e di fonematica.
Le parole, soprattutto le sillabe diventano note e quindi accordi melodici e armonici. Di qui al significato logico del periodo metrico si aggiunge un altro significato, che è quello della forma.
? questo nuovo significato che ci introduce nel lungo e complesso discorso dell’Opera d’Arte che è un messaggio fondamentalmente ambiguo. Vediamo che nome prendono le parole, le sillabe, le lettere, che poi tutte sono segni di questo messaggio mascherato.
Tra essi vi è l’allitterazione che è una figura retorica del genere morfologico, consistente nella ripetizione di due o più fonemi all’inizio di due o più parole o all’interno di esse. L’effetto di parallelismo fonico che deriva dall’allitterazione si riflette sui significati formali.
Dall’allitterazione nascono altre figure morfologiche, tra cui l’assonanza, la consonanza e l’onoma-topea.
Tutta questa lunga rassegna vale per tutta la poesia. Ora l’analisi della prima strofa.
// - L’amos totu pro naschida s’impignu – de difendere paghe e libertade, - pretendere rispettu e dignidade – s’est onestu e pretzisu su dissignu - //
Questa prima quartina è l’incipit più eloquente di un Opera d’Arte Aperta.
In essa vi sono gli accordi melodici ed armonici delle rime vere che cadono alla fine dei versi, vi sono pure una sorta di rimalmezzo che sono all’inizio dei versi, vedi nel secondo e terzo verso difendere e pretendere. Queste, oltre a starci bene perché sono in una poesia lirica, ci stanno bene per la propria funzione ritmica di Anticlimax che è una progressione discendente, che forma parole sdrucciole e accelerano la sequenza di fonemi.
Questi, ora ricordano vocalizzi e gorgheggi di un soprano, ora il do di petto di un tenore ed anche il la che accorda gli strumenti musicali o le voci di un canto singolo o corale, ma ricordano anche e, in modo particolare, urli di pianto e grida di stizza e di ribellione.
Questi si accordano non solo col contenuto formale, ma anche con quello logico della poesia.
Ora passiamo alla lettura della 5a strofa.
// -fabricas nd’an pesadu, cun promissa – de recreu, de creschida e mezoru, - ma juale amos postu cun su loru, - perdinde, iscuros nois, s’iscummissa. - //
In questa pregnante quartina, Franco Piga, colto e capace, è ricorso allo straniamento del messaggio poetico su due piani interamente diversi. Il tutto, penso, seguendo i suggerimenti di Mallarmé, nemico del “sens trop precis”.
Il primo piano è basato sul formalismo, il secondo sulle figure retoriche. Nel formalismo, l’abbiamo visto nella prima strofa, un Franco Piga scaltro, versatile e, direi estemporaneo, giocare con accordi e discordanze di allitterazioni, rime e rimalmezzo.
Qui lo vediamo esibirsi simultaneamente su due campi diversi, cioè oltre al gioco degli incontri e scontri della fonematica che io chiamerei ossimori, vale a dire ghiaccio bollente o dolce fiele.
Dall’altra quella metafora ma juale amos postu cun su loru (sottomissione a autorità e dominio) che bene concorda con la rima del verso precedente: - de recreu, de creschida e de mezzoru.
La metafora calza a pennello col significato della forma che è dato dal contrasto delle sillabe sorde contro le sonore, vedi: creschida sr. e mezoru sn. Coincidenti con gli ictus principali.
Ecco ora la lettura dell’ottava strofa:
// - fuidos sentza amore e onestade – cussos chi da-e custa Terra an sutu, - e fatu, su trabagliu si l’an giutu, - lassende ismarrimetu e povertade. - //
Anche qui prima dell’analisi vorrei introdurre un altro argomento sugli elementi formali dell’Arte Maggiore per eccellenza (Pittura, Scultura e Architettura). Parlerò particolarmente sul Tono del Colore, anche se marginalmente ne ho parlato nella pagina precedente rispetto alla semiotica del suono.
Come è possibile alzare e abbassare il tono della voce, del canto, del pianto, di una nota musicale, così si può alzare, abbassare, lenire il tono di un colore, di una luce, di un’ombra, a seconda che si voglia intensificarli o affievolirli.
I toni forti. gli stridenti contrasti di luce e d’ombra che tendono a far apparire gli oggetti che si dipingono più vicini. I toni deboli, i lievi contrasti tendono ad allontanarli. Parlando di colore si usa spesso dire tono caldo e tono freddo o colore caldo o freddo.
