Tiu Franzischinu Satta
Esempiu artisticu 'e de umanidade
Franceschino Satta è nato a Nuoro il 16 settembre 1919 e deceduto il 25 luglio del 2001. Compone poesie da quando aveva 13 anni. Il suo primo volume "Cantos de amistade", è stato pubblicato nel 1983, all'età di 64 anni. Il secondo "Ispadas de sole" nel 1992. Nel 2000, "Incantos - Su prantu cubau". Le prefazioni sono di Ignazio Delogu e della figlia Rosalba Satta Ceriale. Tra i tanti riconoscimenti ottenuti nei vari concorsi di poesia è da ricordare il prestigioso "primo premio" per la lirica "Ispadas de sole" del "Città di Ozieri" nel 1983. Due anni dopo, sempre al "Città di Ozieri" ottenne l'attestato di merito per "Sa pandera prus bella" e "Su misteru 'e sa bida", titolo equivalente al 1° premio. "Frontiera", "L'Ortobene", "La Nuova Sardegna", "Il Messaggero Sardo" e "La Nuova Città" di Cesare Pirisi, hanno pubblicato alcune sue poesie. Era redattore della rivista "S'Ischiglia" per la provincia di Nuoro. Questi i titoli di alcune poesie armonizzate: "Babbu nostru" armonizzata da Don Meloni, direttore della polifonica "E. Porrino" di Nuoro; "A Mama", armonizzata da Tonino Puddu, direttore del Coro Barbagia; "Bae, luna" armonizzata da Piero Marras; Cosimo Bitta, direttore de "Gli Amici del Folclore" di Nuoro ha armonizzato "Nùgoro prima e commo"; i Raimi ne hanno armonizzato nove: "S'iscola", "Maria Pettena", "S'iscopile de Ziu Loru", "Pasca 'e Nadale", "Mama cara", A Massimo Pittau", "Dia cherrer cantare", "Lampadas" e S'imbidia". Franceschino Satta, ha ottenuto il primo premio anche a Luras, Calangianus, Orgosolo, Sennori, Mores, Sassari, Ortueri, Orotelli, Nughedu San Nicolò, Posada, Villanova Monteleone, Paulilatino e nella stessa Bolotana. Recentemente Alessandro Catte, direttore del Coro Ortobene, ha armonizzato "Santu", "Ispadas de sole", "Unu ballu pilicanu" "Babbu nostru" e "Prados de lentore". La poesia "A Nugoro" è stata armonizzata nel 1998 dal M° Paolo Flumini, allora direttore dell'Associazione Culturale Coro Grazia Deledda di Nuoro; il medesimo M° Flumini ha armonizzato nel 2000, sempre in qualità di direttore artistico dell'Associazione Culturale Coro Grazia Deledda di Nuoro, la poesia di "Frore 'e beranu". |
Un ricordo dell'uomo e poeta Franzischinu Satta Nuoro. Il 6 settembre sarà finalmente ricordato Tziu Franzischinu Satta. L'illustre poeta nuorese, deceduto il 25 luglio dello scorso anno, ha vissuto una intensa vita dedicata all'insegnamento, insegnamento rivolto sia verso i bambini delle elementari e attraverso l'arte letteraria a quanti ne hanno potuto apprezzare le qualità, con le splendide poesie e con i suoi meravigliosi racconti, che molto spesso, hanno fatto rabbrividire i lettori per il modo penetrante che ha sempre avuto nello scrivere le sue emozioni di vero barbaricino e santupredinu. Alla memoria dell'uomo e poeta, per il 6 settembre alle 21,00, è stata promossa una serata ricordo nella suggestiva Piazza Sebastiano Satta. La manifestazione è organizzata dal Gruppo folk Ortobene con il patrocinio delle Amministrazioni provinciale e comunale di Nuoro. Il programma prevede la presenza di Paolo Pillonca, Piero Marras, Il Tenore Santu Predu e del Coro Ortobene. La poetessa Rosalba Satta, figlia dell'artista, nel corso della serata proporrà ai presenti un tracciato del proprio genitore. Luigi Ladu (da ..\notizie7.htm settembre 2002) ************************************* Il 25 luglio 2002, ricorre il primo anniversario della scomparsa di tziu Franzischinu Satta, uomo di ammirevole statura e grande poeta nuorese, amato e ammirato in tutta la Sardegna, per le sue ineguagliabili doti di umanità e valore artistico. Io, in questo momento mi sento in dovere di ricordarlo, proponendo a Voi tutti, di leggere con attenzione le sue opere e cercare di acquisirne i grandi e inestimabili valori espressi tra le righe. Luigi Ladu (da ..