L’incendio
nella collina di Curraggja a Tempio il 28 luglio 1983
Respirava
di festa
la città
quella sera di luglio
e gli uomini cantavano con danze
l’inno
della fraternità.
Inaspettato
l’arcano martellar delle campane
solcò l’aria infocata
convocando
con vibrante lamento alla collina
i cuori generosi di Curraggja.
Un torrente
di fuoco
divorando gli arbusti e i ramoscelli
sale ora inesorabile alle case.
Le montagne
pallide nell’aria rarefatta
scaglian dardi di fumo
verso il cielo impazzito
e le fiamme abbaglianti
gridano
urla di morte.
Impaurite
nel grembo della terra
sussultano le fonti.
Spinta da
brezza infida
l’avida onda di brace crepitante
insegue
nell’inferno di fumo i generosi
tuffatisi nel gorgo
per custodire viva
la città.
La notte spegne il sole sulla terra
soffocando il respiro
negli occhi inceneriti degli eroi
e i volti di carbone
inghiotte
la fiumana asfissiante della morte.
Grida di
madri e spose
risuonano tra i rami scheletriti
nell’oscuro
cimitero di pianto.
L’alba
del nuovo giorno
svela il paesaggio tragico
d’alberi inariditi
e di figli imploranti
il ritorno dei padri.
Ad abbracciarli
splende sol nel silenzio
il sorriso di Dio.
Ora
mostra ogni stele un nome.
Sepolte
nella zolla
le giovani scintille di Curraggja
ardon di luce eterna
ed invitano i vivi
a piantare un giardino
nel deserto dei cuori.
Una preghiera
sale al ciel dalle lacrime dei figli:
accenda Dio nell’umana famiglia
il fuoco dell’amore
perché ardente germogli la speranza
della risurrezione.
Tempio 1983-1984