(da
Pitzinnos minores -
Reminiscenze d’infanzia )
Erano i primi anni cinquanta del secolo appena trascorso. Per tutti,
tempi enormemente duri, la seconda guerra mondiale si era conclusa
da qualche anno, ma, nella misera Barbagia, ancora si stentava a percepire
una vera ripresa.
Si erano aperte le frontiere per permettere l’emigrazione di
massa, molti si avviarono verso mete più incoraggianti e tranquille,
come l’Argentina, gli Stati Uniti d’America, tanti altri,
in direzione delle impegnative miniere del Belgio o nella promettente
Germania Occidentale, con le sue emergenti industrie siderurgiche
o metal-meccaniche, senza comunque, disinteressarsi dell’Inghilterra
e della Francia.
Tziu Badore, uomo di forte statura, originario di Mamojada, proveniva
da un’umile famiglia. I suoi genitori erano modesti agricoltori.
In lui, sin da fanciullo si potevano leggere aspirazioni, date da
quell’innata predisposizione verso l’apprendimento e le
attività intellettuali in genere.
Appunto per questo, considerate le sue tendenze culturali, i suoi
padrini, persone eccezionalmente stimate da tutta la comunità
di Mamojada, amabili con tutti e profondamente religiose, senza riuscirvi,
avevano serie intenzioni di finanziargli gli studi teologici per persuaderlo
alla vita ecclesiale.
Era un uomo sulla quarantina, alto e distinto, considerato cordiale
e benevolmente da quanti lo conoscevano. Si era sposato in procura
nel 1942, in pieno conflitto mondiale. All’epoca, pare che,
per stimolare la procreazione, si concedessero incentivi con l’assegnazione
di contributi economici sia per moglie che per figli. Questa fu probabilmente
la molla che lo spinse a sposarsi.
Tzia Frantzisca, questo era il nome della moglie, una dinamica e piacevole
donna, originaria di Orune, che, sin dalla tenera età, per
esigenze economiche, e suo malgrado, avesse dovuto lasciare il luogo
di nascita e la sua gente, sistemandosi per l’inserimento nel
mondo lavorativo nella cittadina di Nuoro, una località, molto
più incoraggiante e promettente sia del suo paese, che degli
altri comuni limitrofi.
Aveva a carico una bella e numerosa famiglia. Di conseguenza, si era
adattato, a fare mille mestieri, da quello del bracciante, a su massaju
, allo scorticatore di sughero, all’operaio in svariate imprese
edili e per finire, col fare il minatore, prima nelle miniere presso
Carbonia, poi lungo le varie arterie stradali della provincia, che
all’epoca, si avviavano alla costruzione.
Successivamente, fu costretto, suo malgrado, in un periodo di estremo
bisogno, a fare il minatore nel traforo del Monte Bianco, il più
lungo mai realizzato sino ad allora. Quella per lui fu un’esperienza
drammatica, in quanto fuochista, ed esposto sempre in prima fila,
all’esplosione delle mine.
La galleria sopportò continue frane e crolli imprevisti, con
gravi intossicazioni e alcuni decessi tra le maestranze. Alcuni incidenti
lo coinvolsero direttamente, e così finì ricoverato
in ospedale, con serie conseguenze invalidanti, che lo costrinsero
a rientrare a Nuoro.
Rifiutava da sempre, l’espatrio. Dopo l’esperienza molto
negativa avuta nelle Alpi della Valle d’Aosta, se pur orgoglioso,
delle sue origini e della sua sardità, in seguito, in età
più che avanzata, suo malgrado, dovette persino affrontare
insieme alla maggior parte della sua famiglia, l’emigrazione
in Germania.
Tra queste righe, si può notare che tziu Badore, spinto dall’amore
per la sua terra, e dell’amata Sardegna, voleva con forza, il
riscatto e l’orgoglio della sua gente. Conservare le proprie
radici e impegnarsi in terra sarda per dimenticare, altresì,
gli orrori della grande guerra, che lo aveva visto, per oltre cinque
anni e mezzo, combattere in trincea come fante, prima in Piemonte,
poi oltrepassando i confini italiani rischiando quotidianamente, la
vita in Jugoslavia, Albania e infine in Grecia.