\notizie.htm luglio-agosto 2002) ***************************************************************** Un anno fa scompariva Franceschino Satta I poeti non muoiono di Dolores Turchi Ho sempre pensato che i poeti non muoiono. Ogni qualvolta ripetiamo o leggiamo i loro versi, essi sono tra noi a ricordarci che, seppure è venuta meno la loro presenza fisica, la loro poesia è rimasta, con tutta la carica di pathos che voleva trasmettere. Il 25 luglio ricorre l’anniversario della morte del poeta nuorese Franceschino Satta, la cui produzione poetica è conosciuta e apprezzata in tutta la Sardegna. Egli ha concluso la parabola della sua vita terrena, ma i suoi versi continuano a essere cantati da numerosi cori e a essere recitati in varie manifestazioni teatrali. Ha sempre patecipato attivamente a vari movimenti culturali, specie in difesa della lingua sarda, sempre in prima linea nelle battaglie civili e sociali fatte per la salvaguardia del nostro idioma, anche quando molti di noi esternavano dubbi sulla possibilità del sardo, lessicalmente povero di vocaboli, nell’esprimere alcuni termini poetici con tutte le sfumature. Egli ha voluto, con forza e risolutezza, dimostrare il contrario. E lo ha fatto in modo concreto, scrivendo in lingua sarda le sue sillogi poetiche a dimostrazione di quanto una lingua, se ben conosciuta, può dare, mostrando in tal modo che un idioma, per quanto povero, ha risorse inaspettate, espressioni bellissime, concentrate in poche parole, entro le quali sta tutto un mondo denso di sensi reconditi che egli, da vero poeta qual era, ha saputo formulare in versi stupendi. La sua battaglia in difesa della lingua l’ha sempre portata avanti anche attraverso le pagine di “S’Ischiglia”di cui è stato sempre valido animatore. Per la sua attività poetica ampiamente riconosciuta, ha ricevuto in Sardegna numerosissime attestazioni e riconoscimenti di prestigio attraverso numerosi premi, non ultimo quello di Ozieri. Era un uomo riflessivo, buon osservatore, e non potrebbe essere altrimenti per un poeta che “dipinge” i suoi versi come un pittore le sue tele. Due attività strettamente legate. Chi è poeta è anche pittore, senza peraltro dover usare il pennello, così, come chi è pittore non può non essere poeta nelle sue espressioni figurative. Franceschino Satta era un barbaricino doc e sempre ha amato e cantato la sua terra così come sempre ha difeso la sua lingua e la sua identità con “ispadas de sole” e con “cantos de amistade”, formulando versi armoniosi, vibranti di calore e sentimento, dipinti con i colori della luce nell’insieme della sintesi compositiva. (da L’Ortobene – Luglio 2002) *************************************************** Un anno fa si spegneva la voce di Franceschinu Satta di G. P.
Istanotte bid’hapo in su sonnu su chelu luchente.
Ancora: Bid’hapo pasteras, funtanas; Bid’hapo bezzeddos in foras
contande. Un altro verso: Cantande a murmuttu cantones de pache e
de amore.
(da L'Unione Sarda del 25 luglio 2002)
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L'eredità di Franzischinu Satta
«Non possiamo dimenticare» di Alessandro Catte NUORO.
Ricorre domani il primo anniversario della scomparsa di Franceschino
Satta,
straordinario poeta e interpreta della priù profonda tradizione culturale
nuorese. La sua morte ha lasciato un grande vuoto in città e in tutta
la Sardegna dove i suoi versi erano conosciutisimi e apprezzati. La
malinconia dei suoi versi resta chiusa nel cuore della gente di Barbagia.
Pubblichiamo il ricordo e la testimonianza di Alessandro Catte, direttore
del coro Ortobene e appassionato conoscitore delle tradizioni popolari
sarde, che di Satta è stato grande ammiratore.
