Un
presidente contadino
di Peppino Canneddu
La
prima volta che ho sentito parlare della storia che Giovanni Piras
era diventato Juan Peron è stata una sera d'estate del 1960.
Ero ancora un bambino, ed alla tenue luce di una lampadina nella strada
di un vecchio rione di Mamoiada giocavamo tra coetanei a chi vinceva
più soldi e bottoni.
Ad un bambino che aveva perso al gioco cinque lire, l'unica moneta
che aveva, il vincitore gli dice: "Fatti prestare i soldi da
quella donna che ha il fratello re in Argentina, la vedi?, sembra
povera invece è più ricca di quanto ti immagini",
poi in tono burlesco aggiunge, "fateli prestare così ti
vinco anche quelli".
In quel momento passava nella viuzza con un andamento stanco e curvo
una vecchia vestita di scuro, il tradizionale abito sardo usato ancora
oggi dalle donne anziane. Teneva con la mano sinistra un piccolo contenitore
di alluminio, usato solitamente per mettere il latte appena munto
di una capra che aveva in società con una sua vicina di casa.
Io mi fermo incuriosito a guardare quella donna, oramai di spalle,
mentre andava solitaria verso la sua abitazione, poi stupito domando
al mio amico di questo re. Il bambino con tono da saputello mi racconta
che un nostro paesano chiamato Giovanni Piras comanda un esercito,
aveva navi e aerei, e la sua casa è grande quanto un campo
sportivo.
Era partito da ragazzo in Argentina, aveva studiato e fatto fortuna
e siccome in quella nazione si parla lo spagnolo tutti lo chiamavano
Juan Peron.
All'ora dissi contento, se ci bisticciamo con quelli di Orgosolo ci
presta i carri armati e gli aerei.
Poi mentre raccoglievamo i nostri bottoni e le monete vinte al gioco
gli chiesi. "Come fai a sapere questa storia?", - "Perché
la raccontava a mio padre uno che era partito emigrato insieme a Juvanne
Piras, l'aveva conosciuto molto bene e di lui sapeva tante cose".
In me ancora bambino si risvegliarono le fiabe, quelle vere con principi
e regine, castelli e cavalieri, e cos' immaginavo la figura di questo
nostro paesano che partiva alla conquista di terre lontane, e come
in un caleidoscopio vedevo la figura di Giovanni Piras arare la terra
a Mamoiada per poi sdoppiarsi e vederlo correre a cavallo nella Pampas
Argentina.
Credo che la scintilla, la molla che mi ha fatto inseguire la figura
di Giovanni Piras sia avvenuta in quella sera d'estate, nell'attimo
in cui si sono magicamente incontrati per caso, il gioco dei bambini,
il passaggio della donna ed il racconto del vincitore.
Per tanti anni con gli amici del tempo, ci sentivamo forti e sicuri
nel sapere che potevamo contare sulla potenza e sull'aiuto in caso
di necessità dal nostro paesano Juvanne Piras-Peron.
Tempo dopo seppi che Giovanni Piras non era un re ma "solamente"
il presidente della Repubblica Argentina. Quando avevo 15 anni durante
una lezione parlo al mio professore di lettere e storia della nascita
del Presidente argentino Juan Peron a Mamoiada.
Conclusione per l'intervento, mi ha preso bonariamente in giro per
tutto l'anno scolastico.
Nel 1973 rientro dal servizio militare, quella sera d'estate di tanti
anni fa mi ritorna in mente. Prendo una enciclopedia e leggo che il
presidente Juan Peron era nato il 8 ottobre 1895 a Lobos, un piccolo
paese della provincia di Buenos Aires.
Mi chiesi, ma perché a Mamoiada era circolata la voce che Juan
Peron si chiamava Giovanni Piras e cosa vi poteva essere di vero,
ma soprattutto perché a Mamoiada chi sapeva qualcosa di questa
arcana storia preferiva starsi zitto. Nessuno accettava di parlare
su questo argomento, un mistero, un segreto tramandato da emigrato
in emigrato a figli di emigrati.
