Benvenuto Lobina (Villanova
Tulo, 8 gennaio 1914 – Sassari, 29 dicembre 1993) è
stato uno dei massimi poeti e scrittori in limbazu campidanese e
della Sardegna.
Dalle poesie e gli scritti in prosa di Lobina, che rappresentano
una eccezionale stratificazione dell’universo di Biddanòa
e della Sardegna, si colgono tuttora i significati di “attuali”
sentimenti, di emozioni ed impegno coltivati con le iniziali e preziose
nuove composizioni in sardo, apparse sulla terza pagina della “Nuova
Sardegna”, e il 1974 confluite nella raccolta Terra, disisperada
terra delle Edizioni Nazionali Sarde (collana di “Scritti
sulla dipendenza”, promossa dalla Jaca Book di Milano). Nel
1964, la produzione lirica di Lobina, aveva ricevuto la consacrazione
del premio “Ozieri” con Chini scidi (Chissà),
opera in cui interpretava le forti aspettative per il Piano di rinascita,
con “un’efficacissima espressione corale in chiave lirica
del vasto sentire e soffrire dell’animo dei sardi, ancora
in attesa densa di speranze in un domani felice e migliore”.
Dopo l’Ozieri, tra i tanti riconoscimenti, significativi il
Premio nazionale “Città di Lanciano” nel 1974
e quello al concorso letterario di poesia satirica “Rettore
Diego Mele” di Olzai nel 1978. Grande notorietà e attestati
gli vengono dalla pubblicazione del romanzo Po cantu Biddanoa (1987);
l’opera, con traduzione in italiano, è una narrazione
storica ambientata a Villanova Tulo tra il 1918 e il 1942, nel quale
rivivono i grandi e profondi temi umani e sociali trattati nelle
già note composizioni in versi. Nel tempo, l’opera
del Lobina, nutre d’importanza identitaria il mondo contemporaneo
sardo ed esalta da protagonista l’individuo della comunità-villaggio
per i segni che portano verso strade di profonda universalità.
La moderna letteratura sarda/in Sardo, ha avuto nel poeta del Sarcidano
uno dei massimi artefici del radicale rinnovamento: tratti tematici
d’originalità caratterizzavano già le giovanili
prove poetiche e l’adesione al movimento futurista. Ma è
certamente con gli anni Cinquanta e Sessanta che la sua produzione
s’affina ed impone – da poeta autentico – sviluppando
una scrittura che si alimenta dalla “distanza-vicinanza col
proprio paese d’origine, Villanova Tulo, microcosmo e sua
patria affettiva”. Il modulo poetico e prosastico di Benvenuto
Lobina, perseguito ed attinto costantemente dal paese-universo,
si concretizza in lirismo di profondo e meditato ricordo. Il meglio
delle liriche di Benvenuto Lobina, poeta schivo e di estrema sensibilità,
sono raccolte nel volume Is canzonis (Cagliari, Della Torre, 1992)
(C.P.)