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Seduta accanto al focolare Maddalena, che aveva assistito già
la madre ammalata, ormai morta, rifletteva a quando era rimasta sola
col padre, ammalato anche lui. La sua vita di giovane donna, tra i
40 e i 50 anni, era trascorsa così, assistendo la madre, per
cinque anni, e badando all’azienda in Bados de Lové,
una forra sperduta in Sassu Giosso, e per altri cinque, assistendo
il padre ammalato e curando come poteva l’azienda dove le mucche
pascolavano senza pastore, ma attendevano pazienti che lei provvedesse
a mungerle ogni giorno. Apprezzamenti, lettere, telefonate d’innamorati,
erano tanti che non ci badava più. I genitori erano al primo
posto e dopo di loro l’azienda che dava da vivere a lei e ai
genitori. Una sorella e un fratello avevano messo su famiglia ed erano
andati via di casa. Le avevano detto:-Occupati tu dei genitori e tieni
pure quanto essi lasceranno alla loro morte.- Bontà loro, ma
non pensavano che anche Maddalena aveva un cuore per amare, del resto
era bella e affascinante, ma anche l’amore passava al terzo
posto, cioè nell’oblio. Ogni tanto montava a cavallo
e si perdeva tra balzi e anfratti, immergendosi nella natura selvaggia
dei suoi terreni aspri e bizzarri. Cavalcava per tutto il tempo che
gli era concesso dai mali dei genitori. Poi tornava ad essere l’angelo
del focolare. Prima aveva assistito la madre, poi il padre, che quasi
a conclusione dell’anno se n’era andato anche lui.
Era trascorso qualche mese, l’anno era concluso ed era giunto
il Capodanno di un anno nuovo. Tutti in paese festeggiavano, dalle
case vicine si udiva lo strepito per le bottiglie di spumante aperte,
tutti beneauguravano, qualcuno aveva osato timidamente invitarla,
ma lei era in lutto e come di consueto aveva declinato l’invito.
Qualche lettera, qualche cartolina in cui gl’interessati alla
sua mano porgevano le condoglianze e lasciavano intendere la loro
disponibilità, ma Maddalena rifletteva dicendo tra sé
e sé:- Non voglio più sposarmi. Il tempo è passato.
Certo sono ancor bella, ma il tempo della giovinezza è finito.
Non posso avere più figli. Perché addossarmi un uomo
che mi creerebbe più fastidi che altro. Ho i miei animali da
accudire, la mia casetta bene arredata, linda dalla mattina alla sera.
Il ricordo dei miei genitori è ancora troppo vivo perché
si aggiri in essa qualche estraneo che non capirebbe perché
tutto è organizzato in questo modo. Non avrei più la
libertà di continuare ad allevare le mie mucche, i vitelli,
a correre a cavallo, a godermi nei mesi estivi il concerto notturno
nella casa di campagna. No, no, un uomo sarebbe di peso e poi non
ho mai conosciuto uomo e sono intatta. Così sono e così
voglie vivere e morire.-
Nel frattempo il fuoco andava spegnendosi e pensò di ravvivarlo.
Le teneva compagnia insieme al cagnetto che abbaiva di tanto in tanto
nel cortile. Il campanello non squillava e la sua serenità
era garantita. Anche i vicini pensavano a lei, avrebbero voluta invitarla,
ma conoscevano già la sua risposta; avrebbero voluto visitarla,
ma sapevano anche che significava fare gl’impiccioni per cui
la lasciavano al suo lutto e ai suoi pensieri. Il giorno di Capodanno
era andata a mungere le mucche, aveva raccolto il latte e sistemato
nel punto in cui passavano i depositi del caseificio e poi era rientrata
in paese dove aveva consumato un sobrio, ma sostanzioso pranzo, si
era seduta accanto al focolare, aveva acceso il fuoco ed ora si lasciava
cullare dai pensieri a tratti dolci a tratti mesti dei suoi genitori
che se n’erano andati per sempre. Aveva fatto il suo dovere
e questo l’appagava.
La sera scendeva nebbiosa, richiamà il suo cagnetto dentro
casa e chiuse gi sportelloni, stette ancora davanti al focolare e
poi lasciò che il fuoco man mano si spegnesse. Passò
nella sua camera da letto, recitò le orazioni per i suoi, s’infilò
tra le lenzuola profumate e si addormentò. Il secondo giorno
dell’anno Maddalena avrebbe fatto quanto compiuto nel primo
e così per tutto l’anno.
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