Istanotte bid'hapo in su sonnu su chelu luchente de bramas d'affettu, comente sa luche 'e su coro. Bid'hapo pizzinnos jocande in guruttos e in pratta de sole. E a zaja in sa janna a murmuttu, filandeIscarpittas de lana. La poesia racchiude forti emozioni. Talvolta narra di uomini, racconta di storie, ricorda particolari avvenimenti. In poche righe deve trasmettere quello che un film comunica in due ore, una canzone in quattro minuti, un quadro in pochi attimi. E a mama, galana, cosinde corittos, chin filos de brama. Bid'hapo pasteras, funtanas; Puzones a pore. In ramos de mendula in frore; e isposas cantande in su ribu. Leggendola si ha come l'impressione di vedere delle fotografie. Un cielo ricco di luce con dei bambini che giocano nei vicoli...la nonna che mormora sottovoce filando delle piccole scarpe di lana...i vecchi che raccontano le prodezze della loro gioventù... gli amici scomparsi... Bid'hapo bezzeddos in foras contande de cando, pizzinnos, a zarra,andaban a mura in fattu e sos rubos paschende in campuras cabaddos e zubos e sonnios de gloria. Non è facile riconoscere un grande poeta, non è facile riconoscere la grandezza di uno stile di scrittura che trasmette emozioni con una leggerezza particolare, con una semplicità a volte disarmante... come quella dei bambini... come succede nelle filastrocche... Unu ballu pilicanu, mesu anticu e mesu nobu, bellu tundu paret obu, durat finzas a manzanu. E allo stesso tempo scrivere di argomenti tristi che hanno segnato la vita degli uomini di Barbagia, abitanti di una terra scarna, sconvolta da una storia che cambia lentamente. Bid'apo - l'ammento a memoria - su mundu pizzinnu, serenu, tranchillu. Prenande sa brocca de s'abba colada, bid'hapo cumpanzos corales chi commo non sunu. Bid'hapo ghirande, a s'intrighinu, a babbu In artu in su carru, tra sèghedes d'oro, de brassamu tintu, sa cara luchente e sudore, alligru e serenu, cantande a murmuttu cantones de pache e de amore. La poesia racchiude il pensiero, i sentimenti, il mondo del poeta, racchiude importanti frammenti di storia. Quando chi scrive ha inoltre una perfetta padronanza della lingua e di tutte le sue regole allora i componimenti diventano una preziosa testimonianza di termini caduti in disuso e di modi di dire dimenticati. Credo che a distanza di un anno dalla sua morte i Nuoresi abbiano il dovere di ricordare Franzischinu Satta, umile maestro elementare in pensione e grandissimo poeta. (da La Nuova Sardegna 25 luglio
2002)
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Frantzischinu Satta di Mario Sanna Su poeta Frantzischinu Satta, mastru de iscola zubiladu dae su 1975, fit naschidu in Nùgoro su 16 de capidanne de su 1919. Poeta beru e cumpletu in cale si siat campu, conoschiat sa limba sarda comente pacos la conoschent e che a pacos fit capassu de ispirare e tramitere emotziones; e custu in grassias de sa mirada limpia e de su coro francu.Sunt ustas sas carateristicas chi l’ant nutridu poeticamente e orientadu su raportu cun sa zente e cun sa bida. “Frantzischinu Satta, nugoresu predale, no at apidu presse a publicare sas poesias, a cumintzare dae ussas compostas in pitzinnia, e de sas cale unu de sos primos a nd’aere nobas est istadu su collega, in sa professione e in s’arte, Antiocu Casula, mezus conotu comente Montanaru. L’at fatu a sos 64 annos cròmpidos, fatu raru, si no unicu, in sa literadura. B’at de narrere, pro sa beridade, chi, ispintu dae sos amicos, at partetzipadu a diferentes cuncursos de poesia e nd’at bintu medas e non pacos, e peroe su primu volumene l’at publicadu in su 1983, cun su titulu bellu e sonante “Cantos de amistade”, in sas editzione de sa Cooperativa Grafica Nugoresa, istampadu in bella beste editoriale, cun sa prefatzione, minore minore, de Paulu Pillonca e cun disinnos e impazinassione de Sarbadore Pirisi: su volumene at bintu su premiu de poesia in limba locale Ozieri 1983.” (Dae “S’erede dinnu de Montanaru” de G. Susini). Su 12 de agustu de su 1991, dae su sindicu nugoresu de su tempus, Simonetta Murru, a s’ocasione de sa festa de su Redentore, at retziu su titulu de tzitadinu illustre « per aver onorato Nuoro con il suo esempio di civis probo e operoso, contribuendo col suo quotidiano, instancabile lavoro alla crescita civile , culturale e sociale della città”. S’annu a pustis at publicadu “Ispadas de sole” cun bortadura in italianu e glossariu), cun s’isterrida de G.Cossu e cun d-una bella copertina de su nepode, su pintore Sirgiu Cara. Su libru at su titulu de una de sas poesias suas, fortzis sa prus ricca de sinnados e sentidos fortes. Custa no at ebia, e cun resone, meritadu su primu premiu