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Presentato a Pavia
il libro di Luisella Zappetto “Vivere felici all’ estero”
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È davvero possibile vivere felici all’ estero? Risponde
affermativamente la giornalista Luisella Zappetto, autrice del recente
volume “Vivere felici all’ estero. Come trasformare una
necessità in una grande opportunità. Tutto quello che
occorre sapere per diventare cittadini globali” (edizioni Il Sole-24
Ore), che è stato presentato nel pomeriggio del 15 dicembre presso
il Circolo “Logudoro” di Pavia.
La Zappetto, nata a Sassari da genitori di Orotelli, ha casa a Pavia
e nella città lombarda è tornata per le vacanze natalizie
dalla lontana metropoli (Giacarta in Indonesia), in cui vive da alcuni
anni col marito geologo e con il piccolo Federico, dopo aver conosciuto
un’ esperienza migratoria non di poco conto: quella che l’ha
appunto convinta a scrivere sul fenomeno dei 45.000 italiani, in prevalenza
laureati, che ogni anno lasciano l’Italia per andare a vivere
e a lavorare all’estero.
Una scelta non facile e soprattutto non immediata quella dell’
autrice che ha dovuto rinunciare al suo lavoro proprio all’ apice
della sua carriera di giornalista; intraprendendo un’ avventura
coraggiosa, quella di seguire il marito, geologo di una società
petrolifera, nei suoi spostamenti lavorativi, sempre con destinazioni
estere.
L'autrice ha parlato dei contenuti del libro: l'emigrazione attuale:
chi parte oggi, quanti partono e perché; che cosa significa andare
a vivere e lavorare all'estero oggi: le sfide con le quali i protagonisti
dell'espatrio (chi parte per ragioni di lavoro; il partner che accompagna
o che resta in Italia; i figli, ecc.) si confrontano nel lavoro e nella
vita quotidiana; lo shock culturale; crescere i figli all'estero; i
rapporti con chi resta in Italia; le relazioni interculturali con la
gente del posto; il rientro in patria.
Ha raccontato, come ha fatto nel libro, alcuni fatti interessanti relativi
alla sua vita all'estero e che possono rendere l'idea di ciò
che questa scelta di vita comporta.
Il primo impatto è stato con l’Olanda, paese “burocratico”
nel senso letterale del termine: in particolare all’ Aja, città
dove ha sede la Corte Penale Internazionale, le misure di sicurezza
sono assai severe, quindi per un cittadino è assai difficile
trovare la possibilità di inserirsi nel paese. Una spiccata capacità
di adattamento, un’ immensa resistenza alla solitudine costituiscono
le basi per un primo approccio di necessità con un paese straniero.
Terminata l’esperienza olandese la scrittrice torna a Pavia per
un periodo di circa due anni, tra l’altro dopo aver scoperto la
dolce attesa. Dopo alcuni mesi di distanza dal marito Luisella decide
di trasferirsi al Cairo e di partorire lì. I familiari tentano
di dissuaderla (partorire in un paese come l’ Egitto non sembrava
la soluzione migliore dopo le cure ricevute nel “Bel Paese”),
tuttavia, dopo una documentazione approfondita, avendo saputo che alcuni
medici avevano frequentato università tra le più prestigiose
del mondo, il parto avviene al Cairo. Nella capitale egiziana Luisella
rimarrà con la famiglia per circa due anni.
L’esperienza egiziana però cambia la prospettive di Luisella
che, seppur ancorata alla sua terra, decide che ormai non si può
più tornare indietro; soprattutto perché il piccolo Federico
è ormai abituato ad un’ impostazione scolastica di tipo
internazionale, profondamente diversa da quella delle nostre scuole,
in cui l’apprendimento multiculturale viene spesso sottovalutato.
Dopo il Cairo, il lavoro del marito porta l’autrice a Mosca –
città fredda, cupa, ancora ancorata ai “fantasmi del passato”
– che poco si confà alle attività che lei svolgeva
in precedenza. Anche qui il controllo burocratico non risparmia la vita
privata delle persone (ancora come ai tempi dell’ URSS): infatti
bisogna portare con sé sempre il passaporto, perché le
forze dell’ ordine russe possono chiederlo in qualsiasi momento.
Da rilevare però che è una predisposizione dei russi quella
di aiutare gli italiani che si trovano nel paese del “Generale
Inverno”.
Dopo Mosca è la volta di Giacarta, dove Luisella oggi abita.
Ancora una volta non è facilissimo cambiare stile di vita, molto
più facile è cambiare clima: si passa, infatti dai meno
20° di Mosca ai 30° di media della capitale indonesiana.
Il libro di Luisella Zappetto non è un incentivo alla fuga, semplicemente
è il racconto di un’esperienza che può aiutare i
giovani a fare i conti con una realtà ineludibile ormai del nostro
panorama esperienziale: la globalizzazione e la mobilità internazionale
non solo consentono di conquistare traguardi economici più vantaggiosi
ma anche di conseguire un arricchimento culturale e linguistico che
è l’antidoto migliore contro la xenofobia.
In un certo senso gli italiani sono anche avvantaggiati, perché
descritti da molti studiosi come un popolo gioviale, il quale fa trasparire
l’emozione e i sentimenti, anche attraverso il linguaggio del
corpo. L’autrice molto spesso si è sentita dire: “Ci
troviamo bene con te perché sei italiana”. Riflettiamo
sull’ opinione che i paesi terzi hanno di noi, non come pacchetto
di istituzioni, ma bensì come insieme di individui legati alla
propria nazione.
Dopo la relazione dell’autrice sono intervenuti Gesuino Piga e
Paolo Pulina, rispettivamente presidente e vice presidente vicario del
Circolo culturale sardo “Logudoro” di Pavia.
Piga ha sottolineato come avere avuto una relatrice così giovane
e ricca di esperienza “migratoria” sia stata un’occasione
di giubilo per l’ associazione che si sente legata a lei da un
comune destino: quello di sradicarsi senza perdere però il legame
con la comune isola natia.
Pulina ha osservato che la presentazione del libro della Zappetto ha
costituito un “format” diverso da tutte le altre iniziative,
pure numerose e non ripetitive, sin qui messe in campo dal Circolo:
non un tema della storia/cultura/tradizione della Sardegna illustrato
da un relatore/relatrice proveniente dall’isola ma un’analisi
della realtà, nazionale o internazionale, studiata da un sardo
o una sarda “in giro per il mondo” a vantaggio di un pubblico
generale e poi presentata di persona ai propri amati corregionali anch’essi
stabilitisi fuori dell’isola. Non mancano nell’Italia continentale,
in Europa e nel mondo sardi emigrati protagonisti di innovative esperienze
esemplari – che possono essere molto utili soprattutto per i giovani.
Ha soggiunto Pulina: anche nel valorizzare queste “eccellenze”
sarde fuori della Sardegna sono più spesso gli altri sardi emigrati
che quelli residenti. Ma questa – ha concluso – non è
una storia nuova. (16-12-2012)