Con lo spirito di chi, vuole veramente affrancarsi da ogni sopruso
e violenza con la pace duratura, intendeva porre una pietra sul passato,
e con la giusta determinazione, investire le proprie energie umane
e passionali, nei tipici luoghi d’origine.
Come segno di apprezzamento, per l’ottimo e lodevole servizio
offerto durante il periodo militare, fu convocato da un suo ex alto
ufficiale che gli voleva offrire un impiego alle dipendenze del Poligrafico
e Zecca dello Stato a Roma. Non volle abbandonare l’isola, rinunciando
a un futuro sicuramente migliore e più tranquillo economicamente.
Il lavoro, anche nella maltrattata terra di Barbagia, verosimilmente,
iniziava a ricomparire. Questo in modo timido, e come spesso si dice,
a macchia di leopardo ma, quel poco che arrivava e che l’uomo
riusciva ad accaparrarsi, era certamente duro e mal rimunerato.
In quella situazione, la manovalanza non mancava, anzi, era sicuramente
abbondante. Ci si doveva adattare e sottomettere a forti sacrifici,
abbracciando ogni forma di lavoro. Era importante riuscire a produrre
almeno il minimo indispensabile e portare qualche soldo nella propria
casa.
L’uomo, nonostante l’infelice crisi e il gravoso impegno
della famiglia, giacché, la propria situazione naturale, sin
dalle sue origini, non godesse floride condizioni economiche e finanziarie,
non trascurava un assodato impegno a favore del collettivo e così
anche per l’attività politica.
Molto spesso, era l’organizzatore di attività di promozione,
con iniziative sociali e culturali, volte sempre, a favore delle classi
disagiate e meno ambienti.
Non aveva conseguito studi superiori, avendo frequentato la sola quinta
elementare, in ogni modo, aveva acquisto una certa capacità
nel predisporre interpellanze e segnalazioni verso le istituzioni
per quanti rivendicavano i propri diritti.
La sua piccola e umile abitazione, se pur priva di oggetti materiali,
emanava conforto e distribuiva calore umano per tutti.
Spesso, sembrava un vero ufficio di tutela del più debole.
Erano tantissime in quel tempo, le domande di pensione, o assistenza,
che tziu Badore era riuscito concretamente a predisporre e portarle
a termine con la giusta soddisfazione della parte debole.
Purtroppo, nonostante tutto, lui, con la scarsa retribuzione percepita,
quasi, non riusciva a coprire le spese per pagare l’affitto
della casa e quelle causate per le lunghe trasferte, poiché,
il lavoro era spesso, ben lontano dalla città di Nuoro.
Occorreva, in assoluto, trovare altre possibilità di guadagni
e avere così, nuove importanti risorse. I suoi figlioli non
avevano esigenze particolari, in ogni modo, le bocche da sfamare erano
tante, e tutte, costantemente reclamavano se non altro, il proprio
pasto giornaliero.
Uomo che, non rimaneva mai inoperoso, sapeva abilmente improvvisarsi
e adattarsi in molteplici iniziative, pertanto, cercava ulteriori
risorse anche nel mondo della campagna.
Infatti, grazie a diverse e facoltose conoscenze, che in quel periodo,
abilmente era venuto a disporre, riuscì ad avere in mansione,
con profitti a mezzadria, un meraviglioso Cunzau.
In quel tancato di ben sei ettari, vi era una bella vigna di oltre
tremila e cinquecento ceppi di pregiate viti, un orto provvisto di
acqua sorgiva, un gran numero di piante da frutto, come fichi, albicocchi,
melocotogni, peschi, meli, mandorli, olivi e tante altre piante ancora.
Sicuramente, da quella tenuta, situata in una delle tante incantevoli
vallate posizionate lungo il fiume su Grumene ai confini territoriali
tra Nuoro, Mamojada e Orgosolo, investendo e dedicandole il giusto
tempo, dai profitti ottenuti, ci poteva campare ampiamente e dignitosamente
una famiglia.
