Maria Giovanna Cherchi

Una stella nel mondo musicale isolano

Sonorità nuove e antiche
Presentato il cd di Maria Giovanna Cherchi
(La Nuova Sardegna 03 giugno 2002)

NUORO. In una mini-sala conferenze improvvisata nel Man, con la cornice delle opere di Ballero, Biasi, Dessanay e Congiu Pes, è stato presentato ieri mattina il nuovo compact disc di Maria Giovanna Cherchi, giovane cantante di Bolotana, già conosciuta al pubblico appassionato di musica e tradizione per aver interpretato la sigla della passata edizione della trasmissione tv «Sardegna Canta», con una canzone intitolata «Unu frore che a tie». E' questa la canzone che dà il titolo al disco, un disco molto particolare: un insieme di sonorità nuove e antiche che però trovano un giusto equilibrio,
Un esperimento ben riuscito, che, nelle speranze della giovane artista, «dovrebbe raggiungere l'interesse dei giovani, incuriosire i non appassionati, senza però disturbare i più intransigenti, gli intenditori».
E' un grande obiettivo, ma non irragiungibile: oltre agli inediti, infatti, Maria Giovanna reinterpreta magistralmente alcune canzoni già conosciute e apprezzate dal pubblico, come, per esempio, «Ardia», di Marras-Pillonca, già quasi diventata l'inno della omonima manifestazione che si tiene a Sedilo, proprio in questo periodo; o come la popolarissima «Procurade'e moderare», che cantato dalla Cherchi insieme a Marras diventa un festoso ballu tundu. Ma ci sono delle sorprese: una forte contaminazione spagnoleggiante, voluta, con richiami al tango, specialmente nella canzone «Maria'e su sole» rappresenta quel fenomeno che sta cambiando il modo di concepire l'arte nel mondo, e che si chiama "glocalizzazione",ovvero il contrario della globalizzazione, dell'omologazione: la rivalutazione del locale a livello globale, l'apertura a 360º senza mai rinunciare ad una propria identità. E' riuscita in questo intento Maria Giovanna Cherchi, con la sua voce e il suo aspetto di giovane ventiquattrenne non globalizzata? ci sono riusciti Marras e Pillonca, con la musica e le parole di chi ha visto il mondo, ma resta innamorato della propria terra. Con i suoi lunghissimi capelli sciolti sulle spalle e con i suoi grandi occhi scuri, Maria Giovanna Cherchi ricorda un po' la bellezza naturale, senza artifici di Maria Carta: forse lo sa, probabilmente ne va fiera. Ma c'è un'altra cosa che la accomuna alla grande cantante scomparsa: la voce calda e melodiosa, e la passione per il canto, per la tradizione, per la nostra terra e la sua lingua.
«Probabilmente è davvero l'erede di Maria Carta - dice Piero Marras - e potrebbe riempire quel vuoto che lei lasciò, come unica vera interprete femminile della canzone in Sardegna; e questo perché è autentica, è un personaggio non costruito, è genuina come un fiore; ho scritto "Unu frore che a tie" pensando a queste sue caratteristiche, è la canzone del disco che meglio la rappresenta».
Paolo Pillonca cita un antico proverbio: «Cun sa virtude si campada in donzi tempusu e logu» parlando di questa giovane artista, che «ha una grande occasione davanti a sé, perché se riuscirà a mantenere questa semplicità, questa virtù che la rende così speciale, si farà voler bene dal suo popolo, e ne diverrà la portavoce».
Una domanda sorge spontanea. Cosa c'è di diverso fra maria Giovanna e una delle tante coetanee che vanno via dalla propria terra sognando un futuro da pop-star, magari cantando in inglese? «Non lo so - risponde - io non ho mai pensato di cantare in nessun'altra lingua, forse qualcosa in italiano, ma la mia passione è questa. Lo faccio da quando avevo sei anni, e da allora non ho mai smesso».

Alessandra Corrias
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