Non riuscivo ad entrare nei meandri della questione, ma alla fine,
la passione per il giornalismo, la ricerca della verità mi
dà l'entusiasmo a proseguire sulla questione Piras - Peron,
una ricerca continuamente costellata di emozioni, entusiasmi e delusioni.
All'inizio non sapevo niente, solamente il nome: "Giovanni Piras",
nessuna altra data né di nascita né tanto meno di morte.
Niente di niente.
Inizialmente prendo una strada completamente sbagliata, per mesi e
mesi inseguivo la vita e la figura di un altro Giovanni Piras, scandagliavo
la provenienza di una famiglia completamente diversa, un Giovanni
Piras che mesi dopo scopro non sarà mai emigrato, ma la mia
volontà, la testardaggine di proseguire era troppo forte.
Vada di famiglia in famiglia. Ricevo una grande ospitalità
ma parlare di Peron-Piras assolutamente tutti si trinceravano in un
rigoroso silenzio, fortemente voluto e suggellato, dal notaio dott.
Agostino Meloni l'uomo più potente di Mamoiada.
Per superare le difficoltà nei mille silenzi e per far parlare
un po' di più le prime persone intervistate, mi faccio vedere
che sono abbastanza informato sulle questione.
Ho con me dei blocchi notes con degli appunti di fotografia e di archeologia,
decine di pagine che faccio passare agli occhi dell'intervistato come
notizie sulla questione Peron-Piras. Lavoro per mesi e mesi su appunti
su qualsiasi notizia di Peron o di Piras, anche le più significanti
un giorno sarebbero potute servire. Grazie a conoscenze di parenti
e amici di famiglia riesco a farmi ricevere da anziani che prima non
accettavano di parlare della questione.
Visito tutte le case degli emigrati, è commovente sentire parlare
di questi parenti lontani, in molti non sono più rientrati
dalla dura emigrazione.
Forse una delle cose che più mi appassiona sono gli emigrati,
il loro stare lontani, dai loro affetti con la nostalgia struggente
nel cuore.
L'emigrazione un disastro affettivo di un popolo intero. Durante tutti
quegli anni ho ascoltato centinaia di storie vissute nell'attesa di
rivedere i loro cari emigrati, che all'alba nella chiesa di Santa
Maria, nel giorno della loro partenza da Mamoiada, promettevano solennemente
ai loro parenti e amici che sarebbero rientrati, invece per quasi
tutti non fu così.
A volte durante le interviste mi chiedevo che diritto avevo di infrangere
quei loro momenti intimi appesi tra l'oblio ed il ricordo dei cari
lontani, soprattutto quando le donne piangevano sommessamente con
orgoglioso silenzio.
Dopo qualche anno dall'inizio della ricerca, mi sto preparando per
andare a parlare con Juan Peron, vengo a sapere che vive a Madrid
in esilio. Era mia decisa intenzione conoscerlo e guardandolo in faccia,
dritto negli occhi dirgli: "Sono venuto dalla Sardegna, precisamente
da Mamoiada, ti porto i saluti di queste persone che ti ricordano
"
Ero curioso di vedere che faccia avrebbe fatto; in quel momento avrei
avuto la conferma se Juan Peron era stato Giovanni Piras, e se così
fosse gli avrei aggiunto: "So che è un tuo segreto, puoi
stare tranquillo che non dirò niente a nessuno". E così
avrei fatto come a molti emigrati. Finalmente riesco a trovare lettere
che Giovanni Piras scriveva dall'Argentina ai suoi familiari, finalmente
posso vedere la sua grafia ed il suo affetto verso i familiari.
Le conservo per qualche giorno e le custodisco come reliquie, faccio
autentificare le fotocopie poi le restituisco a chi fidandosi me le
aveva consegnate, dandomi la possibilità un giorno di poterle
analizzare.
Tre anni dopo l'inizio della ricerca, qualcuno mi racconta che l'avvocato
Nino Tola, corrispondente del quotidiano L'Unione Sarda aveva scritto
un articolo sulla vicenda. Dopo vari tentativi riesco ad incontrarlo
nel suo studio di Nuoro e seppur mi conferma di aver scritto uno o
due articoli, non ricorda in quale anno.