Ora tenuto presente che il colore caldo per eccellenza è il rosso, forse perché assomiglia al fuoco e che l’azzurro è il colore freddo. I semiologi hanno voluto trovarvi una relazione fisico-cromatica con gli oggetti metallici, affermando che la relazione è fondata sul principio che gli oggetti metallici sono freddi.
Secondo me no, perché gli oggetti in argomento possono avere svariate temperature ed essere di diversi colori. Potrebbe essere più verosimile l’azzurro notturno della volta celeste, come colore e come temperatura perché all’altezza di quella volta, che noi abbiamo la sensazione di vedere azzurra la immaginiamo più fredda.
Ecco ora l’analisi dell’ottava strofa c’è un contrasto formale già dal primo verso, sia cromatico che fonematico. Per chiarezza riporto qui appresso la scala cromatica delle voyelles di Arthur Rimbaud: A noir, E blanc,I rouge, U vert, O bleu.
Rispetto alla scala cromatica c’è un contrasto tra le vocale di fuidu (i rosso),chentza (e bianca), amore (o bleu), onestade (a nera).
Secondo verso: cussos (u verde), da-e (a nera), custa (u verde), terra (e bianca), an (a nera) sutu u verde.
Terzo verso: - e fatu trabagliu si l’an giutu: tre nere e un verde.
Quarto verso: lassende ismarrimentu e povertade: due bianche e una nera, finisce con un vero contrasto uguale a quello logico della dell’intera poesia.
Quanto all’analisi sulla base fonematica, lasciando da una parte la scala cromatica, convenzionale, per analisi dell’undicesima strofa continuerò sulla semiotica delle precedenti quartine, analizzando un verso alla volta.
Anche qui prima dell’analisi occorre accennare ai prospetti dei fonemi vocali e consonantici del sardo logudorese. Le vocali in ordine alfabetico sono: a, e, i, o, u. In ordine di apertura vocale, intesa nel senso di apertura anteriore, centrale, posteriore e timbro grave o acuto.
In ordine di apertura crescente anteriore abbiamo le seguenti vocali: i, è è. In ordine di apertura centrale abbiamo la vocale a che raggiunge il quarto grado. In posizione d’apertura posteriore decrescente abbiamo: ò, ó, u.
Trascuriamo il prospetto dei fonemi consonantici, riservandoci di parlarne quando e se occorrerà. Ecco l’analisi del primo verso: // - E pianghen familias intreas: - L’intero verso è tutto un contrasto: la a di pianghen è la più aperta di tutte le vocali, la successiva i Familias è addirittura la più chiusa, la e di intreas è la più aperta delle due e.
Ecco il secondo verso: - Babbos, mamas, sa gioventude tota, - In questo secondo verso c’è l’armonia delle due a di babbos e mamas, e il contrasto di gioventude tota: un u e un’ò in posizione d’apertura orale posteriore, la prima una u di timbro acuto, la seconda un’ò di timbro grave.
Ecco il terzo verso: - puite dolet in dossu s’atzota -: una i di puite chiusa, una ò di dòlet di timbro grave, un’altra ó di dóssu di timbro acuto una ultima ò di atzòta. Questo strano gioco di una i chiusa seguita da tre o, rispettivamente il primo di timbro grave, secondo di timbro acuto e il terzo nuovamente grave:il tutto è consono al significato formale e logico.
Questo è il quarto e ultimo verso da esaminare. – in pes, tropu astringhen sas trobeas: anche qui una sequenza di è aperta, di ó chiuso, di i chiusa e di è aperta e, per chiudere, il glissando delle allitterazioni tr, tr, tr. di tropu astringhen sas trobeas.
Per concludere vorrei dire quanto segue. Conosco molto bene e da molto tempo Franco Piga come poeta e come uomo. Come poeta Piga nel 2007 vinse il primo premio, bandito da Amistade con una nutrita silloge di poesie logudoresi. Ebbi l’onore di fare l’introduzione del relativo libretto e la recensione di alcune poesie. Da allora ha spopolato progressivamente e le cose rilevate in quest’analisi dimostra che lui li conosce come me, se non meglio, anche se nessun poeta o narratore le mette, a priori, come le tessere di un mosaico: le hanno assimilate e scaturiscono spontanee. (3-2-2011)

Ringrazio Piga per le poesie e Ladu per l’ospitalità.
Giacomo Murrighili.