in su cuncursu de literadura sarda “Città di Ozieri”, in 1983; at ofertu a letores e istimadores s’ocasione de si godire una prella poetica de lirica de balore inestimabile. A pustis chi, in s’apertura de sa lirica, fachet un’analisi dolente, ranchia, de sa bida reale, ube “corruschian ammentos de focu, cupinde traschìas de malissia”, sichit cantande “e dego, massaju ’e pistichinzos, cherjo semenare labores d’affettu, fulliandeche, in sas percas fungudas de s’irmenticu,sas lubas ch’abbelenan sos alentos immortales de s’anima. Cherjo binchere gherrande chin ispadas de sole…” De rechente sa poesia est istada musicada dae Alessandro Catte, diretore de su Coro Ortobene; su CD, chi at apidu sa fortuna chi meritaiat (no at ebia su titulu “Ispadas de sole”) remonit in sa matessi regolta ateras bator poesias de su poeta nostru, nugoresu predale: “Unu ballu pilicanu”, “Prados de lentore”, “Santu” e “Babu nostru”, ch’est unu componimentu ispantosu. Belle e totu sos Coros che cantant in Sardigna ant armonizadu poesias suas. Su CD de sos Raimi “Razza barbaricina”, nde cuntenet nobe. B’at de sinzalare, in mesu ’e tantas, “Bae luna”, armonizada e cantada dae Piero Marras. Peri su fizu Paulu at arminizadu e cantadu unas cantas de sas poesias prus bellas, comente “Toccheddos de coro”, “Su Carrasecare”, “A un’anzelu”, “A Zubanne Battista”. Chin Zubanne Carrone e su grustiu suo “Bocheteatro” s’at colau annos e annos paris, fachende una esperientzia teatrale chi l’at cunsentidu de presentare, in diversas biddas de Sardigna, s’ispetaculu “Cantos de amistade”. In sa rappresentassione interveniat peri Zubanne, a retzitare poesias e contos de Frantzischinu Satta. In s’aprile de su 2000, at publicadu su ’e tres volumenes “Incantos- Su prantu cubau” (Ediz. Solinas , cun tradussione a fronte e glossariu) cun s’isterrida de Innassiu Delogu e de sa fiza Rosalba. Su libru - non namus chi siat s’urtimu, ca medas poesias isettant galu e sunt chircande sa luche ( sos amicos custrintos ammentant “S’ istrada ’e Larentu”, poesia jocallera, de sas prus bellas chi si potant bisare) – est dedicadu a su fizu Paulu, mortu in antis tempus, propiu s’annu in antis, in condissione galu de acclarare. “A fizu meu- si leghet in sa dedica- zovanu de sentimentos innidos e de bertudes cristallinas, semper prontu a facher cosas bellas”. Dae cussa morte su poeta - zai provadu , in annos colaos dae sa morte de sa muzere e, ecante in antis, peri dae sa morte de unu fizu ’e pacos meses – non s’est prus illepiadu, e sende chi lu disiziat meda de publicare, in antis de sinch’andare, unu libru de contos a su cale aiat peri dadu su titulu “Si Deus cheret”. S’est arresu a sa morte su 25 de tribulas de 2001, in su matessi mamentu chi Piero Marras , in s’anfiteatru nugoresu, cantaiat “Bae luna”: “Bae luna, allughemi sa bida… Bae luna, allughemi su coro… Diat esser bellu, luna, inoche a morrer goi…”. Pacos meses a pustis mortu, su 9 de maju de su 2002, sa Comuna de Nùgoro l’at cherfidu amentare intitulandeli una via, pro meritos de s’arte sua, acurtzu a ub’est naschidu e mortu. De issu G. Susini at iscrittu: “Franceschino Satta è stato - e rimane – il poeta della solidarietà umana, dell’amicizia, dell’amore della natura come creazione divina, degli affetti familiari… Mi pare di poter dire che la più interessante voce poetica in sardo è oggi quella di Franceschino Satta, il quale è dunque il vero erede di Montanaru”. (da “Su mezus de sa poesia nugoresa” Ed. Monte Gurtei 2002 Nùgoro Autori: P. Mesina, M. F. Ortu, C.A. Mulas, Mario Sanna)
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^ Il 25 luglio 2001 è morto il poeta Franceschino Satta RICORDO DI UN PADRE POETA. Nel momento in cui mio padre ha esalato l’ultimo respiro ho avuto la nitida sensazione che il cielo, che lui, da sempre, aveva teneramente cantato nei suoi versi più belli, si rimpicciolisse per fargli da culla. Così ha avuto inizio il suo volo "in sas campuras de su chelu" … Ho avuto il grande dono di vivere con lui gli ultimi mesi della sua vita. L’essergli stata accanto è stato un privilegio, un regalo. Sapevo che il tempo a sua disposizione non sarebbe stato tanto e , nonostante l’angoscia iniziale e la tristezza che mi mordeva l’anima, ho "bevuto" e assaporato quei momenti sforzandomi di viverli quasi con allegria, perché sapevo che lui, da attento osservatore, avrebbe letto i miei atteggiamenti e scrutato il mio sguardo. Senza apprensione io, figlia "diventata" mamma, avrei pensato al suo presente e lui ,padre diventato figlio, con fiducia e ottimismo avrebbe dovuto pensare anche al suo futuro, al suo libro di racconti da pubblicare, alla