NUORO. In una
mini-sala conferenze improvvisata nel Man, con la cornice delle opere di
Ballero, Biasi, Dessanay e Congiu Pes, è stato presentato ieri mattina il
nuovo compact disc di Maria Giovanna Cherchi, giovane cantante di Bolotana,
già conosciuta al pubblico appassionato di musica e tradizione per aver
interpretato la sigla della passata edizione della trasmissione tv «Sardegna
Canta», con una canzone intitolata «Unu frore che a tie». E' questa la
canzone che dà il titolo al disco, un disco molto particolare: un insieme di
sonorità nuove e antiche che però trovano un giusto equilibrio,
Un esperimento ben riuscito, che, nelle speranze della giovane artista,
«dovrebbe raggiungere l'interesse dei giovani, incuriosire i non
appassionati, senza però disturbare i più intransigenti, gli intenditori».
E' un grande obiettivo, ma non irragiungibile: oltre agli inediti, infatti,
Maria Giovanna reinterpreta magistralmente alcune canzoni già conosciute e
apprezzate dal pubblico, come, per esempio, «Ardia», di Marras-Pillonca, già
quasi diventata l'inno della omonima manifestazione che si tiene a Sedilo,
proprio in questo periodo; o come la popolarissima «Procurade'e moderare»,
che cantato dalla Cherchi insieme a Marras diventa un festoso ballu tundu.
Ma ci sono delle sorprese: una forte contaminazione spagnoleggiante, voluta,
con richiami al tango, specialmente nella canzone «Maria'e su sole»
rappresenta quel fenomeno che sta cambiando il modo di concepire l'arte nel
mondo, e che si chiama "glocalizzazione",ovvero il contrario della
globalizzazione, dell'omologazione: la rivalutazione del locale a livello
globale, l'apertura a 360º senza mai rinunciare ad una propria identità. E'
riuscita in questo intento Maria Giovanna Cherchi, con la sua voce e il suo
aspetto di giovane ventiquattrenne non globalizzata? ci sono riusciti Marras
e Pillonca, con la musica e le parole di chi ha visto il mondo, ma resta
innamorato della propria terra. Con i suoi lunghissimi capelli sciolti sulle
spalle e con i suoi grandi occhi scuri, Maria Giovanna Cherchi ricorda un
po' la bellezza naturale, senza artifici di Maria Carta: forse lo sa,
probabilmente ne va fiera. Ma c'è un'altra cosa che la accomuna alla grande
cantante scomparsa: la voce calda e melodiosa, e la passione per il canto,
per la tradizione, per la nostra terra e la sua lingua.
«Probabilmente è davvero l'erede di Maria Carta - dice Piero Marras - e
potrebbe riempire quel vuoto che lei lasciò, come unica vera interprete
femminile della canzone in Sardegna; e questo perché è autentica, è un
personaggio non costruito, è genuina come un fiore; ho scritto "Unu frore
che a tie" pensando a queste sue caratteristiche, è la canzone del disco che
meglio la rappresenta».
Paolo Pillonca cita un antico proverbio: «Cun sa virtude si campada in donzi
tempusu e logu» parlando di questa giovane artista, che «ha una grande
occasione davanti a sé, perché se riuscirà a mantenere questa semplicità,
questa virtù che la rende così speciale, si farà voler bene dal suo popolo,
e ne diverrà la portavoce».
Una domanda sorge spontanea. Cosa c'è di diverso fra maria Giovanna e una
delle tante coetanee che vanno via dalla propria terra sognando un futuro da
pop-star, magari cantando in inglese? «Non lo so - risponde - io non ho mai
pensato di cantare in nessun'altra lingua, forse qualcosa in italiano, ma la
mia passione è questa. Lo faccio da quando avevo sei anni, e da allora non
ho mai smesso».
Alessandra Corrias
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