Viste le sue dimensioni, però, non era possibile dedicarle
le attenzioni necessarie. Comunque, contando sulla buona volontà
e l’impegno dei ragazzi che collaboravano con lui, sicuramente,
sarebbe riuscito ad avere un sicuro sostegno al reddito familiare.
Infatti,
tziu Badore, molto spesso, stava fuori per diversi giorni, e quindi,
per quanto potevano, persino i piccoli, dovevano assolutamente dedicare
parte del loro tempo alla campagna, trascurando, gli spazi destinati
ai loro giochi e, spesso e volentieri, persino alla scuola, che in
quel periodo, se pur ritenuta indispensabile, sembrava un vero lusso.
Purtroppo, con la famiglia numerosa, le esigenze erano maggiori, e
perciò, anche le attività educative e didattiche, passavano
in secondo piano, nessuno doveva tirarsi indietro, ognuno, nel proprio
piccolo, doveva contribuire.
Nei periodi di maturazione o di raccolta dei frutti, molto frequentemente,
per effettuare il servizio di sorveglianza si restava per diverse
settima senza far rientro in città, si pernottava chiaramente
nella campagna. Spesso ci si recava nel tancato posto proprio frontalmente,
in un punto che permetteva un’ottima visuale per il controllo
della tenuta. Tziu Chichinu, il fattore, accoglieva benevolmente i
fanciulli che, occasionalmente, restavano da lui anche per la notte,
dormendo sotto una bella pianta d’olivo, con vista oltre su
cunzau, un panorama stellato davvero incantevole.
Su cunzau, era provvisto altresì di una casetta, costruita
a seguito di un’escavazione di un costone, dove in quel modo,
una parte consistente di essa, era incavata nel terreno, ma con un
meraviglioso spiazzo adiacente e un belvedere sul davanti.
Se pur composta di un solo ma vasto vano, era ben realizzata, munita
persino di una bella e ampia ziminèra . Con solaio in cemento,
dove, la terrazza, si poteva raggiungere tramite una rudimentale passerella,
creata con quattro o cinque robusti rami, lunghi diversi metri, e
con numerose frasche, poste al dì sopra, in modo traversale
sostenute da alcune pietre e del terriccio. Molto spesso, si saliva
in quella terrazza, per esporre al sole, e far essiccare, i frutti,
come pomodori e fichi.
Sa domo , oltre al normale soggiorno permetteva il pernottamento di
tutti i convenuti; alla tenuta degli arnesi da lavoro, e l’immagazzinamento
dei raccolti, nell’attesa che venissero trasportati a Nuoro.
La casetta, era priva di arredi superflui, conteneva solamente una
vecchia e sgangherata brandina, che comunque, con l’aggiunta
di qualche stuoia, era un sicuro rifugio notturno, specie nelle lunghe
notti dei mesi freddi dell’inverno.
Quel tancato, per i figli di tziu Badore, è stato sicuramente
un luogo, dove hanno vissuto un’infinità di esperienze,
spesso molto brutte, ma sono stati certamente più numerosi
i momenti effettivamente belli, con la spensieratezza di quegli anni.
Questi periodi, probabilmente, sono serviti per far accrescere in
modo più rapido e dinamico, la loro personalità e la
consapevolezza sui veri valori della vita, quali l’amore e il
rispetto per il prossimo.
Tanti di questi fatti, illustrati più avanti (se avrete pazienza
e costanza per continuare nella lettura), si sono svolti, nei quartieri
della vecchia e caratteristica Nuoro e hanno come sfondo, la campagna
barbaricina.
In modo particolare su cunzau, punto di relazione, ancora oggi, per
quei ragazzi che, in quel periodo di magra e ristrettezza, vivevano
intensamente e con ingenuità, avendo la grande capacità
di accontentarsi del niente, se non del solo calore umano, in loro
sempre presente.
Indubbiamente, in essi, si può leggere e capire, un certo attaccamento
e con vera nostalgia, per quella genuinità vissuta intensamente,
nelle meravigliose campagne de su Grumene, spesso, trascorrendo notti
straordinarie e indimenticabili, sotto un secolare albero d’olivo,
avendo come coperta, semplicemente milioni di amiche e luminose stelle,
o una bella e incantevole luna, posta in loro protezione. |