A due mesi dal sequestro, non si hanno ancora notizie dell’allevatore Giovanni Battista Pinna. Ma, mentre la grande stampa nazionale continua ad ignorare questa toccante vicenda, i “fedales” del rapito sfilano per le strade di Bonorva chiedendo a gran voce: liberatelo! di Rina Brundu Eustace Nella Sardegna interna le storie che si rincorrono sono sempre quelle. Benché molto piccola conservo ancora, nitido, il ricordo dei gruppetti di persone che, lungo le strade del paese, si formavano per commentare la notizia del giorno: il rapimento dell’industriale tortoliese Attilio Mazzella! Ricordo anche il caratteristico rumore degli elicotteri che dall’alto spiavano le valli e i canyon nascosti del Gennargentu: solcavano il cielo terso ogliastrino procurando un’insolita cacofonia che, di fatto, impediva di ascoltare gli altri dettagli di quel drammatico fatto di cronaca. Gli anni ’70 furono particolarmente “operosi” per l’Anonima Sarda che aveva trovato nei ricchi continentali da sequestrare la sua miniera d’oro. Mi tornano in mente, tra gli altri, il rapimento di Dori Grezzi e di Fabrizio de André e quello del piccolo Luca Locci portato via dai suoi carcerieri durante la partita Italia-Brasile, mondiali del’78. Anche nel ventennio successivo non mancarono i colpi “importanti”; Silvia Melis invece la rapirono quando già mi trovavo in Irlanda. Conoscevo Silvia, non di persona, ma avevamo frequentato la stessa scuola, stesso anno sezioni diverse, l’orizzonte di riferimento pure (forse). Come tutti in Ogliastra (e non solo) tenni le dita incrociate per lei che finalmente poté rivedere i suoi cari nel novembre del 1997. Poi, tra alti e bassi, quelle antiche, indegne faccende inopportunamente caddero nel dimenticatoio. O quasi. A nostra discolpa si potrebbe forse dire che è stata la speranza di cambiamento a procurare l’illusione: fino allo scorso 19 Settembre almeno; ovvero, fino a quando il rapimento dell’allevatore di Bonorva Giovanni Battista Pinna (detto Titti) non ha sfondato la sottile parete che è tipica della normalità solo apparente. E la Storia si ripete. Nel silenzio. La storia si ripete nel silenzio angosciato di chi aspetta un segnale di speranza, come sempre accade nella Sardegna altra rispetto alla corte godereccia e festaiola della Costa Smeralda; o, per converso, nel mutismo indifferente della maggior parte degli organi di Stampa continentali che, quando va di lusso, consegnano “all’occhiello” di rito il compito di raccontare le “cose” sarde. Colpisce, per esempio, il contrasto sonoro tra le grida, gli schiamazzi, le risate quasi oscene che, durante l’estate appena finita, ingrossavano il fiume in piena dei servizi giornalistici e televisivi, reportage, inchieste-in-deep condotte da tipini fini, raccontastorie esotici sempre cool, baldi inviati oltre Tirreno eroici nel riportare fatti e misfatti dell’estate VIP gallurese e l’aria quasi immota che circonda questo triste avvenimento. Quanti continentali sono a conoscenza del fatto che Titti è stato rapito? Forse, neppure tutti i sardi lo sanno! Non che un dignitoso silenzio non sia da preferirsi alle tirate retoriche, alle dichiarazioni ad hoc del politico di turno, agli indegni tentativi di strumentalizzazione, ma la necessità di procedere con i piedi di piombo con un questione tanto delicata non può diventare scudo per nascondere un pressappochismo mediatico francamente incomprensibile. L’impressione, rafforzata da un inconscio raffronto con il clamore suscitato da episodi criminali simili accaduti negli ultimi tempi fuori dal territorio della Repubblica, è che esistano sequestri (e quindi sequestrati) di serie A (“notiziabili” e perciò in grado di diventare il Caso del giorno) e sequestri (e quindi sequestrati) di serie B (che non fanno più notizia in quanto parti fastidiosi di miseria conclamata), con quelli sardi che vanno immediatamente a confluire in questa seconda categoria. E la storia si ripete. Appunto. Anche per questi motivi mi piace dunque ricordare la grande manifestazione che si è tenuta a Bonorva solo pochi giorni fa, il 7 Novembre. Un’occasione d’incontro importante a cui hanno partecipato numerosi nomi noti isolani e diversi ex sequestrati. Ma, lo confesso, a toccare la mia immaginazione sono stati soprattutto gli striscioni d’affetto che chiedevano la sua liberazione, preparati dai “fedales” di Titti. “Fedale” in sardo significa “coetaneo”, ma in realtà la portata del significato è più ampia (come spesso accade con le parole il cui suono tocca il cuore prima ancora che il cervello ne decodifichi il senso). I “fedales” sono quelli che s’incontrano per lo più il primo giorno di scuola e diventano uomini/donne insieme a noi. Con i “fedales” ci si fa coraggio per “abbordare” le prime ragazze (o i ragazzi), si gioca a calcetto (o a pallavolo), si va (o si andava?) a Cagliari per la visita militare dopo avere passato la notte precedente il viaggio a bere birra e a dire addio ad una adolescenza quasi finita. A mio modo di vedere quindi, è importante che i “fedales” di Titti fossero in prima a fila a chiederne la liberazione. E’ importante perché sono nati nel 1969, ci rappresentano (senz’altro mi rappresentano), rappresentano una generazione sarda adulta ma ad un tempo giovane abbastanza da poter diventare pedina decisiva nel necessario processo di cambiamento delle viziose dinamiche che ancora oggi governano la Sardegna interna. Ed è importante perché la loro presenza dice molto della capacità di noi sardi di crescere, di cambiare, di fare mea colpa e di rigettare le esagerazioni (e degenerazioni) tipiche di quella “balentìa” che resterà per sempre componente fondamentale della nostra “sardità”. Ma, soprattutto, è importante perché, a dispetto dell’indifferenza del carrozzone mediatico nazionale, il loro partecipe sfilare durante la manifestazione di Bonorva (insieme a quello di ogni altro sardo di buona volontà) racconta di un beneaugurate saper agire che va oltre l’attendistico incrociare le dita dei tempi passati e di cui si è già detto. Ancora, diventa modello da imitare, mirabile esempio di forza paris. Liberate Titti Pinna dunque!
Liberatelo subito! Restituite Titti alla sua famiglia, perché,
come si leggeva sugli striscioni dei suoi coetanei: “Sequestrando
Titti sequestrate tutta la Sardegna”. E di questa nuova vergogna,
la nostra isola bellissima non ne ha davvero bisogno! Rina Brundu Eustace Ringrazio l'amica Rina e condivido completamente
l'articolo. (l.l.) |