Anny aprì gli occhi.
Non capiva dove si trovava. Sicuramente era distesa sopra uno stretto
giaciglio.
Così stretto che con le dita toccava le sponde.
Presa dalla paura dell’ignoto vi si attaccò, le sentì
fredde come le sue mani. Erano di acciaio.
Due voci maschili discutevano tra loro.
Davanti a lei, anche se offuscati, due camici bianchi sollevavano
qualcosa.
La donna fece uno sforzo per capire di che si trattava: erano due
lastre.
“sono in ospedale, distesa sopra una barella” pensò
“con uno sforzo che le fece perdere, ancora una volta, conoscenza.
Si riprese.
I camici bianchi erano due dottori e parlavano di lei.
“perché non riesco a mettere insieme le parole?”
si chiese la donna
“bla, bla, bla trauma, bla, bla, bla bla, macchia bianca, bla,
bla, bla, bla, più evanescente”
L’ultima sensazione da cosciente fu un forte mal di testa.
Si risvegliò in un altro ambiente.
Un raggio di sole colorava le bollicine della flebo.
Le osservava con la coda dell’occhio. Non aveva dolori, solo
una sensazione di rigidità.
“che cosa mi sarà successo?” non era paura dell’accaduto,
solo confusa curiosità.
Provò a muovere le dita delle mani, reagirono, poi quelle dei
piedi
“va bene!” pensò “sono viva e reagisco ai
comandi”.
Si risvegliò al suono di una giovane voce: “ciao! Sono
Egle!”
“salve ed io sono Anny!”.
Rispose senza udire il suono della sua voce.
La mano delicata e dolce , come l’espressione del volto della
giovanissima Egle, le accarezzava la fronte.
“tranquilla! i medici dicono che stai reagendo bene!”
Avrebbe voluto chiederle a che cosa stava reagendo bene. Lasciò
perdere. “troppo faticoso!” pensò
Dormiva si svegliava. Ogni volta accanto a se trovava un suo caro.
Trascorsero alcuni giorni in questo stato di semi-incoscienza.. Ogni
volta che ritornava alla realtà era sempre più attenta,
vigile.
Dopo fu cosciente., consapevole di trovarsi in una camera dell’ospedale
con altre pazienti.
Erano quattro con lei.
Anny aveva la visione del volto di Egle, delle altre conosceva solo
la voce.
La compagna, del lettino alla sua destra quando le parlava aveva un
tono materno, affettuosamente rasserenante, anche di età, sicuramente
non era giovanissima.
Quando Anny si lamentava, la donna la distraeva incoraggiandola alla
sopportazione“ tra poco passerà e tutto sarà dimenticato!”
diceva.
Disponibile e generosa, suonava il campanello perché arrivasse
un’infermiera alla quale gentilmente chiedeva un sedativo per
calmare i dolori di Anny.
Il trauma cranico, subito in seguito ad uno svenimento, per alcuni
giorni, le aveva impedito il movimento della testa.
Dopo una settimana Anny, con il collare e l’aiuto degli infermieri,
si sedette sul letto.
Un capogiro la bloccò per qualche attimo; chiuse gli occhi
per non vedere la stanza ruotarle vorticosamente attorno.
Calmatasi fu aiutata a mettersi in piedi.
Cercò con gli occhi la compagna alla sua destra: distesa sul
letto, poggiata sopra dei cuscini, la testa scompariva sotto una retina
elastica che tratteneva una vistosa bendatura, aveva libero solo il
viso.
“ciao cara, ma sei bellissima!” disse la donna
Poteva avere una sessantina di anni, Qualche ruga attorno agli occhi
grandi, sereni, un tenero sorriso; quel viso aveva l’espressione
della bontà, di una grande Fede.
“ finalmente ci vediamo!” aggiunse accentuando il sorriso.
