Antonio Maria
Masia, o Antonio, (a Ittiri dove è nato nel 1944, lo chiamano
Totoi) ha studiato a Sassari e lì ha iniziato in Banca Commerciale
Italiana (ora Banca Intesa) il suo lavoro che lo ha portato in qualità
di direttore responsabile nelle Filiali di Olbia, Frosinone, Pisa,
Como, Pescara, Firenze e Roma. Nella Capitale ora vive con la famiglia.
E’ presidente nazionale dell’Anpecomit, l’Associazione
dei Pensionati ed Esodati della Banca Commerciale Italiana. Socio
del P.E.N.Club Italia (già membro del direttivo nazionale)
e dell'AICL, l’Associazione Internazionale dei Critici Letterari.
Partecipa attivamente all’attività delle Associazioni
dei Sardi in Italia, dal 2010 è presidente del prestigioso
Circolo di Roma il “Gremio” (nato nell’aprile
del 1948, www.ilgremiodeisardi.org),
curando eventi e manifestazioni con al centro il tema della Sardegna,
la sua cultura, gli artisti, il cinema, la musica, l’economia.
Guida da anni, come presidente di giuria (con Giovanni Fiori, Tonino
Rubattu, Clara Farina, Vincenzo Carassinu) il premio “Limba
e Ammentos” di Ittiri
Collabora e pubblica in diverse riviste di carattere associativo,
economico e culturale.
Ha pubblicato, in lingua italiana nel 1989, Dominioni Editore- Como,
il libro di poesia “I Silenzi di Pietra” (che ha avuto
traduzioni, da parte di estimatori, in spagnolo e francese, e in
sardo da parte di Giovanni Fiori e di Giorgio Addis).
In lingua sarda, nel 2002, edizione Carlo Delfino – Sassari,
il libro “Kadossène” (pantofola degli Dei), un
canto sulla storia della Sardegna, in ottave rime.
Nel 2009 ha pubblicato “Quel calcio nel cuore”, a testimonianza
del suo impegno sportivo quale fondatore e già presidente
della Polisportiva Ittiri.
Ha collaborato nel 2009 con il saggio “La Poesia a Ittiri”
al volume “ITTIRI, la sua storia, la sua Gente”, a cura
di Manlio Brigaglia e Salvatore Tola.
I diritti di autore delle sue pubblicazioni sono stati sempre ceduti
ad Associazioni di promozione sociale e di solidarietà (Associazione
Talassemica Nazionale e Avis di Ittiri).
Ha ottenuto, sul versante sardo e su quello italiano, alcuni significativi
riconoscimenti, fra i quali il primo premio Ozieri del 1994 (sezione
emigranti), con la poesia “Su Tempus it’este?”,
ed è presente in alcune antologie di poeti in lingua sarda
(Sardegna, L’Isola e la poesia – edizione Nemapress
2007).
Le sue poesie sono state presentate numerose volte in Sardegna,
Como, Milano Roma e Firenze (quelle in sardo a volte anche cantate,
da Clara Farina) quelle in italiano anche musicate e recitate (da
Domenico De Marsico al pianoforte e dalla voce dell’attrice
Musy Mascia), con interesse di pubblico e critica (Neria De Giovanni,
Paola Lucarini Poggi, Nelo Risi, Marcello Serra, Aurelio Del Prete,
Francesco Grisi, Romano Mussolini, Carla Porta Musa, Franco Fresi,
Giovanni Fiori, Lycia Bachi Castiglia, Giulio Cossu, Maria Teresa
Palitta etc…)
Recensite e commentate in diversi giornali e Radio: La Nuova Sardegna,
La Provincia di Como, Radio Como, Radio TeleGiovane, Il Cagliaritano,
Radio Ticino, Corriere di Roma, Radio Maria, Giornale del Mezzogiorno,
Il Messaggero Sardo, Salpare, Nur, Centro studi di Poesia, La Frisasia,
Libertà, Il Monitore, etc….