Finalmente dopo mesi di ricerche trovo l'articolo corredato con la
fotografia di Giovanni Piras, è per me una grande emozione
vedere l'immagine della persona che stà assorbendo gran parte
della mia vita. I miei pensieri giornalieri sono costantemente rivolti
verso di lui, l'immagine prima astratta e immaginaria adesso si è
materializzata nelle pagine di un giornale. Vedo il viso fiero e deciso
di Giovanni Piras di colui che nei sogni di quando ero bambino avrebbe
aiutato il paese di Mamoiada in caso di necessità. Il primo
articolo titola: - nato a Mamoiada il dittatore Juan Peron? -. Il
secondo: - Divisa Mamoiada in "peronisti" e "non peronisti"-.
Proseguo la ricerca di documenti in ogni sede possibile, per tre mesi
quasi tutti i giorni sono nell'archivio della curia vescovile di Nuoro,
sfoglio per ore ed ore i grossi libri dove vi sono registrati gli
atti religiosi degli abitanti della provincia di Nuoro.
Una fredda mattina d'inverno trovo il certificato di cresima n. 466
nel quale di attesta che Piras Giovanni di Antonio riceve la cresima
il giorno: "8 ottobre 1895" anche qui la combinazione vuole
che questa identica data, del giorno mese ed anno appartenga alla
vita Peron ed esattamente alla sua data di nascita ufficiale. Penso
che quando una persona vuole cambiarsi identità, appare chiaro
che debba inventare per prima cosa la data di nascita, ed anche qui
Peron non finisce di stupire, per tenersela bene a mente e per il
credente qual'era ha utilizzato quella in cui un cristiano al momento
della cresima suggella il battesimo e rinasce a nuova vita.
Juan Peron termina l'esilio, dopo ben 17 anni viene richiamato in
Argentina a furor di popolo. Riesco a trovare credenziali che mi permettono
di essere ricevuto da lui, ma il 1 luglio del 1974 purtroppo muore
lasciando dentro me l'amarezza di non essere riuscito a parlargli
per s velare, almeno a me stesso questo mistero. Proseguo la ricerca,
parlo della questione Peron-Piras con l'ambasciatore argentino a Roma,
combinazione vuole che qualche mese dopo ricevo delle lettere in cui
intimano di smettere la ricerca.
Un giornale quotidiano per cui collaboravo come corrispondente per
la Sardegna mi toglie la tessera e mi comunica la fine del rapporto
di collaborazione. Restituisco la tessera con dispiacere, sono deluso,
mi sento sconfitto ma non mi arrendo, proseguo comunque costantemente
la ricerca. Chissà se Peron ha un ruolo in queste difficoltà
che stò incontrando.
Anche se Peron è morto parto ugualmente a Madrid dove vi ha
soggiornato. Sono nel quartiere Puerta de Hierro (Porta di Ferro)
in una di queste ville vi ha abitato Peron in esilio. Mi arrampico
sul muro per vedere meglio, faccio qualche foto alla casa, quando
stò per andare via tre uomini mi fermano e mi perquisiscono,
sono agenti in borghese, a loro non interessa la macchina fotografica,
probabilmente cercano armi, vogliono sapere chi sono e come mai la
mia attenzione è rivolta verso lo "chalet 17 ottobre"
così denominato in onore della data di liberazione di Juan
Peron arrestato qualche giorno prima in seguito ad un colpo di stato.
Tempo dopo in camera oscura, quando stampo le foto mi accorgo ciò
che nella ripresa, per la fretta di scendere dal muro, mi era sfuggito.
La casa di Juan Peron ha una scala del tipo a "bicocca".
Una piccola scala che porta dal pianterreno del giardino al piano
rialzato, poco dopo osservando una vecchia foto della casa dove abitava
Giovanni Piras in via Calzolai, noto con sorpresa che anche quella
è fornita di una scala del tipo a "bicocca".
In Peron ancora una volta ha giocato la molla della nostalgia, oppure
è stato il subconscio ad influire nella costruzione della scala?
Finalmente riesco a trovare la grafia di Peron, sono delle lettere
che aveva scritto al suo caro amico Jorge.