Anny rispose a quel lieto saluto, cercando di stare in piedi e nascondendo
la pietà che le proveniva dall’animo, nel vedere la testa
di quella voce meravigliosa e materna che, tanto sollievo e coraggio
le aveva donato Anny aveva quasi paura a fare quel gesto.. Si rese
conto che sentiva un peso sotto la gola, si toccò, le sue mani
realizzarono un grosso sottogola, non si spaventò , non esisteva
la paura nell’ambiente ma una meravigliosa voglia di uscirne,
perciò disse
“oddio, sono un pellicano! Che è ‘sta cosa?”
“è la tua fortuna” disse Angela, la sua vicina
di letto. ”il sangue dalla testa è sceso nel sottogola
e lentamente si sta assorbendo!”
In quelle parole non vi era nessuna invidia anzi, la consapevole gioia
che a qualcuno era stato risparmiato il taglio cranico.
Anny fu colta da curiosità: voleva vedere il suo viso.
Chiese ad Egle di fargli dei primi piani con il cellulare.
“a che ti servono?” chiese Egle
“voglio vedermi!” rispose Anny con convinzione. Adesso
la curiosità era veramente forte.
Preso il cellulare dal ripiano del comodino, lo caricò e glielo
consegnò.
Egle scattò le foto: Anny sorrideva.
Quando le vide ………..rimase di stucco.
Era mostruosa.
Il volto completamente nero con variabili sul bordò, grigio,
giallastro. Un occhio semichiuso, la palpebra gonfia ed il sottogola………………..
Persino i capelli sembravano la cresta di un aborto di mostruoso pappagallo.
Le lacrime scesero contro la sua volontà.
Angela tese una mano dal suo letto
“prendimi la mano” sussurrò maternamente.
“ non riesco!” rispose Anny nascondendosi sotto le lenzuola.
Sentiva vergogna per quelle lacrime. Non aveva il diritto di piangere.
Tra le sue compagne di stanza era stata la più fortunata.
Eppure piangeva, chiedendo scusa “non riesco ad usare il frena-lacrime!”
disse suscitando l’ilarità nella stanza.
Questo fu sufficiente perché anche Anny, scaricata la tensione,
piangeva e rideve nello stesso tempo
Il mattino successivo entrarono gli infermieri con il consueto gentile
“buongiorno!”
“siamo pronte per farci belle?"
Anny non rispose. Non era del giusto umore.
Angela chiese che le venisse cambiato il pigiama
”certamente” risposero con sollecitudine.
Gli infermieri preparavano Angela per lavarla, quando si accorsero
dell’umore di Anny
“e allora Anny che ti succede?” chiesero
“niente!” rispose
“tirati su” risposero “tra un po’, ti faremo
bellissima!”
La donna si voltò lentamente, per rispondere con il tono dell’umore
pessimo con il quale si era svegliata.
Vide l’infermiera che sfilava la maglia del pigiama ad Angela,
lo sguardo si fermò sul suo torace…… perlomeno,
su quello che era rimasto…………………
non aveva i seni, la linea mista di una cucitura chirurgica attraversava
il suo torace, sparendo sotto le ascelle. Le braccia erano state scavate.
Un sottile strato di pelle fasciava le costole che emergevano come
bassorilievo.
Anny non disse una parola.
Lo sguardo di Angela si incrociò con il suo.
“sai cara“ disse “sono cinque anni che convivo con
il cancro, voleva impadronirsi del mio corpo ma, io sono stata più
forte di lui.
Adesso mi ha aggredita al cervello ma………………
tranquilla!! Anche, stavolta sarà una bella battaglia ma non
gli permetterò di vincerla…… io sono troppo forte
ho dalla mia parte la vita, lui ha dalla sua la morte.
La morte segnerà la sua fine non la mia!” strizzò
un occhio in segno di complicità
Anny annuì sorridendo.
Aveva appreso una lezione di vita che l’avrebbe sostenuta nell’affrontare
la sua nuova esistenza da semi-invalida.
|