Lettera aperta al ministro Beppe Fioroni


Budoni 6 settembre 2007


Gentilissimo Ministro Fioroni,

quando, anni addietro, sentii il bisogno di scrivere una lettera aperta al ministro Berlinguer, prima, e al ministro Letizia Moratti, poi, ero ancora tra e con gli alunni.
Oggi sono un’insegnante elementare in pensione e la lettera aperta - che sento il bisogno urgente di scrivere per le novità che bussano prepotenti alla porta - la indirizzo, ovviamente, a Lei.
Lo faccio, come ieri, spinta dalla stessa esigenza alla quale non sono mai riuscita a sottrarmi. Avendo scelto, da sempre, di pormi dalla parte dei bambini - di quelli che, non avendo ancora diritto al voto, sembrano contare poco, nonostante i discorsi infarciti, all’occorrenza, di psicologia e di buone intenzioni –, ho sentito continuamente - e lo sento ancora - il dovere di dar voce alla loro voce.
L’essere dalla parte dei bambini sempre e comunque è una scelta di vita che non conosce pensionamento. Perciò, annusata l’aria di novità e considerata l’importanza di determinati problemi ancora sul tappeto … eccomi qui, ancora una volta. Ed ora è Lei il mio interlocutore.
Sono andata in pensione dopo oltre 35 anni di lavoro.
Un lavoro che, potendo tornare indietro, sceglierei nuovamente e senza tentennamenti, a dispetto di uno stipendio che consente solo il necessario e nonostante i vari problemi scolastici irrisolti che, da sempre, la scuola ha denunciato e continua a denunciare perché o le risposte non arrivano o, quando arrivano, rimangono sulla carta come buon proposito e basta.
Scelgo di porre inizialmente sul tavolo della “discussione” - che, sono certa, La vedrà attento ascoltatore - il problema dell’edilizia scolastica. Che troppi edifici scolastici non siano a norma, lo si sa da tempo. La scuola – scrissi in seguito al crollo della scuola di San Giuliano, che causò il disastro immane che tutti conosciamo e per il quale nessuno è stato ritenuto responsabile – dovrebbe essere, dal punto di vista strutturale, il luogo più sicuro. Più della nostra casa. Non lo era ieri, non lo è, oggi. Non è cosa da poco, considerato il fatto che sia gli alunni che i docenti (e non solo) vi trascorrono gran parte del loro quotidiano. Intervenire quando crolla la scuola seppellendo la vita, quando cade il tetto o l’umidità passa dalle pareti delle aule alle ossa dei nostri figli o alunni – per fare solo tre esempi - non significa risolvere ma tentare di tamponare . E questo Lei, ministro Fioroni, lo sa meglio di me.
La domanda da porsi è la seguente: Chi, adulto o bambino, è capace di dare il meglio di sé quando l’ambiente nel quale ci si muove, e si è costretti a stare, non risponde alla logica dell’accoglienza? Non basta, mi creda, il sorriso degli insegnanti, la capacità di inventare, di volta in volta, giochi di movimento per allontanare il freddo o l’umido. Così come condiziona non poco lo spazio davvero limitato per alunno… in aule diventate troppo piccole perché costrette a contenere classi
numerose .
A tutto questo - considerato il fatto che ciò ha una ricaduta sia sull’insegnamento che sull’apprendimento - nel suo recente decreto legge sulla scuola, si fa riferimento? O, per mettere a norma gli edifici scolastici, si continuerà a rimandare il rispetto delle legge – perché la normativa sull’edilizia scolastica esiste da tempo immemorabile – di anno in anno?
Poiché non credo d’essere una sprovveduta, non Le suggerisco di tenere chiuse le scuole “non a norma”, ma di fare l’impossibile affinché nel periodo estivo venga risolto, una volta per tutte, il problema. Che è un problema serio, urgente, necessario.
Mentre scrivo non ho mentalmente l’indice puntato. Non è nel mio stile. E tutto ciò che ho appena espresso non vuole essere un rimprovero - considerato il fatto che Lei ricopre la carica di ministro da poco più di un anno - ma risponde alla necessità di richiamare l’ attenzione, Sua, del Governo, delle Province e dei Comuni, su un problema – quello della sicurezza - che, a mio parere, è prioritario.
Per quanto riguarda ciò che Lei ha avuto occasione di dirci circa le novità che caratterizzeranno la sua-nostra nuova scuola, e che da alcuni sono state interpretate come “un ritorno al passato”, non posso che dirle “GRAZIE”.