Pochi mesi dopo un perito, il comm. Giovanni Pirisino, di Sassari
esperto e stimato professionista soprattutto nel campo legale in quanto
è richiesta la sua opera anche dai tribunali, confronta la
scrittura di Giovanni Piras con quella di Juan Peron e nella sua analisi
conferma e conclude che sono state scritte dalla stessa mano. Anche
questi risultati mi incoraggiano a proseguire. Proseguo la ricerca
tra entusiasmi e delusioni; un pomeriggio assolato ho la fortuna di
essere ricevuto da tziu Francesco Piras un uomo molto anziano e con
buona memoria.
Da giovane faceva il fabbro ferraio e per passatempo continuava ancora
a fare lavoretti, aveva appena finito di preparare gli arnesi e mentre
attizzava i carboni, ni raccontava dei suoi ricordi e della sua adolescenza.
Si ricordava di tutti i suoi coetanei e mi disse i nomi uno per uno,
si ricordava anche dei suoi maestri alle elementari i maestri Denti
di Ottana e Satta di Luras, la sua memoria è stupefacente.
Era interessante vederlo armeggiare con il mantice, poi vibrare colpi
decisi e sicuri a quel pezzo di ferro incandescente e anonimo che
sull'incudine piano piano colpo su colpo prendeva forma e diventava
un ferro di cavallo.
Si ricordava anche dei suoi amici che partirono in Argentina, e di
una sera d'estate del 1909 quando con la tristezza nel cuore andarono
tutti a casa sua per il commiato.
Entrò per primo Francesco Gregu, poi seguirono Andrea Canneddu,
Giuseppe Turudda, Giovanni Lai con il sopranome di Canela, Vicenzo
Mele, Giovanni Muggittu, Piero Deiana ed altri ancora.
Nel mentre che immergeva il ferro per raffreddarlo dentro una conca
di granito pieno d'acqua, anche se avevo capito bene gli chiesi di
ripetere il sopranome di Giovanni Lai, è tziu Francesco fermandosi
un attimo mi risponde: Canela, Giovanni Lai Canela, fratello di Maria
Itria Lai.
Per un attimo rimasi perplesso a guardare il fumo che saliva lento
dal granito verso il pergolato del cortile dove solitamente sopra
un grosso ramo di vite dormiva tranquillo un gatto. Il nome Canela
mi rimbalzava dentro la testa, era un nome che avevo già sentito
nella vita di Juan Peron ma cosa poteva essere questo Canela. Rientro
subito a casa ed inizio a rovistare in un armadio dove custodivo le
notizie su Peron, finalmente ecco Canela, in una fotografia ripresa
nella villa di Madrid, Peron tiene in braccio un piccolo cane, un
barboncino chiamato Canela. Cosa significasse o quale favore gli abbia
fatto Giovanni Lai Canela a Piras-Peron questo non lo sappiamo, è
certo comunque che per ricordarlo chiama con il soprannome dell'amico
il cagnolino a cui Era tanto affezionato. Un segno di stima e amicizia
che ritroviamo ancora oggi soprattutto nell'ambiente agro-pastorale
della Sardegna.
Nella sua monumentale biografia scritta a Madrid, Peron racconta che
una sua zia di nome Anna Vicenza gli aveva insegnato il catechismo,
Piras in una lettera alla madre del 1911, chiede che vengano dati
i saluti anche a sua zia Anna Vincenza. La mente di Juan Peron è
incredibile, dopo la morte ha fatto imbalsamare Evita e per paura
che gli oppositori politici facessero scempio del suo corpo ha fatto
fare altre quattro copie precise identiche di quella che fu l'idolo
dei descamisados e dei poveri argentini.
Dopo questa operazione strategica ad eccezione di Peron e del chirurgo
spagnolo imbalsamatore Pedro Ara, nessuno altro riusciva a riconoscere
il vero corpo di Evita dalle copie che sono state portate clandestinamente
in vari paesi diversi, fra cui la Germania, la Spagna e l'Italia.
Ogni tanto la stanchezza di questa storia mi prende e mi attanaglia
i pensieri, giorno dopo giorno il mio pensiero è sempre verso
Peron-Piras, tante volte ho pensato di abbandonare la ricerca. Vari
amici e paesani mi prendono in giro.
