S'aspru de Augusto Piras |
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Rampos arestes puntudos d’ispinas Faltzos ispijos de bramas d’amore, Ladros si furant su risu innotzente Ma dogni fogu cando s’erba mancat
In sas baddes froridas calat nue Solu in sas rocas si podet pigare Chie s’arriscat che podet torrare |
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Traduzione Rami sevatici, spinosi, rivestiti di tanti colori, si adornano di dolci profumi e fiori per nascondere la loro natura malvagia.
Ladri che rubano l’innocenza che scompare e si disperde in nuvole di fumo e di polveri, in giochi d’azzardo e pazzie che distruggono il corpo e la mente. Ma quando manca l’erba ogni fuoco si spegne e con esso si dossolvono i fumi ed i bagliori; germoglia un pessimo destino per tanti figli ed un avvenire oscuro e confuso. In quelle valli incantate si sparge il male, che assorbe ogni goccia di sudore e la vita perde di significato fra situazioni senza vie d’uscita. Si può risalire solo su un percorso irto di difficoltà, aggrappandosi ad una sola fune che qualcuno ha voluto offrire in aiuto.
Un uomo minuto ha teso questa fune è un uomo di Dio che la governa; ne salva tanti e si allontana solo chi, ancora debole, si arrende. Su questa fune c’è amore, i consigli e tanto lavoro, tutti necessari per la risalita, passo dopo passo; gente che si aiuta a vicenda, fra tempeste di fede, fiducia in se stessi e rigidi protocolli. Venendo a s’Aspru ho visto brillare un’anima vestita di carità, di forza interiore, un’anima che dà sicurezza, un’anima colma di pietà: Padre Morittu, mano del Signore. |
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Prima classificata al concorso della quanrtina di Meana Sardo - 2014 |