La poesia del poeta-contadino
Antonio Palitta di Pattada
La poesia riposa dentro l’uomo ed è “anima”
che accomuna tantissimi sardi, quasi un segno caratterizzante per
identità e cultura. Il luogo interiore di Antonio Palitta
(Pattada 1921 – 2003) è rivelatore del suo essere poeta
– eccelso rappresentante lirico nella continuità della
tradizione letteraria in limba del suo paese – dove i versi
si esaltano per scandagliare la condizione sociale e umana dell’uomo
nei suoi elementi e sentimenti.
Un legame profondo e complesso unisce le sue composizioni, siano
esse in rima o in versi liberi, per la capacità di esprimere
la grandezza delle idee di umanità e di universalità
delle persone semplici, sempre in modo determinato e partecipe alla
struttura della realtà e quotidianità. la poesia di
Palitta nasceva dalla diretta fatica del coltivo dei campi (dopo
le scuole elementari segue le attività familiari di pastore
e contadino) e, come evidenziato dalle liriche Su cantu de su suore
e Messende, esprime “un robusto canto sulla condizione inestricabile
dell’uomo che, nel proprio sudore e nel proprio lavoro, ha
le molle più vere del progresso e della civiltà”.
Antonio Palitta, già dalla prima edizione, fu uno dei protagonisti
de premio “Ozieri”; vi operò scelte innovative
per il rinnovamento della poesia sarda, sia come autore pluripremiato,
per la capacità “di muoversi liberamente tra poesia
in rima e verso sciolto”, che come prezioso componente di
giuria. È stato collaborator della rivista S’Ischiglia,
del giornale La Nuova Sardegna e alcune sue liriche in logudorese
purissimo e musicale, a cui coniuga grandi contenuti, sono state
inserite nell’Antologia dei nuovi poeti dialettali curata
da Guido Miano. Altri componimenti, pubblicati per iniziativa del
Comune di Pattada insieme ai versi di Giovanni Camboni e di Giuseppe
Monzitta, sono raccolti nel volume Paraulas de poesia (Sassari,
TAS, 1983); mentre una significativa parte di produzione poetica,
curata dallo studioso e compaesano Angelo Carboni, è sta
raccolta nel volume postumo Umbras de dolore, alas de infinidu (Ozieri,
Il Torchietto, 2004).
(Cristoforo Puddu)