Grazie, soprattutto, per averci riconsegnato le 40 ore settimanali.
Grazie per aver restituito dignità alla scuola.
Grazie per aver smantellato l’assurda scuola delle tre I: informatica, inglese, impresa. “Già il termine impresa – scrissi nella lettera aperta indirizzata al ministro Moratti – è un delirio, qualunque significato si intenda attribuire alla parola. Tutto fa pensare ad una scuola che, più che invitare gli alunni a portar fuori la creatività, piuttosto che far emergere e rafforzare le potenzialità individuali, mira alla formazione di un cittadino sensibile non tanto alla cultura ma alla produzione o allo scambio di beni e servizi”.
E scrissi ancora, a proposito della lingua inglese: “Invece di sentire l’urgenza di parlare con enfasi della lingua inglese da insegnare fin dal primo anno della scuola primaria , perché non sentire la necessità di sollecitare un ritorno alla lingua italiana, per insegnare, fra l’altro, l’etimologia delle parole? Mi creda la confusione regna sovrana. Diventa sempre più difficile comunicare. Non ci si intende… Non capiamo più quale sia il significato delle parole “diritto” e “privilegio”, non distinguiamo più la differenza tra “diversità” e “disuguaglianza”, ci confondiamo quando parliamo del significato delle parole “guerra” e “pace”, sembrano sinonimi le parole “elemosina” e “solidarietà”.
Ricordo che terminai la lettera aperta indirizzata al ministro Letizia Moratti con un pesante “non sufficiente” riferito alla Sua riforma.
Pareva incredibile, ma era stata capace di dar “vita” ad una scuola senz’anima . La signora ministro tra un computer – il cui impiego era ed è certamente importante , e che quasi tutti i ragazzi possiedono e sanno utilizzare spesso meglio degli insegnanti – e una piccola biblioteca per classe… aveva scelto il computer!, compiendo così una scelta infelice, quasi drammatica.
Così come era certamente infelice la figura del tutor e le mille altre incombenze che aveva saputo inventare in quella “nuova” scuola ricca solo – così Le scrissi - di confusione ed amarezza.
Per un attimo ho avuto la piacevole sensazione che Lei, ministro Fioroni, avesse avuto occasione di leggere, su Internet, la lettera aperta che scrissi alla Moratti e avesse deciso, con la sua riforma, di realizzare la scuola dei miei sogni: quella del proporre, del condividere, del fare… in un clima di reciproco rispetto. Certamente non è questo che è accaduto. Più semplicemente Lei ha riflettuto quel tanto che basta per capire che, partendo dalla scuola del ministro Moratti, era necessaria una marcia indietro che conducesse avanti, in quei luoghi dove è possibile vedere meglio, vedere oltre e, soprattutto volare alto… pensando ad altro .
Non, perciò, a una scuola-azienda, ma alla scuola della partecipazione vera: quella della mente e del cuore per intenderci, che non ha necessità di continue riforme ma di serietà e di una reale e reciproca voglia di dare e prendere, nella consapevolezza che insegnare ed imparare è bello.
E’ la sola scuola che può avere un senso, che lascia un traccia profonda, che rende migliori perché consapevoli.
Capaci, cioè, di vedere, di capire, di realizzare e, all’occorrenza, di scegliere.
Di impegnarsi sempre, anche e soprattutto quando ciò che accade nel mondo irrompe nella vita di tutti come un macigno. Oggi più di ieri è necessario parlare di sentimenti, di emozioni, di stupore, di pace. Di obiettivi da porsi e da raggiungere con l’ impegno e lo sforzo necessari.
Oggi più di ieri la scuola deve riconquistare lo spazio che le è stato sottratto e, spesso, negato.
In conclusione: la scuola che io ho sempre testardamente sognato assomiglia incredibilmente alla “sua” scuola. Non sarà – lo so bene - una scuola severa. Sarà semplicemente una scuola seria che serenamente affronterà il suo compito: che è quello di contribuire a rendere realmente migliore il mondo nel quale viviamo.
Tiziano Terzani, fra le tante meraviglie, ha scritto:
“Educhiamo i nostri figli ad essere onesti, non furbi. Facciamo quello che è giusto, invece di quel che ci conviene…”.
Dovremmo ricordarlo sempre. Tutti. E la “sua” scuola mi sembra davvero un buon inizio…
Cordialmente.

Rosalba Satta