sua ultima creatura poetica –"Incantos Su prantu cubau"- da presentare e poi, ma solo poi, a una bizzosa glicemia da tenere sotto controllo… In fondo era solo quello il problema…così, almeno, noi figli, nel tacere parte della verità, pensavamo d’averlo tranquillizzato. Ma, forse, lui intuì subito tutto. "Mi dispiace per il dispiacere che ti sto dando" mi disse, quasi scusandosi , in una giornata qualunque del mese di aprile, sapendo quanto fosse intenso il mio amore per lui e quanto avrei sofferto…dopo. Non ricordo che cosa risposi, ma so che feci finta di non capire… ed entrai ancora di più nel mio ruolo di madre attenta e premurosa, non dimenticando, però, d’essere anche figlia orgogliosa di un padre stupendo al quale, soprattutto ultimamente , mi divertivo a domandare ,in tono provocatorio, sottintendendo una risposta logica: "Indovina chi è che ti vuole benissimo?!" E da figlia, mi piaceva tantissimo sentir rispondere: "Tu". Ricordo d’aver riso con lui così come non mi accadeva da tempo, e d’averlo abbracciato e baciato come mai prima…vincendo quella mia quasi innata fragilità che mi ha sempre impedito di scoprirmi troppo dal punto di vista emozionale. Ciò che ora mi porto appresso , e che rivedo e riassaporo, sono proprio quelle tenerezze.Quei baci continui. Quelle carezze. E le nostre chiacchierate! Si parlava di tutto. Della sua infanzia ("Cando fippo pizzinnu/ fippo su re ‘e su mundu. /Toccabo sos isteddos/bolande in chelos innidos"),della poesia "che va cercata e non va spiegata" ("…e si t’azzapo, tando, in cada versu/tocco,serenu,sole, chelu e luna,/e divento su mere ‘e s’universu"), di Montanaru, che considerava il più grande poeta in limba, dei suoi primi anni di insegnamento, della sagacia del padre, degli occhi verdi della madre, dell’unica sorella amatissima alla quale telefonava spesso, soprattutto in quest’ultimo periodo, per poi commuoversi come un adolescente. ("Ti cherjo bene", gli sussurrava la sorella. E il suo "Finzas deo" era sempre accompagnato da un sussulto e da lacrime. Ricordo…mi commossi, e mi spaventai, perché mio padre non pianse mai prima di allora…nemmeno nei momenti più duri e impietosi della sua vita). Si parlava di tutto…Dell’affetto sincero per Piero Marras, Alessandro Catte e Giovanni Carroni, del rapporto fraterno con Tonino Ruiu e Salvatore Pirisi, dei vari cori di Nuoro, degli "Istentales" che non avevano ancora armonizzato una sua canzone, della stima per don Floris - le cui visite erano per lui motivo di grande conforto -, della Nuoro di ieri: "Fit un’incantu! S’incurbiajola/ cantabat muttos pro santu Sidore. / Sos crios currilaban chin ardore / in sa prus bella amena biddizzola." Si parlò per giorni di quel magico 29 agosto del 1991 quando, l’allora sindaco Simonetta Murru, in occasione della festa del Redentore ,gli conferì il titolo di cittadino illustre . E poi, quanta emozione, nel ricordare il prestigioso primo premio al concorso "Città di Ozieri"! Parlò anche del suo esordio come poeta, avvenuto verso i 60 anni, attraverso le pagine di "Frontiera", di "S’Ischiglia", e de "L’Ortobene" (che allora, oltre 25 anni addietro, era diretto, se non ricordo male, da don Delogu ). " Difendes s’operaiu/ cada traballadore / chin iscrittos chi balen un’ispantu. / Ses che bonu massaju/ chi ghettat su labore / chin sas manos benittas d’unu santu./E chene museruola/ in artu bolat sola/ sa libertade bera. Cada tantu /s’intendet s’armonia/ de sa prus bella, antica poesia." (Entrambi sceglievamo di parlare di cose belle e positive…probabilmente con la speranza - illusione che i fatti tristi e/o meno graditi venissero dimenticati, o accantonati…) Ma soprattutto amava parlare della luce degli suoi occhi: di Paolo, il figlio prediletto scomparso, e mi chiedeva quotidianamente di poter ascoltare il nastro su cui erano incisi il suo canto e la sua musica. "Canta!- si legge in una delle sue liriche a lui dedicate –b’est su Redentore de sos chelos soberanos. Canta! Ahiò, dami sa manu chi m’abbrandit su dolore". Più di una volta lo sentii sussurrare un sofferto e convinto "Che peccato!" ,riferito al fatto che il figlio non ci fosse più; più di una volta lo sentii cantare "insieme a lui" i suoi versi più belli. E più di una volta lessi nel suo sguardo il grido della sua anima per quel distacco inaccettabile. "Commo dego so solu,non so prus nemmos.Mi mancat tottu, mi mancat sa forza, su corazu, su briu, sos alentos chi fachen bellu s’omine in sa bida. Mi mancas tue, fizu …" Fu dalla morte di Paolo che mio padre cominciò a godere sempre meno dei colori del giorno, ad arrendersi, ad essere diffidente, arrabbiato con la vita. L’ ha capito bene Gigi Sanna, leader degli "Istentales" che, in una intervista rilasciata poco dopo la sua scomparsa , ha così dichiarato: "Purtroppo una parte di lui era morta da diverso tempo, da quando suo figlio Paolo cessò di vivere in tragiche circostanze…". Mio padre… Era – e lo sapeva! - il mio gigante buono, l’approdo sicuro, l’amore senza confini, la poesia vissuta e riproposta quotidianamente. Se ho imparato a credere nel vero amore è anche perché ho visto e "toccato" l’amore immenso che lo legava a mia madre , alla quale dedicò, prima che lei morisse , una delle poesie più toccanti, e più amate da noi figli: "A ti l’ammentas cando in pizzinnia/ bolabamus in artu, in sas istellas,/nandenos sempre solu cosas bellas/ in d’unu chelu tintu ‘e fantasia?/ Su mundu fit arcana sinfonia: / ca bi fis solu tue, tue ebbia." Il giorno di Pasqua – si trovava con me a Budoni - e il 2 maggio – nel reparto di geriatria dell’ospedale di Nuoro – mi dettò le sue ultime due poesie. La prima dedicata a Paolo e l’ultima ai miei 53 anni. Sono poesie inedite. Ne faccio dono ai lettori. E’ il suo saluto, il suo congedo poetico, il suo ultimo abbraccio terreno. Nella sua stupenda "Ispadas de sole" – armonizzata magistralmente dal Coro Ortobene – mio padre scrive: "Cherjo binchere,gherrande chin ispadas de sole…". E lui, se alla fine, stremato, si è arreso alla malattia perdendo una battaglia, ha vinto la guerra contro la morte… perché con i suoi versi di seta ed il suo straordinario esempio di vita ha saputo costruire la sua immortalità. Sono comunque profondamente convinta che gran parte della sua vita sia stata, più che una vittoria, una conquista: di affetti corposi e di sentimenti genuini , che ha saputo trasmettere con una generosità senza confini "isparghende a su bentu/ profumos d’amistade/e prendas de birtude/ chin sa luche ‘e su coro, e chin s’alentu de su dirittu umanu". Oggi, che più di ieri, mi porto appresso e dentro l’anima il suo profumo di buono, penso… che il dolore, immane, della "perdita" non supera la gioia, immensa, d’averlo avuto come padre. Ed ora mi piace pensarlo accanto a coloro che lo amarono di un amore vero e profondo, e a un passo da quel Dio che ha spesso cantato: "Deus meu chi t’adoro l’ischis…Nara, ite t’ impinno? Devotissimo mi sinno… Devotissimo t’improro." Rosalba Satta Ceriale ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
di GIULIANO MARONGIU
**************************************************************** Umile cantore della memoria, "paroliere" di Piero Marras e del Coro Ortobene. L’ amico di Montanaru di PIERA SERUSI Ricordo di Franzischinu Satta: il compianto poeta, scomparso il mese scorso. Nella Sagra del Redentore di dieci anni fa si emozionò nel ritirare il premio di nuorese illustre. Alla fine persino la poesia era diventata troppo pesante. Contare le sillabe,e disporre i versi con la mano levata, e riafferrare ogni volta dentro una nenia quelli già scritti… che fatica alla fine. Franzischinu Satta se n’è andato neanche un mese fa, a ottantadue anni, vinto da un tumoraccio all’intestino e dalla fatica di tre by-pass. "Mi dispiace per il dolore che vi sto dando", disse ai figli il giorno di Pasqua, e lo disse apposta perché tutti sapessero che lui sapeva. E così, da quel giorno, non parlò più del libro che avrebbe presentato appena in salute, né accennò ancora alla raccolta di storie già scritte, da pubblicare "candu Deus cheret". Se n’è andato a cavallo della luna, come soltanto i grandi poeti. Duecentocinquanta premi, tre libri pubblicati, decine di versi imprestati ad Alessandro Catte del Coro Ortobene e a Piero Marras. Se n’è andato giusto prima della "festa grande" per il centenario,ché tanto i versi per il Redentore li aveva scritti tutti, figurarsi. Per il Redentore e per quella vecchia Nuoro raccontata da lui, santupredinu di dolcezza feroce e scandalosa. "Mi è gradito comunicarle che il giorno 29 agosto, in occasione della festa del Redentore, Le conferirò il titolo di cittadino illustre". Ricevette la lettera del sindaco Simonetta Murru che era il 12 agosto di dieci anni fa. Franzischinu Satta la lesse due volte,poi andò in tipografia, fece fare sei fotocopie plastificate e le spedì via posta: una per ciascuno dei figli. Diventò "cittadino illustre" con indosso il primo abito acquistato in vita sua, ché sempre aveva portato quelli rivoltati e cuciti dalla moglie Vincenza.Lo stesso abito che portava il giorno in cui accompagnò all’ altare il figlio Gavino, quello acquistato coi soldi che la figlia Rosalba gli volle donare non appena ebbe il posto da maestra e uno stipendio di 160 mila lire. Diecimila al