Ho un collega
di lavoro decisamente schivo di carattere, un ragazzo del sud, decisamente
atipico vista la sua provenienza e la proverbiale dinamicità,
fisica e verbale, dei conterranei.
Nessun brio particolare in lui, semmai una riservatezza profonda che
sconfinava in una sorta di latente indifferenza. Nutrivo stima verso
la sua persona, pur non conoscendolo bene e non parlandoci quotidianamente.
La sua timidezza e i suoi silenzi, a volte, inibivano i miei tentativi
di approcciare discorsi di circostanza tantomeno quelli
più approfonditi.
Professionalmente si distingueva, senza clamori o enfasi tipiche di
altri nostri colleghi, per la concretezza e per la disponibilità
a risolvere problemi o dubbi lavorativi. Il suo curriculum si era
arricchito anche di un titolo importante, quello di ingegnere, raggiunto
nonostante l’impegno lavorativo quotidiano non indifferente.
Ingegnere... un tipo pragmatico, tecnico, legato a un ineluttabile
materialismo moderno; freddo, preciso, poco incline alle sfaccettature
e ai rivoli del sentimento. Questo poteva essere lo stereotipo più
prossimo al mio collega.
Alcuni periodi dell’anno si allontanava dall’ufficio,
per settimane, senza avvertire la stragrande maggioranza dei suoi
colleghi.
I colleghi... c’è chi ti narra per filo e per segno anche
le proprie informazioni più intime e non richieste. Lui preferiva
confidarsi con poche persone. Io non ero tra quelle e, infatti, d’improvviso
notavo la sua mancanza e mi chiedevo dove fosse andato per tutti quei
giorni.
Era una mia semplice curiosità, non pretendevo certamente di
invadere la sua sfera personale, tant’è che non ponevo
domande ai colleghi che ritenevo gli fossero più vicini; immaginavo
che ottenesse delle aspettative dal nostro ente per curare la propria
professionalità tecnica e per incrementare studi e curriculum.
Quando il lavoro in ufficio è considerevole, ti impedisce anche
di approfondire le relazioni sociali più naturali e ti distrae
da confidenze e racconti che potrebbero contribuire ad accrescere
la personalità. Il lavoro rischia così di trascinarti
in un budello di pregnante superficialità nei confronti del
prossimo di turno, il collega, e conseguentemente verso il prossimo
poco più distante, quello della società che ti è
intorno, e quello ancora più lontano, il disagiato, il povero,
il disabile.
Mi fa rabbia ammettere queste parole e scriverle, perché anche
se non affogato completamente in questo isterico vortice di scadenze,
pratiche e burocrazia, rimanevo colpito dall’altrui totale asservimento
e dal mio parziale tentativo di dar valore agli altri aspetti della
vita. Era questo solo uno fra i milioni di casi simili in un paese
come il nostro, distratto da ingannevoli messaggi pubblicitari, dall’ossessione
dell’esteriore,
stordito dai telefoni cellulari, dalle stupidaggini televisive e dai
capricci dei calciatori miliardari.
E l’ingegnere? Lui sembrava poco disturbato da quel caos lavorativo,
chissà... forse estremamente ed esclusivamente interessato
ai propri sviluppi professionali esterni o forse rinfrancato da quelle
sue pause lavorative di alcune settimane.
E il progresso martellante e fuorviante, la tecnologia che distrae
e seduce nel suo glaciale materialismo, cui si accompagna l’inevitabile
e magmatico consumismo? L’ingegnere sembrava, col suo titolo
di studio, esserne uno degli adepti più fedeli, uno che aveva
puntato il suo futuro sul progresso tecnologico.
Un giorno in ufficio mi giungeva, inaspettato, un messaggio di posta
elettronica, inviato proprio dall’ingegnere. Non ero l’unico
destinatario di quel messaggio bensì era rivolto a una moltitudine
di indirizzi di posta elettronica. Nel testo il mio collega avvertiva
di essersi appena collocato in aspettativa e di essere pronto, da
lì a pochissimi giorni, a partire per la sua periodica missione
di volontario in India; chiedeva, altresì, che chi volesse
donare qualcosa per la povera gente indiana lo facesse in fretta prima
della sua partenza.
La sorpresa era totale. Ecco cosa si nascondeva dietro le assenze
di questo collega: l’attività più nobile, quella
del volontario, per giunta in un paese lontano, dove il volontario
è tale per tutta la giornata, non per alcune ore, senza retribuzione,
rinunciando a quella del nostro ufficio.