Un editore Argentino è interessato alla traduzione ed alla
divulgazione in Sud-America.
Ma inspiegabilmente durante la mia permanenza a Buenos Aires saltano
tutti gli accordi tra i due editori. Per il momento, mi dice una persona
molto influente, il popolo argentino non deve conoscere questa storia.
Un giorno mi reco al cimitero della Chacharita dove è sepolto
Peron-Piras per portargli un mazzo di fiori e nei 20 minuti circa
di mia permanenza vicino alla tomba, moltissime persone di ogni ceto
sociale fanno lo stesso: un mazzo di fiori ed una preghiera come fosse
un loro caro defunto. Sono stupito, non l'avrei mai immaginato.
Un giorno conosco un gruppo di donne che manifestava davanti alla
"Casa Rosada", sono le "Madres de Plaza de Majo"
le mamme dei Desaparecidos, non avevo mai sentito parlarne. Le vidi
da lontano, per protesta giravano attorno ad un obelisco, avevano
delle fotografie nel petto, pensai che fossero delle immagini di santi,
una processione religiosa come tante che si possono svolgere in nazioni
cattoliche, inizio a fotografarle, e mentre ero intento a fare fotografie
alcune donne si sono avvicinate preoccupate domandandomi che ero,
rispondo: sono un turista italiano, poi facendosi avanti, una donna
di circa 60 anni mi domanda di quale regione. Rispondo sorpreso che
vengo dalla Sardegna. Quasi non avevo terminato di dirlo che questa
donna dicendomi in lingua sarda: "Vizu meu eo puru so sarda"
(Figlio mio anch'io sono sarda), mi abbraccia piangendo e fra lo stupore
delle altre Madres mi racconta che emigrò giovanissima da Tresnuraghes
(Oristano) con il marito e il figliolo Martino di pochi mesi e ancora
in fasce, quel povero suo figlio che non rivedrà mai più,
sequestrato da sconosciuti e divenuto Desaparecidos.
Qualcuno si interessa di tutti i miei spostamenti, vengo preso in
"consegna" da una persona che dopo alcuni giorni mi dice
la frase: "Trentamila desaparecidos o trentamila e uno in Argentina
è la stessa cosa", mi convinse che è meglio rientrare
in Italia.
Capisco in seguito che chi si è interessato alla mia partenza
dall'argentina mi ha voluto bene come ad un figlio, li non mi rendevo
conto di essermi messo dentro un ingranaggio molto più grande
dime.
L'emozione per la tragica fine di questi ragazzi mi fa appassionare
alle loro storie, in seguito rientrato in Italia pubblico il libro
"30.000 Desaparecidos" un reportage di fatti realmente accaduti
durante la dittatura militare argentina, con le immagini inedite della
prima marcia della resistenza. Nonostante siano passati 20 anni dal
mio rientro, ho ancora dentro il cuore una grande affezione verso
l'Argentina.
Per quanto riguarda la questione "Juan Peron era Giovanni Piras",
la ricerca è destinata a continuare ancora anche perché
ogni giorno nuove notizie si aggiungono continuamente a questa arcana
storia.
In questi mesi il mistero sul luogo di nascita dell'ex presidente
argentino Juan Peron continua e si infittisce ulteriormente. Il sindaco
di Lobos: Juan Erriest è alla disperata ricerca di documenti,
che comprovino la venuta al mondo di Peron nel suo paese ma nel registro
di stato civile non esiste nessun atto di nascita. Dopo Lobos (B.Aires)
paese della nascita ufficiale di Juan Peron anche Jeorge Cravero il
sindaco del comune di Roque Perez, da alcuni giorni ha fatto solenne
e formale richiesta al parlamento argentino affinché il paese
di nascita venga riconosciuto come Roque Perez e non Lobos. La guerra
di documenti che si promette senza precedenti è causata da
un decreto legge della "Camera dei Deputati" approvato anche
dalla "Camera Alta", in cui si chiede che la casa natale
dell'ex presidente Peron sia dichiarata "Monumento Storico Nazionale".