mese, metà anni settanta. Lui non li voleva, "Figlia mì, a babbo non servono", proclamò, e lei si chiuse in bagno a piangere disperata. "Vabbé, li voglio", disse alla fine lui per calmarla e per farla sentire importante. "Mi dispiace per il dolore che vi sto dando", ripeteva lui poeta vinto e malato. E contava le sillabe per catturare le storie, mamma Rosaria con gli occhi di mare, babbo che faceva il tassista, e tziu Bobore, anarchico emigrato in America nel 1910, che pensava in sardo e parlava in inglese. Il vino di Marreri, e di quando da bimbi si lavorava come dischenteddos, apprendisti dal falegname di via Roma, e l’acqua buona di "Funtanedda",la prima sigaretta che lo fece svenire, e il vicinato di "Santu Predu". Gli anni Quaranta di giovane maestro elementare a Desulo quando si andava in bicicletta e diventò molto amico di Montanaru che era "grande quanto padre Luca Cubeddu", e l’amore e le poesie per la moglie, e lo strazio per la morte del figlio Paolo, e l’affetto per tutti i suoi alunni.Lo "fregarono", questi, una volta. Qualche anno fa… Erano i vecchi bambini della prima D del ’56- ’57. Lo attirarono con una scusa nelle vecchie scuole Podda, stessa classe, stesso registro di allora. Lui se li vide davanti e fece l’appello come una volta, però con emozione. L’emozione di quando pubblicò il primo libro, a 68 anni. E poi gli altri due, e vinse tutti quei premi. L’emozione di quando ascoltava le sue poesie raccontate dalla voce di Piero Marras, e di quando andava a sentire la prove -serate di allenamento e vino rosso accompagnato con salsiccia - del Coro Ortobene: i suoi versi musicati da Alessandro Catte. "Bae, luna accendimi la vita…Diat esser bellu,luna, inoche a morrer goi…"Era morto da appena qualche minuto ziu Franzischinu, e Piero Marras e il Coro Ortobene – che quel giorno cantavano all’Anfiteatro comunale - lo vollero salutare così… Un grido di versi gemelli scritti dallo stesso Marras su una poesia di Franzischinu Satta "…Bae, luna accendimi il cuore. Sarebbe bello, luna, morire qui, così". (da "L’Unione sarda" del 25 agosto 2001) **************************************************************** FRANCESCHINO SATTA e il suo "Cantos de amistade" di PAOLO PILLONCA Francescano Satta - per naturale ritrosia al protagonismo – s’è deciso soltanto nell’ultimo decennio a pubblicare i suoi versi. Ne aveva sempre scritto, di nascosto , fin dalla prima infanzia. Ma il suo essere poeta era un segreto custodito gelosamente e svelato soltanto ad una selezionata cerchia di amici. Uno dei primi a sapere della sua passione per l’ amabile dono delle Muse fu Antioco Casula "Montanaru", che Satta conobbe a metà degli anni quaranta quando – giovane maestro – fu destinato alle scuole di Desulo. Non mancarono le esortazioni, ma Franzischinu resistette, allora e per diversi lustri anche in seguito. Finché gli inviti divennero pressanti e lui ruppe il ghiaccio incontrando subito notevole favore presso le giurie che presiedono ai concorsi in limba. Così son venute fuori le cose "semplici e vere" che gli son care: il ricordo struggente della rude giovinezza nuorese , cantato, però, senza ombra di mitizzazione e soprattutto senza l’ angustia intellettuale del "laudator temporis acti"; i sogni puliti e tersi dell’ età successiva, vivificati alla luce di una fede in un mondo liberato dalle miserie terrene (Satta è quel che si direbbe un "socialista di Dio"); i canti sociali e i messaggi d’amore che traggono forza da immagini fresche e originali. Una varietà di filoni attraverso cui il verso del poeta si libra senza le ombre che troppo spesso offuscano la strada a chi si fa sedurre dal fascino di una monodìa alla lunga fastidiosa. Ma in questa varietà sembra di poter cogliere ugualmente un motivo predominante e – si potrebbe dire – unificatore: la capacità – che si mantiene intatta negli anni – di prestar fede ai sogni. Condizione essenziale per chi fa poesia , la forza di sognare ("E dego sonno galu") conserva al poeta l’animo di quel fanciullino di cui parlava Giovanni Pascoli e gli permette di non arrendersi mai, nemmeno davanti alle disillusioni più crude. Franceschino Satta ha la corazza interiore che gli consente di procedere oltre. E di non invecchiare "dentro", anche , dono peculiare di chi coltiva la poesia. Forte di un tirocinio lungo e sofferto nella palestra ideale del verso ,Franzischinu ha le carte in regola anche dal punto di vista tecnico ( ammesso che i poeti seguano un qualche "binario" prestabilito). In questa raccolta si potrebbe perfino documentare l’evoluzione formale formale cui Satta è andato incontro, dal patrimonio della tradizione nuorese