Nanneddu Chighine

Esercitare la poesia “a bolu” richiede il dono dell'inventiva naturale e il continuo stimolante confronto delle gare, dove il successo è decretato da un pubblico appassionato, competente ed esigente. Il percorso di popolarità e di consacrazione passa sì attraverso il talento personale, ma anche tra mille fortunate coincidenze e doti caratteriali; pensiamo a poeti come Costantinu Longu di Bolotana, Antoni Canu di Oliena (personalmente ho avuto la fortuna di conoscerlo e apprezzarlo per cultura e idealità), Zuannantoni Carta di Illorai o Nanneddu Chighine di Ittireddu: tutti avrebbero meritato maggiori attestazioni e collocazione tra i grandi aedi sardi.
Per Nanneddu Chighine (Ittireddu 15 febbraio 1909 – Como 9 luglio 1978) a rivalutarne nella giusta misura la figura e valenza poetica sono stati certamente il premio letterario a lui intitolato dai compaesani e la pubblicazione “Boghes de una 'ia” per i tipi Il Torchietto di Ozieri, a cura di Tore Tedde e con l'introduzione di Nenardu Sole.
Nanneddu nasce in una famiglia numerosa; è infatti l'ottavo degli undici figli di Matteo e Maria Mameli. Frequenta il ciclo delle scuole elementari e subito dopo si dedica all'attività di agricoltore e successivamente di servo pastore. Anche dopo il servizio militare, con grande volontà, riprende le attività campagnole e inizia a coltivare con maggior intensità il dono della poesia. Frequenti le occasioni di festa in cui si cimenta da improvvisatore; sono memorabili le giovanili disputas con gli amici. Si sposa con Maria Francesca Pinna di Torralba. Viene richiamato, di stanza a Bosa, allo scoppio della Seconda guerra mondiale ma congedato nel 1942 per la nascita del quarto figlio. In pieno conflitto verrà assunto dalle Ferrovie come “forza minima” e destinato alla cantoniera “Conca Rebelle”, presso la linea Oschiri e Berchidda. Alla conclusione del conflitto si stabilisce a Torralba e ancora una volta si dedica con laboriosità e competenza ai lavori della campagna, mentre la consorte lavora per le Ferrovie dello stato con la titolarità di “assuntore”; questo significa, per tutto il nucleo familiare, un continuo peregrinare in diverse cantoniere (Torralba, Mores, Abbasanta, Oristano, Sant'Anna). Nel 1960 i due coniugi decidono di abbandonare il lavoro in ferrovia e diventare assegnatari ETFAS ad Arborea. Ancora un ulteriore trasferimento nel 1966, questa volta nel segno dell'emigrazione a Como, per raggiungere sette degli otto figli che ormai da anni si erano stabiliti lavorativamente nella città lariana. Il già maturo Nanneddu si adegua all'impiego da guardiano per una società farmaceutica. Fino alla scomparsa, avvenuta nel 1978, vive la lontananza dalla Sardegna con grande sofferenza interiore, nostalgia lenita da diversi rientri nell'Isola per delle gare poetiche.
La poesia scritta di Nanneddu Chighine, prodotta continuativamente e in contemporaneità alla stessa attività estemporanea, ha la forza riflessiva delle meditazioni solitarie di chi vive a contatto con la natura e in sintonia con il sentire dello scorrere del tempo, scandito dal mutare delle stagioni e dalla ritualità ciclica della vita nelle nostre piccole comunità. Nenardu Sole riconosceva al Chighine l'abilità di fondere e sovrapporre il modello estemporaneo dell'oralità a quello di scrittura, come “frutto di un disegno mentale che nasce già completo e strutturalmente coerente”; ne evidenzia anche il poetico e carattere “popolare”, pur affermando “che sarebbe illusorio e metodologicamente sbagliato pensare oggi a una produzione del tutto 'incontaminata' e priva di interferenze della lingua-cultura più forte, che è quella italiana”. Dunque, un monito del linguista sul rischio di contaminazione e della dissardizzazione della limba. Un processo che solo una vera attenzione identitaria verso la lingua e la letteratura in sardo può far recedere. (C.P.)

  1. Garas
  2. Su Sardu emigrante
  3. Undighina lira

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COSTANTINO LONGU    FRANCESCHINO SATTA    POESIE IN LINGUA ITALIANA

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