La discrezione del mio collega era veramente notevole, al punto da
nascondere questa generosa attività. Vallo a spiegare ai tanti
personaggi famosi, ai VIP che sbandierano ai quattro venti il loro
impegno sociale consistente nel cedere un proprio cimelio per raccogliere
fondi!
L’e-mail che mi era giunta era la più importante che
mi fosse arrivata negli ultimi tempi, a differenza di quegli stupidi
messaggi che ci scambiamo quotidianamente utilizzando Internet, o
quei martellanti (e spesso disgustosi) messaggi pubblicitari che invadono
le nostre caselle di posta elettronica.
Il mio collega sarebbe tornato tre mesi dopo, dimagrito di qualche
chilo, tra il saluto poco più accorato del solito da parte
della maggioranza degli altri colleghi, ben più interessati
al quotidiano nevrotico svolgimento di pratiche e incartamenti.
L’insegnamento espresso dal discreto comportamento del mio collega
era veramente di alta levatura. Mi preparava, innanzi tutto, a non
generalizzare, a considerare che dietro un’apparente figura
o titolo c’è una persona, e sì perché l’apparenza
inganna veramente, seduce e stordisce il mondo moderno, ma non possiede
l’uomo realmente probo.
Dietro colui che può sembrare un figlio del nostro sistema
moderno può nascondersi un missionario della bontà e,
viceversa, nel volontario più strombazzante si può nascondere
un interesse poco nobile. La discrezione è virtù assai
da lodare, forse in questo caso da limitare, se non altro per una
sorta di buona pubblicità, di coinvolgimento di altre coscienze
forse solo intorpidite e pronte invece a scatenarsi in una sana emulazione.
Ci descriveva le sofferenze della povera gente indiana e ce ne rendeva
partecipi, lui sì che le aveva vissute e ne portava anche i
segni nel fisico molto esile e negli occhi provati. Lo sguardo era
però quello di chi era pronto a tornare di nuovo in India,
anche il giorno dopo, tra quella gente per nulla inebetita da progresso,
tecnologia e burocrazia.
L’uomo agisce per un naturale senso di egoismo, di soddisfacimento
dei propri bisogni, da quelli più vitali a quelli più
superflui; è nella natura umana. Lo stesso uomo deve però
ricordarsi che la propria azione non è riconducibile esclusivamente
al tornaconto personale, che ci può essere un’azione
mossa anche dalla gratuità del gesto stesso. Si può
vivere anche per un ideale, per contribuire a soddisfare i bisogni
di chi ti è accanto.
La gratuità del gesto... quale motto è più alto
di questo, del muoversi nell’assoluta dedizione a un gesto a
fondo perduto, dal quale ricavare “solo” il sorriso di
un bimbo prima in difficoltà.
Caro collega ti formulo la mia più grande ammirazione. Complimenti.
E io che ti credevo in una sala ipertecnologica di un’assetata
multinazionale, tra telefoni cellulari, cravatte, doppio petto e ventiquattrore
di pelle. Invece ti trovavi tra case approssimate, tra vicoli senza
cemento e gente semplice ammantata di candide vesti bianche.
Complimenti, perché la voce e le urla di quella povera gente
entravano prepotentemente nelle mie orecchie, quanto più forti
di un martellante messaggio pubblicitario, forse perché accompagnate
dal tuo discreto silenzio e da quelle tue poche e misurate parole,
frutto di musica lontana, di genti lontane, di un altro modo di vivere.
Complimenti al benefattore venuto da lontano, a colui che non vende
fumo né fucili, armato della gloria e della gioia della vita,
anche di quella che in Occidente può apparire di basso prezzo.
E, invece, ha l’alto prezzo di chi non monetizza miseria e dolore,
ma attende per un anno intero il regalo più bello: l’arrivo
dell’angelo, l’ingegnere che dal suo aereo piomba sugli
amici impazienti. Il tributo più grande a chi porta negli occhi
lo sguardo dei bambini felici, del suo arrivo, delle sue attenzioni,
dei giocattoli scartati dai nostri bambini viziati per portarli a
chi ne ha visti pochi.
L’omaggio più sentito a chi, quindi, abituato a studiare
dati, numeri e calcoli, della propria vita non ha fatto un calcolo
personale.
Grazie Michele.
…ma attende
per un anno intero il regalo più bello:
l’arrivo dell’angelo, l’ingegnere che dal suo aereo
piomba
sugli amici impazienti.
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