ai modi di espressione poetica tipica del nostro tempo, cui il verso barbaricino si piega con una duttilità senza dubbio eccellente. Il libro – arricchito da pregevoli "intuizioni" di Salvatore Pirisi – incontrerà sicuramente la buona fortuna che merita e che gli auguriamo di tutto cuore. (Prefazione "Cantos de amistade", luglio 1983) ******************************************* FRANCESCHINO SATTA, IL POETA DI "ISPADAS DE SOLE" di GIULIO COSSU Più che di una modesta presentazione introduttiva quale deve essere necessariamente questa mia, anche per esigenze editoriali, la raccolta delle poesie di Franceschino Satta, richiederebbe un lungo e approfondito saggio critico. Questo perché la raggiera degli spunti è molto nutrita, e l’ ispirazione che alimenta le composizioni si articola in tempi diversi; abbraccia anzi un lungo arco di tempo: vorrei dire tutta una vita. Cogliere queste fasi dell’ ispirazione non è facile , perché diversi sono gli influssi che su di esse si riflettono. Costanti ritorni vittoriosi nei concorsi regionali di poesia in limba hanno portato alla ribalta, col corredo dei premi più prestigiosi del momento, il nome di questo poeta, già affidato ad una valida notorietà. Ma questo volume che ha il carisma dell’ opera omnia è tutt’altra cosa dell’ effimero successo, molto spesso locale o paesano di sagra (e non c’è sottovalutazione in questo) che la poesia isolata può dare ad un autore. La costante del volume è la robusta incisività della parlata nuorese, tutta forgiata in un’ officina personale di antico artigiano esperto nella tempra di spade di sole. La necessità espressiva indispensabile per ogni poetica è quindi garantita da questa base, che è utilissima e indicativa anche per chi si occupa oggi in Sardegna solo ed esclusivamente di linguistica. L’ estrazione linguistica di Franceshino Satta è dotta e lontana dalle esitazioni così avvertibili nell’ambito del popolare e del dilettantistico. Primo notevole merito, dunque. C’è poi "altro" della raggiera multicolore degli spunti e delle tematiche che un acuto osservatore di estrazione strutturalistica affiderebbe a un grafico a cerchi concentrici più che stratificati. Il cerchio iniziale è quello dell’orizzonte di Nuoro, di cui si valorizzano i ricordi gloriosi del passato che emergono però anche da una compiaciuta valorizzazione di paesaggio inconfondibile, cittadino ed extracittadino. Poi si passa il confine più vicino, che ci inoltra nel campo fiorito degli affetti e di un memorialismo tutto umano che, a volte, assume i contorni di un bozzetto satirico. Un altro valico ci immette in un’ altra, vorrei dire, "tanca" conclusa di affetti familiari e di amorevole rievocazione di solennità festose. Da queste piste di lancio parte l’ ispirazione più alta dei difficili interrogativi esistenziali che richiamano i pessimistici e filosofici perché leopardiani. Questa ispirazione spazia anche nei più alti orizzonti esistenziali. Il richiamo frequente alla moralizzazione fa la sua insistente e importante comparsa. Moralizzazione venata a volte di cattolicesimo che redime, a volte di sani principi pedagogici attinti evidentemente dalla scuola , a cui il poeta è stato sempre vicino, e all’ insegnamento , forse più garante, di una volta.Ma l’appello alla morale ha radici più profonde, filosofiche e laiche. "Il tempo, artefice di dolori, con spintoni maldestri ci scaraventa in bacini di fango, dove la morte attende con sorrisi ipocriti per predarci meglio le perle dell’anima". Vien da pensare alla luce della nuova realtà dell’ ultimo dopoguerra, quando i letterati italiani si son posti, con intensa responsabilità, il problema del "che fare". La poesia del tempo del fascismo fu accusata di colpevoli silenzi e di essere esangue, povera di rapporto con la realtà e, come si dice oggi, col sociale. La nuova cultura, fino ad oggi, non vuole più consolare l’uomo ma liberarlo. Miseria e sfruttamento assumono ancora, e hanno assunto, la patina non sempre formale del marxismo e del socialismo. La rappresentazione della realtà anche in poesia , persino in quella lirica e prettamente intimistica, preferisce la presa diretta. M pare che in questo pregevole volume ci sia un’ eco abbastanza differenziabile di tutto questo. Ne fa fede la ricorrente ansia di libertà e l’uso benefico, chirurgico della spada di sole di uno sdegno tutto sanguigno che vuol risanare tante piaghe aperte della società contemporanea. Dalla patria di Grazia Deledda e di Sebastiano Satta non poteva non arrivare alla marca di fabbrica di ottima tessitura anche questo ampio e colorito arazzo poetico. (Prefazione de "Isapadas de sole"1992) |