Una diatriba difficile da stabilire per i molteplici interessi ideologici
ed economici che ruotano intorno al luogo di nascita dell'ex presidente
argentino, basti pensare che nelle ultime elezioni i seguaci di Peron
hanno ottenuto oltre 13 milioni di voti.
Sopra tutte le parti si pronuncerà il presidente della Commissione
degli Interni e della Giustizia Josè Maria Garcia, in una udienza
pubblica che si terrà fra breve per dirimere la controversia.
Durante la sua presidenza, Peron ha aiutato molte comunità
di emigrati sardi e per camuffare la particolare affezione che aveva
verso di essi, amava raccontare che il nonno proveniva da un isola
chiamata Sardegna. Non poteva certo dire che egli stesso era sardo,
un povero contadino emigrato in Argentina nel 1909 per poter accedere
all'accademia militare, riservata solamente a cittadini nati in Argentina,
è costretto a cambiarsi nome e nazionalità.
Nel libro vi sono scrupolose ricerche sul nonno ed anche qui è
confermata l'inesistenza del fantomatico avo esule, stando ai racconti
di Peron, in seguito ad una contestazione verso il governo di quel
tempo.
Poco prima di partire Giovanni Piras ottiene dalla madre Marianna
Massidda la benedizione ed un anello d'oro con scolpite le iniziali
del nome e del cognome : "M.M." che avrebbe potuto vendere
solo in caso di necessità ed un anello d'oro con le stesse
iniziali è conservato fra i beni personali del presidente Peron
dentro una stanza che si sarebbe dovuta aprire a 10 anni dalla morte,
ossia nel 1984.
Mi trovavo in quel periodo in Argentina proprio per poter visionare
i beni culturali di Peron, ma il governo del tempo presieduto dal
peronista Menem ha deciso di posticipare l'apertura al 1994, poi in
quello stesso anno, Menem ancora al potere ha ulteriormente slittato
l'apertura della stanza al 2004.
Una donna argentina per questioni legate ad una eredità ha
chiesto la prova del DNA sul corpo di Peron, la magistratura ha dato
il benestare ma la "Guardia Peronista" opponendosi con tutte
le sue forze non ha permesso il sacrilegio sul corpo del loro leader.
Questa sarebbe stata una seria occasione per provare in modo scientifico
se Juan Peron era stato Giovanni Piras. Le poche persone che conoscevano
il segreto che Peron era Piras sono Salvatore Dui di Lula, scrittore
e ideologico del peronismo , una personalità di grande influenza
nella vita politica argentina e massimo consigliere culturale di Juan
Peron, l'altro e non da meno fiducia, era stato Peppe Zidda di Orune,
a cui Peron dopo il colpo di stato e durante il suo lungo esilio affidò
la cassa del partito peronista, Peppe Zidda da buon sardo tenne fede
alla parola data ed invece di rientrare ad Orune e vivere da ricco,
riconsegnò i soldi ai dirigenti peronisti.
Peron rientrato in patria dopo ben 17 anni di esilio in segno di riconoscenza
gli diede una carica nel "Ministero del Lavoro", il grado
di ufficiale ed un lasciapassare per poter accedere in qualsiasi momento
nella Casa Rosada. A B. Aires in un intervista rilasciata qualche
anno prima di morire, tziu Peppe Zidda racconta che Peron in origine
era Piras e proveniva da Mamoiada.
Spero che questa storia faccia sognare i nostri emigrati, sapere che
uno dei tanti giovani partiti con niente sia riuscito a realizzarsi
è sicuramente uno stimolo per sognare un avvenire migliore
a chi è lontano dalla Sardegna lontano dai propri cari.
E' difficile riuscire a divulgare in Argentina e nel mondo la questione
che Juan Peron era stato Giovanni Piras un umile contadino della Sardegna
centrale, emigrato nel 1909 in Argentina. Per far conoscere la notizia
è stato creato un sito il cui indirizzo è www.peron-piras.it
L'articolo
è tratto da: Almanacco Gallurese - Giovanni Gelsomino Editore
Si ringrazia l'autore Peppino Canneddu per la cortese collaborazione
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