Hanno scritto di lui:
Marcello Serra (poeta – scrittore)
Ho trovato in Antonio Masia questa vocazione per la poesia che non
è soltanto dettata da un fatto drammatico, superato con un
sentimento di umanità, con una prova d'animo che io ho ammirato.
Appena ho letto le prime poesie mi sono reso conto che non è
il poeta improvvisato ma che c'è dentro la sua coscienza, il
suo sentimento una carica d'umanità che gli consente di interpretare
non soltanto il suo valore più che giustificato, più
che umano, ma di interpretare anche il dolore della sua terra. In
queste rime c'è, come dire, quasi celato con pudore, questo
sentimento, questa fede nella sua storia nelle, sue radici, che lo
sostiene, che lo sorregge, che gli consente ad un certo punto di riprendere
il viaggio con un viatico nuovo. Dopo la delusione, dopo la tristezza,
dopo la malinconia, dopo la sciagura il cammino ricomincia e ricomincia
in Antonio Masia con la prova illuminata della fede della speranza.
In questo libro c'è il dramma, c'è indubbiamente la
pena l'angoscia ma placata, temperata dal conforto di questa terra,
che sembra quasi sollevarsi materna e confortare questa creatura che
soffre, chi si è allontanata non per sempre.... questi "Silenzi
di pietra" non soltanto parlano ma diventano luminosi quasi come
ci fosse un messaggio nuovo che conforta non soltanto chi ha scritto
questi versi ma tutti noi che li possiamo ascoltare e li possiamo
sentire.
Nelo
Risi (poeta - regista)
La sua scrittura poetica dal piglio fermo e in stretta analogia con
la sua terra; ritegno e fierezza nel dolore, nessuna concessione all’ornato
e al decorativo al lirismo di maniera, una geografia del cuore che
investe il paesaggio e che dal paesaggio trae consapevolezza e vigore.
Versi asciutti, scabri essenziali; chi, anche una sola volta, ha messo
piede in Sardegna, leggendo i suoi “Silenzi di Pietra”
ritrova all’istante il severo incanto che è appannaggio
di una terra gelosa del suo isolamento. Non a caso il motivo di una
terra secolarmente ferita si coniuga in lei con la morte di una figura
angelica.
Giulio Cossu (poeta - scrittore)
Nei “Silenzi di pietra” due solchi di fecondità
poetica corrono paralleli: quello romantico della patria distaccata
e quello intimistico della perdita immatura di un tenero figlio. Questo
il vivaio molto sofferto dei temi che però si uniscono armonizzandosi
come in un piccolo poema, vivaio apparentemente semplice che decisamente
scarta le vie secondarie che portano alla retorica edulcorata e si
rivela invece coerente a un credo di immediatezza poetica ed umana
tutta personale, agli elementi costitutivi di un mondo interiore che
istintivamente mira ad una sublimata spiritualità.
Neria De Giovanni (scrittrice –critico letterario)
“Parla del paese dove sei nato se vuoi proprio essere universale!”
Questa è una frase di Balzac. Antonio parla del paese dove
è nato e ricorda gli umori, ricorda i colori, la flora, il
mare di Alghero, laggiù in lontananza, che si intravede dalle
colline di Ittiri. Credo che questo libro, sia testimonianza di universalità,
non soltanto perché il dolore è universale, ma anche
per il rapporto stretto del poeta col suo popolo, con il suo paese,
con la natura da cui è originario. Perché l’uomo
è quello che è stato prima di lui, Antonio Masia è
anche per quella cultura sarda in senso letterario che c’era
prima di lui. La Sardegna di Antonio Masia non è la Sardegna
oleografica, non è soltanto una Sardegna privata: questo mi
sembra importante perché la cifra di una poesia che vuole veramente
parlare alla gente riesce a farlo solo se da un dramma privato diventa
contemporaneamente voce di un popolo. |