Francesco
Brandino, poeta improvvisatore conosciuto con il nome di frate Giovanni
Maria da Ploaghe. Ricordato per la composizione Mazzone so e isco
mazzonare.
Il linguaggio della poesia custodisce nei versi il suono che le
parole scandiscono con gli accenti ritmici. E proprio il verso di
undici sillabe (ossia, l’endecasillabo tanto caro ai nostri
poeti) si presta a molte varianti di accento per donare la magia
di musicalità differenti. Forse è solo la Sardegna
a poter vantare l’unicità di una tradizione poetica,
così autentica e profondamente radicata nel canto, e che
si esprime tuttora nelle modalità estemporanee de “Sa
Gara”.
Che l’Isola sia stata, da millenni, terra di poeti e di canto
è documentato anche dalle lettere di Cicerone e dalle Satire
di Orazio: ricordano la figura del musico e poeta Tigèllio
Ermògene, sardo di origine e vissuto nel I secolo a.C., che
con la sua arte conquistò l’amicizia e i favori di
Giulio Cesare, e poi di Ottaviano, ma anche l’invidia ed inimicizia
di personalità del periodo. Cicerone lo definisce hominem
pestilentiorem patria sua (uomo più pestifero della sua patria).
Tale romanico “apprezzamento” può solo inorgoglire
gli indomabili sardi, storicamente combattenti con audacia ed orgoglio
identitario ad ogni dominazione.
Di quella miriade di poeti sardi, che già in secoli lontani
sono stati imbenteris di poesia a bolu, non sopravvive neanche il
nome o qualche verso; di altri, vissuti relativamente vicini ai
nostri tempi, si ha la fortuna di conoscere cantones e versi tramandati
oralmente ma scarne notizie biografiche sugli autori. È il
caso del poeta improvvisatore Francesco Brandino (Ploaghe 1789-1854),
caratterialmente “d’umor giulivo”, si diletta
e si afferma giovanissimo nell’arte della poesia. Indossato
poi l’abito dell’ordine dei Cappuccini, è conosciuto
col nome di frate Giovanni Maria da Ploaghe; noto principalmente
per la composizione Mazzone so e isco mazzonare, in cui, sotto la
metafora della volpe-mazzone, “ammonisce gli inganni e le
astuzie dei falsi amici”. Poeti contemporanei ploaghesi del
Brandino (Brandinu, secondo lo Spano), furono Francesco Fais (1785-1851),
Luigi Marongiu, conosciuto come frate Luigi da Ploaghe, e il notaio
Gavino Luigi Salis. (Cristoforo Puddu)