Uno dei piaceri più
grandi è per me camminare a piedi nudi, ma al di fuori di casa
e di una spiaggia questo non è più possibile.
Ricordo che da bambina mia madre, che faceva la sarta, mi vestiva
impeccabilmente, e mai, neanche d’estate, mi permetteva di camminare
scalza e neppure di calzare sandali senza i calzini.
Uscivo di casa che sembravo la riproduzione di uno dei disegni dei
suoi libri di modelli, quelli che mostrava alle sue clienti per la
scelta degli abiti, completa di capelli abboccolati e nastro a farfallina.
Inutile dire, che mi sentivo a disagio tra i miei compagni di classe,
che camminavano scalzi, e avevano le toppe sui vestiti. Sembrerà
strano ma io volevo essere come loro, non per un desiderio, come si
direbbe oggi di appartenere al branco, ma perché sentivo il
fatto di vestire in quel modo e di andare scalza, come l’espressione
della libertà più pura. Infatti dovevo stare sempre
attenta, a non sciupare il vestitino, a non macchiarlo, a non scompigliare
i boccoli, a non graffiare le scarpette.
Mi sentivo prigioniera, ed io indossavo i vestiti alla moda come una
pesante corazza di ferro completa d’elmo e cimiero. Così
appena uscita dal cancello mi toglievo le scarpe, allacciavo i lacci
l’un l’altro e me le mettevo al collo. E…via! Per
le vie del paese in corse sfrenate mozzafiato con i miei amichetti,
sino al giorno in cui mia madre uscì dal cancello prima che
le rimettessi ai piedi.
Fine della libertà.
Oggi ho passato i sessanta anni da un pezzo, e quando posso cammino
ancora a piedi nudi, mi vesto male, sto molto comoda, non concedo
nulla alla moda che sia sacrificante indossare.
Solo in questo sono libera. L’uomo non nasce libero, la donna
ancora meno.
Ed io sono in cerca da una vita del paese che non c’è.
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